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Ha inaugurato il 31 gennaio, presso lo Spazio Arte di @CUBO-Centro Unipol Bologna, “In between-Dialoghi di luce”. a cura di Ilaria Bignotti e Federica Patti. La mostra, segnalata da ArtCity Bologna e Artefiera, sarà visitabile fino al 31 marzo e presenta Paolo Scheggi, protagonista storicizzato delle avanguardie europee degli anni Sessanta, accanto a Joanie Lemercier, artista di nuova generazione che lavora nel solco delle nuove tecnologie, e al collettivo fuse*, attento alle arti multimediali.
L’esposizione tenta di intessere un dialogo visuale tra gli artisti indagando le peculiarità dei singoli linguaggi e predisponendo un’arena di confronto tra generazioni estetiche diverse. Lo fa anche grazie al supporto del visionario programma del Centro Unipol, das, dialoghi artistici sperimentali, un progetto trasversale dedicato alla ricerca culturale e artistica di matrice contemporanea.
Per l’occasione lo spazio è stato invaso, trasformandosi in un vero e proprio ambiente percettivo: l’opera Interfiore di Scheggi (1968) è stata rielaborata da Joanie Lemercier, artista che indaga la luce come potente attivatore di sensorialità, promuovendo un immersivo dialogo con la materia, innescando suggestioni, apparizioni, trasformazioni. Lemercier prepara lo spettatore alla visione della nuova live-media performance Dökk di fuse*, che presenta un meta-viaggio temporale teso tra la scomposizione di sequenze digitali e gli interventi della performer Elena Annovi (preview italiana il 3 febbraio alle 22 presso il Teatro Testoni a Bologna).
Un melting pot che riattualizza dunque un tema caro agli anni sessanta, ossia, l’indagine dello spazio come sistema significante. Lo fa utilizzando un mezzo molto veloce e altamente evocativo, come quello della luce in grado con le sue diverse modulazioni, finanche nella sua assenza, di coinvolgere lo spettatore oltre la soglia che divide il pubblico dall’opera. Un’amplificazione volta a massimizzare il messaggio posto in nuce all’esposizione: quello in cui le varianze di uno stesso soggetto – la luce – assumono risultanti e maschere diverse. Come a dire che non già la natura nella sua essenza varia, quanto la capacità di trasformazione che essa conserva e genera, svelandosi diversamente in relazione all’azione che l’uomo esercita su di essa.
Se da una parte la qualità degli artisti presentati è, nella linea curatoriale, una coerente base di partenza, dall’altra, ancora una volta, Unipol conferma come il suo spazio sia uno luogo dell’arte particolarmente versatile e virtuoso, in cui poter, con indubbio coraggio, sperimentare nuove soluzioni, con un’ottica prospettica, ben oltre il white cube. (Paola Pluchino)