14 marzo 2019

Fino al 16.III.2019 Luigi Ontani: Albericus Belgioiosae Auroburos Massimo de Carlo, Palazzo Belgioioso, Milano

 

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Non finisce di stupire la capacità di Luigi Ontani di essere sempre sé stesso, ma rinnovandosi ogni volta al confronto con il luogo, la storia e l’atmosfera che respira. 
È come un bagno di alterità da cui gli aspetti della sua poliedrica identità vengono ispirati, corroborati e infine modellati, distillando il meglio della sua sapienza artigianale, unita alla sua curiosità e genio inventivo. 
Sorprendentemente, anche questa di Palazzo Belgioioso, nelle magnifiche stanze della galleria Massimo De Carlo è, quindi, una mostra totalmente nuova. 
Ci sono voluti due anni di lavoro per raggiungere la perfezione di un’economia di forme, mai come qui contenuta e ridotta a misura di uno spazio che sembra fatto per le opere esposte, tanto da dare l’impressione che esse siano nate con lo stesso ambiente che adornano, con scandita sobrietà e splendore. 
Si è subito accolti, entrando, dal sinuoso andamento in forma di cornucopia di FortunAle, una maschera d’auspicio dove il piede alato che poggia sul globo terrestre è avvolto da una spirale densa d’ombra e di luce in cui si disegnano due volti in sequenza. Il maggiore ha gli occhi bendati su cui si staglia la miniatura di un tondo, quasi un piccolo terzo occhio. La fronte è coronata di foglie occhiute di ontano e sul cranio si erge un grande ferro di cavallo, al cui interno sta una piramide di monete auree con l’effigie dell’artista su cui spunta un rametto di corallo, simbolo cristologico a cui il ferro di cavallo fa ironicamente da aureola.
Dirimpetto una grande tavolozza d’oro Etra d’ESTEtica, reca impressi in bassorilievo nove emblemi ibridati che alludono ai quattro elementi, mentre dal suo foro, come da una bocca, esce il pennello sulla cui punta si legge il viso dell’autore. 
È forse la prima volta che le maschere di Ontani sono tutte realizzate in ceramica. 
Un materiale a cui, da sempre, il Maestro – questo è l’epiteto più consono per lui –  mescola l’oro zecchino tanto da renderlo di uno splendore fuori dal comune, con quel sapore di oriente che manca ai lavori in ceramica dei maggiori scultori italiani che ne hanno fatto uso.
È poi, negli infiniti particolari di cui si diletta l’autore – vedi, per inciso, il filo ricamato, quasi invisibile, che sottolinea ogni voluta sotto ai visi di FortunAle – che la sua avidità di bellezza si fa inimitabile virtuosismo, per i nostri occhi che non si saziano di osservare. 
Un crescendo che, dal primo colpo d’occhio, sale come farebbe un’aria musicale per accompagnare il racconto nascosto in ogni piega del discorso, sino a toccare, come per sinestesia di tutti i nostri sensi – qui gli occhi hanno cognizione del tatto come dell’olfatto, e dell’udito come del gusto – una consonanza armonica che non è pura quiete o pace, ma estasi ed ebbrezza.
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Luigi Ontani: Albericus Belgioiosae Auroburos Massimo de Carlo, Palazzo Belgioioso
Superata una piccola soglia, entriamo nel grande salone rettangolare il cui soffitto, circondato da volute d’acanto, reca ai lati gli stemmi della famiglia del principe Alberico Barbiano di Belgiojoso d’Este, nume del Palazzo, ultimato da Francesco Piermarini nel 1787, e nel centro, la sua figura. 
