06 gennaio 2019

Cosa ci fanno i mediatori tra noi e l’arte?

 
A Milano c’è qualcuno che sta cercando di rendere più semplice il dialogo tra collezioni, mercato e investimenti. Ecco le opinioni, e i perché, di alcuni professionisti

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Il mondo dell’arte, si sa, è bello perché è vario. E perché è ricco. Cresce, rappresentando sempre più un’occasione di investimento, ma allo stesso tempo resta un terreno misterioso – e non salvo da rischi – anche per i più appassionati. Investire, gestire una collezione, orientarsi nel mercato, riconoscere opere autentiche e documenti affidabili: nulla è come sembra quando si parla di capolavori e grandi artisti (o presunti tali). Ma quali sono le figure professionali che aiutano la mediazione nel mondo e nel mercato d’arte?
Nella meravigliosa sala della Musica di Palazzo Turati a parlare, coordinati da Giovanni Nicola Giudice di ADR Arte, ci sono l’avvocato esperto di mediazione Mario Francesco Dotti, la storica dell’arte e curatrice americana Sharon Hecker, Samanta Lombardi, Avvocato e Head of Wealth Solutions Italy di Edmond De Rothschild, Clarice Pecori Giraldi, Art Collection Manager e fondatrice di CPG Art Advisory e Silvia Stabile – Avvocato, Focus Team Arte e Beni Culturali, BonelliErede.
Come fa notare Sharon Hecker, collezionare opere d’arte richiede un attento equilibrio tra passione e cautela, pancia e mente, non sempre facile da trovare. In più, se nei Paesi anglosassoni buone pratiche e nuove figure professionali sono una realtà, in Italia parlare di Due diligence, Art advisor o di management delle collezioni è cosa ancora misteriosa – come affermano Clarice Pecori Giraldi e Silvia Stabile. Regole poche, professionisti anche, forse perché in Italia è l’umanista il detentore della professionalità in campo dell’arte? Si, ma spesso e giustamente, manca di capacità manageriali. Secondo la Hecker – esperta di Medardo Rosso, un curriculum di pubblicazioni e curatela internazionali – nemmeno gli storici dell’arte sono a proprio agio nel sistema, anzi, si tengono spesso in disparte, lasciando che sia il potente mercato a dettar legge. Il suo intervento è un’incredibile carrellata di fatti e misfatti: dalla triste mostra di falsi di Modigliani al colossale caso della galleria Knoedler, che riuscì a vendere falsi Rothko e Pollock per milioni – nonostante alla firma di Pollock mancasse la c! Sorridiamo e lo sappiamo: casi eclatanti e così disastrosi sono possibili solo nella giostra dell’arte, ed è questo anche un po’ del suo fascino. Ma come evitare che collezionare arte moderna si trasformi in un’esperienza delirante? Districarsi tra le opinioni di critici in poltrona, le false attribuzioni, le storie da commercianti per affidarsi ai fatti, o meglio, a uno standard uguale per tutti – dice Sharon Hecker. Qui il lavoro di mediazione consiste nel proporre uno standard per la due diligence: l’Hecker Standard è l’identikit di un’opera d’arte che comprende la sua storia reale, supportata da prove concrete, pareri di esperti riconosciuti, studi specifici e analisi tecniche. 
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Milano Palazzo Turati
Lo storico dell’arte media vestendo un po’ i panni del detective, per far luce e chiarezza nelle spesso torbide storie di creazione, cessione e compravendita delle opere d’arte. 
È sempre difficile comprendere il mercato e le sue regole da esterni e l’idea che le attribuzioni delle opere cambino nel tempo non è certo un concetto scontato (e gradito). Nel suo intervento Clarice Pecori Gilardi aggiunge un tassello: come convincere a cambiare i collezionisti vecchio stampo, restii a confrontarsi con la realtà e il passare degli anni? Secondo la Pecori Giraldi – per anni ai vertici di case d’asta come Christie’s e Phillips – un buon art advisor è un mediatore in grado di dire al suo cliente anche quello che non vorrebbe sapere e di guidare i collezionisti nelle giuste scelte per vendere, ampliare o dividere una collezione. 
Forse non è una gran preoccupazione per la maggior parte di noi, ma quanta fatica e denaro costa avere una collezione d’arte? 
Ecco un consiglio che sarebbe stato utile alla famiglia Torlonia – leggetene pure le ultime disgraziate vicende qui.
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Milano Palazzo Turati, sala della musica
Non è un caso, racconta Silvia Stabile, che nei virtuosi Paesi anglosassoni, dove considerare l’arte in termini economici non fa così paura, esista convenzionalmente la Family Art Charter: la carta dei valori che riguarda una collezione di opere d’arte. Come un manifesto, questo documento definisce la storia e la specificità della collezione e prevede la creazione di organismi ad hoc come il “family art assembly” o “l’art council”. Un secondo caso di standard, strumento di mediazione prezioso per la gestione condivisa di un grosso patrimonio, che consente di proteggere e valorizzare le collezioni e creare valore economico. Nonostante la confusione diffusa, infatti, nel mondo dell’arte aumentano sempre di più transazioni e volumi d’affari e Samanta Lombardi illustra come siano spesso le banche a fare da mediatori nelle transazioni di opere d’arte: il contratto di Escrow, ad esempio, nato per le cessioni di azienda è oggi uno strumento usato anche per creare forme di tutela e garanzia per la compravendita di opere.
Il futuro della mediazione sembra roseo nel mondo dell’arte: tra scoperte sensazionali, attribuzioni fantasiose, vendite milionarie e collezioni sventrate, sarà il caso di invocare nuovi aiuti?
Roberta Palma

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