21 settembre 2000

Dal 20.X.2000 al 3.XII.2000 I Leponti tra mito e realtà Locarno (Svizzera), Castello Visconteo e Casorella

 
Come avvicinarsi a una popolazione antica, di cui si hanno poche e frammentarie notizie riportate dagli autori antichi in racconti avvolti di mistero e annotazioni mitologiche, e le cui tracce si sono perse nel corso dei millenni?…

di

L’archeologia , tramite lo studio degli oggetti e delle informazioni provenienti dalle tombe e dagli abitati antichi, permette di ricostruire una parte dei modi di vita, degli aspetti culturali, dell’artigianato e degli scambi commerciali e culturali del passato.
Un itinerario alla riscoperta dei Leponti, una delle popolazioni preistoriche insediate nelle Alpi occidentali fra il Cantone Ticino, la valle Mesolcina, l’Alto Vallese e la Val d’Ossola, è la proposta della mostra archeologica I LEPONTI FRA MITO E REALTÀ, attualmente visitabile a Locarno (Cantone Ticino), nelle affascinanti sale del Castello Visconteo e di Casorella.
La mostra si snoda idealmente fra due poli: il mito appunto, rappresentato dalle descrizioni degli autori romani, che arrivati a contatto con le popolazioni alpine nel II – I secolo a.C. ne descrivono le caratteristiche e la localizzazione geografica secondo i parametri del tempo. Scrive infatti Strabone nel I secolo a.C.: “al di sopra di Como, posta alla base delle Alpi, abitano da un lato i Reti e i Vennoni, rivolti a oriente, dall’altro i Leponti, i Tridentini e gli Stoni, e un gran numero di popoli che occupavano un tempo l’Italia”, mentre Giulio Cesare osserva “il Reno nasce nel paese dei Leponti che abitano sulle Alpi”. Plinio il Vecchio (I secolo d.C.) ricostruisce anche un’ascendenza mitologica dei Leponti : essi sarebbero infatti i discendenti dei compagni di Ercole abbandonati per aver avuto le membra congelate durante il passaggio delle Alpi (in greco infatti il verbo “abbandonare” suona leipein ); egli aggiunge inoltre che la popolazione leponzia degli Uberi è stanziata presso le sorgenti del Rodano.
Questi passaggi nei testi antichi forniscono in realtà informazioni assai limitate, che possono essere integrate dai dati archeologici accumulati in anni di ricerche sul territorio e con migliaia di ritrovamenti. Questo è appunto il secondo polo della mostra, la realtà su quanto si può ricostruire attualmente dei Leponti; ciò viene illustrato nella mostra di Locarno con l’esposizione di circa 800 reperti, provenienti soprattutto dalle tombe del Cantone Ticino e della Mesolcina, e che offrono al visitatore una panoramica dei vari aspetti storico-culturali dei Leponti, che la ricerca archeologica ha potuto finora documentare, dal XIII secolo a.C. agli inizi del I secolo d.C.