Il pavimento alla veneziana presenta nel punto mediano una doppia stella ottagonale dentro un quadrato ai cui lati sono abbinate, specularmente, due circonferenze. Proprio nel mezzo, Ontani ha collocato l’opera PalmAltrove, un piccolo tavolo poggiato su quattro gambe – due di animali e due d’uomo (le sue) – che ripete nel perimetro la forma dell’ottagono stellare in basso, ma alludendo, questa volta, alla celebre pianta – in verità a nove punte – della Città-Fortezza di Palmanova in Friuli. Una realtà, situata altrove, dunque, che, in un’ideale convergenza di tempi e di luoghi emblematici – dal Medioevo al Tardo Rinascimento, dal neoclassicismo all’ottocento e all’eclettismo – riposa sull’effigie umana dell’artista, un poco come le città etrusche modellate, per motivi augurali, sul fegato degli animali. 
Ai lati est e ovest sono rappresentate le pareti interne del villino AmorRoma di Vergato, luogo natale di Ontani e dello Studio del Canova, sua residenza abituale. A nord, sulla sommità del capo, si apre il varco indicato dalla Porta Magica di Piazza Vittorio a Roma, con la statua del dio egizio Bes che, come Giano, presiede all’apertura e alla chiusura delle porte, e a sud un’enorme bocca si spalanca sul modello dei Giardini cosmici del Maharaja Jai Singh a Delhi e Jaipur, la cui struttura, assolvendo al ruolo più antico dell’architettura – disegnare in terra quelle che sono le leggi del cielo da cui ogni potere umano è legittimato – è puro strumento di calcolo e di osservazione
astronomica. S’inerpica sul naso l’inclinato cilindro della Torre di Pisa, come l’intento dell’autore fosse quello di presentare, nella centrale, ma variegata articolazione procurata dalla forma stellare, una mappa delle meraviglie del mondo, costellate della vivida memoria di un tempo, attraversato sempre in prima persona, secondo le maschere dell’occasione (le innumerevoli piccole fotoceramiche che rievocano gli episodi della sua vita e l’opera). 
Magistrali sono il tondo Albericus Belgioiosae Auroburos, la maschera Famae volat, l’AlnusAureAlieno, l’EpipìStemma che ripropone e riformula le componenti dello stemma
della famiglia Belgioioso, la statua bifronte NarcisEco che s’intravvede, raccolta su se stessa, nell’angolo di un andito da cui si scorge la deliziosa parete dei 16 BellimBustini, in nicchie formato tascabile, destinate a rendere omaggio a celebrità di ogni tempo, da Pitagora a Tagore, da Rossini a Henry James, da Nerone a San Sebastiano.
Straordinaria l’invenzione della maschera MalinCOstaNzia, dove il volto dell’Idolo Ontani emerge tra le azzurre pagine di un libro con la bocca fasciata da un drappo quadrettato, prodigiosamente veritiero, in un’esemplare allusione al silenzio.
In questa mostra, più che mai, Ontani ci palesa come si può stare nella storia essendo completamente fuori dalle nozioni di spazio e di tempo, d’accordo, in questo, con il nostro tempo globale che ignora ormai le nozioni che ci hanno accompagnato da quando, attraverso la prospettiva brunelleschiana, il mondo è stato ridotto ad una maneggevole tavola, dove ogni cosa è misurabile e ha un prima, e un dopo. Così facendo, recupera quella radice visionaria, che in una porzione minuscola di spazio e con un’unica occhiata, è capace di raccogliere infiniti episodi, proprio come avveniva nelle antiche mappe che, non in codice, ma da segni, sapevano rappresentare. 
Come tener insieme, infatti, l’universo “liquido” in cui ci muoviamo, se non con l’occhio dei poeti, dei visionari o dei profeti?
Sul corpo del San Giovanni Evangelista, raffigurato in anamorfosi nel corridoio del Convento di Trinità dei Monti, una volta trovato il punto esatto da cui osservare la visione, attraverso le sembianze di un grande paesaggio si sono potuti rappresentare, in un’unica soluzione, i vari episodi dell’Apocalisse. 
Giovanna dalla Chiesa
Mostra visitata il 30 gennaio
Dal 30 gennaio 2019 al 16 marzo 2019
Luigi Ontani: Albericus Belgioiosae Auroburos
Massimo De Carlo, Milano
Piazza Belgioioso, 2 – 20121 Milano
Orari: da martedì a sabato, 11:00 – 19:00

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