07 maggio 2007

fino al 15.VII.2007 Gli impressionisti, i simbolisti e le avanguardie Como, Villa Olmo

 
La storia della collezione del principe serbo Paolo Karađorđević, mecenate nella “periferia d’Europa” d’inizio Novecento. Quando Belgrado era una piccola Parigi…

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Vai a Como e ti trovi davanti un museo che non ti aspetti. Se infatti le stanze illuministe (e illuminate) di Villa Olmo sono ormai da tempo note come sede espositiva di un certo rilievo per aver ospitato negli ultimi anni –e con più che discreto successo di pubblico– rassegne dedicate a Picasso, a Miró e a Magritte, quella in corso fino al 15 luglio prossimo, se non dice in sé e per sé nulla di nuovo sul piano critico, dà però la possibilità di conoscere una parte del patrimonio di un Museo, quello Nazionale di Belgrado, che finora non era stata mai vista nel nostro Paese. Stiamo parlando della collezione messa insieme nel giro di una decina d’anni, a cavallo tra Otto e Novecento, da Paolo Karađorđević. Un personaggio, il principe serbo, forse poco noto al di fuori dei propri confini nazionali, ma appartenete ad una dinastia che ha fatto la storia del suo Paese. Il suo antenato Đorđe Petrović, soprannominato appunto Karađorđević, fu infatti tra Sette e Ottocento un eroe della resistenza antiturca e un campione dell’indipendenza serba. E nonostante Belgrado e dintorni abbiano conosciuto in seguito una violenta faida per il trono tra la casata e i loro rivali Obrenović, fu grazie ad entrambe le dinastie se la Serbia riuscì a costituire un Museo Nazionale capace da un lato di rappresentare il proprio patrimonio culturale, dall’altro di aprirsi –grazie ad un’apposita e ampia collezione straniera- ad ambizioni di respiro decisamente europeo. Fu infatti alla fine dell’Ottocento, durante il regno degli Obrenović, che Mihailo Valtrović, all’epoca direttore del Museo, iniziò la collezioPablo Picasso, Testa di donna, 1909, olio su tela ne, raccogliendo, grazie alla donazione del pittore Berthold Lippay, opere fiamminghe e del Sei-Settecento italiano. In seguito il nucleo si arricchì di altri pezzi austriaci. Nonostante le pesanti menomazioni subìte durante la Grande Guerra, il Museo rappresentava un punto di riferimento culturale per la Serbia. Ma nel 1926 il principe Paolo Karađorđević aprì, sempre a Belgrado, un Museo di Arte Contemporanea, che dotò, grazie alla collaborazione dello storico dell’arte Milan Kašanin, di opere di artisti jugoslavi, inglesi, russi, italiani e francesi donati da collezionisti e mercanti d’arte, ma anche studiosi come il grande Bernard Berenson. L’attenzione era rivolta su Parigi, allora capitale dell’arte europea, e grazie a cospicui finanziamenti non si badò a spese. Nel giro di qualche decennio arrivarono così importanti lavori di Utrillo, Corot, Modigliani, Chagall, Derain, Degas, Van Gogh e Mondrian, tutti i grandi nomi cioè di quell’irripetibile stagione che avrebbe cambiato la storia dell’arte mondiale proiettandola verso la modernità. Tanto prestigio portò nel ‘35 il Museo Nazionale e il Museo d’Arte Contemporanea a fondersi dando vita al Museo del Principe Paolo, un vero e proprio monumento al suo mentore e creatore.
Molte di tali opere –circa 120 di cui 77 oli su tela e 47 disegni– sono esposte ora a Como nella mostra curata da Sergio Gaddi, Tatjana Bošnjak, Giovanni Gentili e Dragana Kovačić. Si parte con due paesaggi di Corot, che aprono verso la “rivoluzione impressionista” (rappresentata dalla Cattedrale rosa di Monet, dalle Bagnanti di Renoir e Degas ed evolutasi tra le tele bretoni e tahitiane di Gauguin e i lavori pensosi di Toulouse Lautrec e Signac) per arrivare -passando dai simbolisti (Henri de Toulouse-Lautrec, Ritratto di mademoiselle Rivièr, olio su tela, 1883 Moreau, Redon e Carrière), dai Fauve (Matisse, Derain, Rouault), dal cubismo (la Testa di donna di Picasso), dai Nabis e dalla “scuola di Parigi”– alle nuove espressività di Mondrian e Kandinsky.
Un excursus ricco che testimonia come, in quella che un tempo era considerata (in tutti i sensi) la “periferia dell’Europa”, operassero invece intellettuali e mecenati la cui lungimiranza e competenza trova ben rari riscontri nel pulsante cuore del “civile” Continente. Negli stessi anni in cui Paolo Karađorđević creava il suo museo il giovane collezionista Erih Šlomović metteva infatti insieme un’altra sorprendente collezione d’arte contemporanea, seicento pezzi tra cui lavori di Renoir, Degas, Matisse, Bonnard e di altri artisti della cerchia di Ambroise Vollard. Due patrimoni che si cercarono senza trovarsi se non finita la seconda guerra mondiale. Karađorđević, che era stato costretto a fuggire all’estero dai nazisti e arrestato in Sudafrica, non sarebbe più tornato nel suo Paese (morì a Parigi nel 1976). Šlomović fu vittima dell’Olocausto. Il Museo Paolo, tornato a chiamarsi Museo Nazionale di Belgrado, aggiunse così ai suoi gioielli quelli di Šlomović, oggi esposti gli uni accanto agli altri. E la storia, grazie a questa mostra, può essere raccontata.

elena percivaldi
mostra visitata il 15 aprile 2007


dal 23 marzo al 15 luglio 2007 – Gli impressionisti, i simbolisti e le avanguardie. 120 capolavori dal Museo Nazionale di Belgrado
Como, Villa Olmo (via Cantoni 1)
Orari: martedì, mercoledì e giovedì 9.00 – 20.00; venerdì, sabato e domenica 9.00 – 22.00. Lunedì chiuso. Biglietto intero: euro 9; ridotto euro 7, scuole euro 5. Ingresso gratuito: bambini sino a 6 anni, portatori di handicap con accompagnatore, giornalisti con tesserino, guide turistiche con tesserino o autorizzate, militari in divisa. Visite guidate su prenotazione per gruppi fino a 20 persone: euro 100; visite guidate per scuole: euro 50. Audioguide euro 3. Infoline e prenotazioni tel. 02 54914.
Sito della mostra: www.impressionisticomo.it
Catalogo Silvana Editoriale, pp. 280, euro 30- www.silvanaeditoriale.it


[exibart]

2 Commenti

  1. Complimenti per l’approfondimento dei trascorsi storici del museo belgradese: è un piacere leggere articoli così puntuali.

  2. Finalmente un articolo sulla mostra di Como che scrive correttamente i nomi slavi. Siete stati gli unici o quasi, bravissimi e precisissimi.

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