Gli studi archeologici hanno dimostrato che i Leponti facevano parte di un più ampio raggruppamento culturale, denominanto “civiltà di Golasecca”, comprendente anche altre popolazioni, come quelle stanziate nella regioni di Milano (Insubri), e fra Como e Bergamo (Orobi). Esse svolsero un ruolo importantissimo di intermediari negli scambi commerciali dal VII agli inizi del IV secolo a.C. tra Etruschi e Celti transalpini. Le invasioni galliche del 388 a.C. posero fine a questi fiorenti commerci fra mondo mediterraneo ed Europa centrale, ma i Leponti continuarono a mantenere a lungo le proprie tradizioni culturali e svilupparono un artigianato con caratteristiche locali. Molto interessanti a questo proposito sono i recipienti in bronzo prodotti nell’area di Bellinzona, grandi secchi in bronzo, brocche e imitazioni locali delle brocche a becco etrusche (“Schnalbelkannen”), che recano sull’attacco dell’ansa fantasiose decorazioni animali e vegetali.
L’artigianato del bronzo è attestato in questa zona da un ritrovamento archeologico di eccezionale importanza, il cosiddetto ripostiglio del fonditore di bronzo di Arbedo, rinvenuto casualmente negli anni ’40 e di cui nella mostra viene proposta la ricostruzione ; nel IV secolo a.C. un artigiano seppellì per cause ignote in una fossa scarti di lavorazione, frammenti di bronzo provenienti da varie regioni mediterranee e destinati alla rifusione, oggetti non finiti, che testimoniano da un lato l’esistenza di un vero mercato di riciclaggio antico dei rottami in bronzo (alcuni frammenti provengono addirittura dalla Grecia), d’altro lato dimostrano la perizia dell’artigiano nella fusione di fibule e altri oggetti. Dai secchi di bronzo venivano attinti i liquidi con piccoli attingitoi in legno, di cui a Locarno si può ammirare una bella serie, conservati straordinariamente a causa di condizioni favorevoli del terreno. Un’altra peculiarità dell’artigianato locale sono i cosiddetti vasi a trottola, così chiamati per la particolare forma del corpo e tipici del territorio leponzio; essi erano destinati a mescere il vino sulla mensa, che verosimilmente era anche prodotto localmente e non solo importato. Un ambito in cui gli artigiani locali poterono sbizzarrire la propria fantasia, trasformando anche influssi esterni secondo i propri gusti, è quello dell’abbigliamento; a quel tempo infatti il vestito tradizionale femminile era costituito da un pezzo di tessuto non cucito, simile al peplo greco, fissato sulle spalle da fibule (una sorta di spilla di sicurezza) e trattenuto in vita da cinture di varie fogge, con ganci in lamina di bronzo decorata a sbalzo che potevano assumere grandi dimensioni; pure gli uomini utilizzavano le fibule per chiudere i mantelli e sfoggiavano ganci da cintura traforati che denotano l’influsso delle invasioni celtiche transalpine del IV secolo d.C. Le fibule sono di forme svariate e fantasiose, decorate a volte da inserti di corallo, ambra o pasta vitrea e da pendagli in bronzo o ambra; sorprendenti per la raffinata lavorazione a fusione gli esemplari decorati da piccole teste di guerrieri con elmo. Nel II-I secolo a.C. si sviluppò nell’area leponzia l’artigianato dell’argento, testimoniato da bellissimi bracciali in argento massiccio, lisci o piegati a volute, anelli e fibule; assenti fino all’epoca romana sono per contro i gioielli in oro. L’ambra costituì per la popolazione leponzia un bene di scambio di enorme importanza: una delle vie dell’ambra, proveniente dal mar Baltico e diretta verso l’area mediterranea dove era molto ambita, passava infatti proprio attraverso il territorio leponzio, che è particolarmente ricco di ritrovamenti, deposti nelle tombe come corredo personale del defunto (perle per orecchini, collane, elementi decorativi per le fibule, pendagli). I Leponti furono anche dei guerrieri, come testimoniano le numerose armi rinvenute per la maggior parte nella necropoli di Giubiasco, vicino a Bellinzona: spade e foderi, elmi, punte di lancia e asce da combattimento, ispirate all’equipaggiamento di altre popolazioni, in parte utilizzando elementi importati, in parte producendone imitazioni, in particolare dall’armamento piceno ed etrusco (VI-V secolo a.C.); più tardi, nella seconda metà del V secolo a.C. si avverte l’influsso della cultura celtica transalpina di La Tène, con elmi in ferro anziché in bronzo e lunge spade pure in ferro. Durante il I secolo a.C. si fa evidente l’influsso dell’equipaggiamento dei legionari romani nella spada corta dotata di fodero in legno (il gladio), e in esemplari isolati di elmi. Con l’annessione del territorio leponzio all’impero romano verso il 15 a.C. cessa definitivamente l’uso di deporre armi nelle tombe; la popolazione locale non può più difendersi militarmente in modo autonomo e non vi sono nel territorio ticinese campi legionari romani. Un’intera sezione della mostra è