21 agosto 2017

Fino al 27.VIII.2017 Thea Djordjadze / Fausto Melotti La Triennale di Milano

 

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Ricordate la celebre invettiva di Umberto Eco contro i musei moderni? Impossibile per l’occhio umano assimilare tutte quelle opere e quelle informazioni contemporaneamente – sosteneva – bisognerebbe dedicare percorsi interi a una solo grande capolavoro.

Ma mentre i musei monocapolavoro non sono ancora stati inventati, per i fautori del “poco ma buono” esistono mostre come quella di Thea Djordjadze e Fausto Melotti alla Triennale di Milano. La mostra, curata da Lorenzo Giusti, è un delicato dialogo tra venticinque teatrini di Fausto Melotti – tutti provenienti da collezioni private – e il lavoro creato su misura dall’artista georgiana, classe 1971, che vive e lavora in Germania.

Una sala bianca e luminosa. Dai finestroni finalmente scoperti, fanno colore gli alberi immobili del parco Sempione. Non si fa in tempo a entrare nella sala di Abbandonando un’era che abbiamo trovato invivibile che già si percepisce, come alla vista di un palcoscenico ancora vuoto, il calare di un metafisico silenzio.

Thea Djordjadze-Fausto Melotti
In una ricercata combinazione di leggerezza e accostamenti tonali, le sculture flessibili di Thea Djordjadze “sollevano” i teatrini di Fausto Melotti. A metà tra design e scultura astratta, sono strutture di acciaio, sottili e leggere ma formalmente perfette, che condividono la stessa natura dei teatrini: assemblage di materiali poveri e oggetti di uso comune privati della loro originaria funzione. Come a sostenere la fragilità di questi preziosi diorami, le strutture di Djordjadze restituiscono un nuovo peso – se di peso si possa mai parlare – alle effimere scatole sceniche dello scultore roveretano.
Secondo Barilli, la capacità di Melotti stava nel ridurre la materia. Una materia povera – terracotta e gesso, pezzi di stoffa e di metallo come riciclati – che diventa sottile, diafana, fatta di vuoti che parlano tanto quanto i pieni. Non è un caso, se nelle sue regole, Melotti dichiara che l’arte si rivolge all’intelletto e non ai sensi, decretando la sottomissione del gesto e della materia stessa. Nei suoi teatrini, realizzati tra gli anni Quaranta e la metà degli Ottanta, una ricerca considerata minore nella storia dell’artista, ma oggi fonte di incredibile fascino.
Si accorge evidentemente della regola dell’arte astratta, del fascino del mito, della metafisica e degli studi su Le Corbusier l’artista georgiana, per fare della sua scultura supporto, opera site specific e dialogo con una delle voci più melodiose dell’arte italiana.

 

Roberta Palma

mostra visitata il 9 agosto

Dal 7 luglio al 27 agosto 2017

Thea Djordjadze Fausto Melotti

Abbandonando un’era che abbiamo trovato invivibile

La Triennale di Milano

viale Alemagna 6, Milano

orari: martedì-domenica 10.30-20.30

info: www.latriennale.org

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