08 marzo 2012

fino al 15.IV.2012 Huma Bhabha Reggio Emilia, Collezione Maramotti

 
Un teatro di immagini scabrose, affascinanti e dalla brutale forza espressiva, amalgamate e remixate con originalità, realtà e suggestioni culturali -

di

Dice Oscar Wilde in uno dei suoi acuti aforismi “Fate indossare ad un uomo una maschera e diventerà se stesso”. La maschera, manufatto artigianale carico di significati simbolici è l’oggetto artistico per eccellenza delle culture africane. Chi indossa una maschera abbandona la propria identità per trasformarsi nello spirito o nel personaggio che la maschera rappresenta diventando il “medium” che consente al villaggio di dialogare con le proprie divinità. Anche per l’artista pakistana Huma Bhabha (Karachi, Pakistan, 1962) all’inizio ci sono state le maschere, in particolare quelle “meta-antropologiche” realizzate fra il 1994-1995, in pieno clima di destrutturazione e ibridazione della figura umana come teorizzato da Jeffrej Deitch nella mostra “Post Human”,del 1992, dedicata alla trasformazione naturale ed artificiale del nuovo corpo contemporaneo. 
Alla Fondazione Maramotti, nella grande parete centrale della sala espositiva, sono allineate sul muro le sei sculture che reinventano e ridefiniscono le forme delle teste umane. Sono “Divinità, ritratti fatti di detriti e di frammenti di effetti speciali in film di fantascienza…” così l’artista definisce le sue maschere in bilico fra cultura africana e fantascienza americana. Le prime tre maschere del 1994 non hanno titolo, sembrano le immagini dei mostri che popolano gli incubi dei bambini: un volto di uomo-lupo con gli orifizi attraversati da tubicini di plastica rosso-sangue, un volto bianco spettrale con un tubo di plastica nero che unisce la bocca alla fronte in una  inquietante unione di umano e meccanico e un extraterrestre deforme dai tratti ulcerati, presenze certamente più demoniache che spirituali. Le tre maschere successive del 1995-96 hanno invece un nome che rimanda alle figure della religione amerindiana, della mitologia assiro-babilonese e del fumetto. “Manitou” evoca il “grande spirito” delle religioni degli indiani d’America mentre “Humwawa” è il demone/mostro dell’epica di Gilgamesh e “Orinra”, anagramma di Norrin Radd un personaggio dei comics americani, maschera dal volto ipersessualizzato da una grande vagina che sostituisce la bocca, è la grottesca rappresentazione di un eroe galattico che nelle “strips” vola nello spazio su una tavola da surf. Queste immagini disturbanti sono l’humus di cui si nutrono i suoi nuovi lavori, disegni a pastello in cui i volti umani si deformano e si sfaldano secondo i codici pittorici espressionisti. Bhabha mette in scena, in questa sua prima personale italiana, un teatro di immagini scabrose ma anche affascinanti, dalla brutale forza espressiva con cui amalgama e remixa con insolente originalità realtà e suggestioni culturali lontane fra loro.

paola ugolini
mostra visitata il 25 febbraio 2012

 
dal 25 febbraio al 15 aprile 2012
Huma Bhabha
Players
Collezione Maramotti – Max Mara
Via Fratelli Cervi 66 (42100) Reggio Emilia
Orario: Giovedì e venerdì 14.30 – 18.30, sabato e domenica 10.30 – 18.30
Info: +39 0522382484 +39 0522382484  –
info@collezionemaramotti.org  – www.collezionemaramotti.org

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