dedicata alla lingua e alle scrittura; vi sono infatti riunite quasi tutte le iscrizioni su pietra (stele) e le iscrizioni su recipienti in ceramica rinvenute nel Cantone Ticino. La scrittura viene introdotta precocemente: le prime iscrizioni su pietra risalgono agli inizi del VI secolo a.C. e sono redatte in un alfabeto derivato da quello etrusco (viene infatti denominato nordetrusco o “di Lugano”, in base all’area di ritrovamento delle stele); la lingua di queste iscrizioni fu definita “leponzia” e appartiene alla famiglia delle lingue celtiche. Oltre agli epitaffi sepolcrali su stele in pietra, sono state rinvenute alcune dediche votive, marchi di proprietà graffiti sulla ceramica o recipienti in bronzo, legende monetali. L’accertamento della datazione delle prime iscrizioni leponzie al VI e V secolo a.C. è di notevole importanza poiché dimostra che nell’area della cultura di Golasecca era parlata una lingua celtica ben prima delle invasioni galliche dell’Italia settentrionale del 388 a.C., e che quindi la celticità di queste popolazioni si è formata in epoca molto antica, risalendo probabilmente fino all’età del Bronzo, oltre al primo millennio a.C. Le iscrizioni su monete in argento coniate da zecche insubri (cioè dell’area milanese) costituiscono un’altra importante sezione della mostra. La moneta è pressoché assente nell’area leponzia fino al II – inizi I secolo a.C., quando in tutto l’attuale Cantone Ticino sono attestate numerosissime monete celtico-padane, sia in ripostigli che in corredi funerari, mentre la monetazione romana è assente fino verso la fine del I secolo a.C. A Locarno sono esposte una sessantina di monete, fra cui un bellissimo esemplare che rappresenta il prototipo della monetazione padana, e cioè la dramma in argento di Marsiglia (Massalia), e alcune delle più antiche imitazioni prodotte nell’area della cultura di Golasecca (prima metà del IV secolo a.C.) che recano delle legende (iscrizioni) in alfabeto nordetrusco o “leponzio”; altri esemplari illustrano l’evoluzione della monetazione padana fino al I secolo a.C., alcuni dei quali provengono da probabili zecche locali dei Veragri e forse degli Uberi (Vallese). L’integrazione della popolazione leponzia nell’impero romano non ne cancella completamente i caratteri culturali; soprattutto nelle vallate alpine (Leventina, Mesolcina e alto Vallese) alcuni elementi tradizionali sopravvivono a lungo fino al II – inizi del III secolo d.C., in particolare nell’abbigliamento femminile e negli usi funerari. Questi aspetti vengono illustrati nella sezione della Romanizzazione e della Romanità. Il percorso della mostra si conclude idealmente con una ripresa dell’aspetto mitologico; dalle fonti antiche citate in apertura attinsero infatti ampiamente i cartografi che nel Rinascimento si accinsero a rappresentare il territorio alpino. I riferimenti geografici e cronologici indicati dagli autori antichi per localizzare nello spazio e nel tempo le popolazioni preromane rimasero in uso fino alla fine del Settecento, divulgati attraverso le cronache e le descrizioni dei vari paesi oppure riportati sulle carte geografiche che nel frattempo diventavano sempre più precise e dettagliate. Anche il nome dei Leponti compare in quei documenti, soprattutto nelle opere che riguardano in modo specifico il mondo alpino o che trattano della storia dei Cantoni confederati. La sezione della mostra dedicata alle carte antiche in cui appare il territorio leponzio presenta vari interessanti esemplari che dalla fine del 1500 al 1800 illustrano l’evoluzione della rappresentazione geografica di tale territorio. Accompagna la mostra un volume, pubblicato da ET edizioni, che si avvale dei contributi di numerosi studiosi che in anni recenti si sono occupati dei Leponti e sarà disponibile verso la fine di settembre.



Dal 20 maggio 2000 al 3 dicembre 2000. I Leponti tra mito e realtà. Locarno (Svizzera), Castello Visconteo e Casorella. Orario: dalle 10.00 alle 18.00. Chiusura biglietteria ore 17.30. Chiuso il Lunedì. Info. 0041-917563180/70. http://www.gat.ch/leponti Si Il catalogo che accompagna la mostra, pubblicato da ET edizioni, si avvale dei contributi di numerosi studiosi che in anni recenti si sono occupati dei Leponti.
Attorno alla mostra si svilupperanno altre iniziative, fra cui un importante convegno di approfondimento delle vicende storiche dei Leponti che si terrà in autunno a Locarno e Verbania, e una serie di esposizioni didattiche che saranno proposte a Verbania, Domodossola e Sesto Calende.
Il finanziamento della mostra è garantito da: Confederazione Elvetica (Interreg II), Città di Locarno, Cantone Ticino, Banca dello Stato del Cantone Ticino, Cantone dei Grigioni, Pro Grigioni Italiano, Percento culturale Migros e altri enti.


[Dal comunicato stampa]

[exibart]

1 commento

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui