18 giugno 2014

Fino al 29.VI.2014 Campigli, Il Novecento antico Fondazione Magnani Rocca, Mamiano di Traversetolo, Parma

 
Ritratto di signora. Una grande retrospettiva per l’artista italo-tedesco. Dipinse ossessivamente figure femminili, donne giunoniche fissate sulla gabbia della tela -

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Dopo un Delvaux così così, e passato di mano il successivo de Pisis, si torna a far visita alla Fondazione Magnani Rocca: Massimo Campigli, Il Novecento antico, a cura di Stefano Roffi. 
Un’ottantina di opere provenienti in prevalenza dal MART, dalla Galleria Tega e dagli Archives Massimo Campigli di Saint-Tropez, distribuite in cinque sezioni che espongono un po’ schematicamente motivi portanti del lavoro di Massimo Campigli – Max Ihlenfeld (1895-1971), cognome materno, figlio inatteso di giovanissimi genitori tedeschi.
Massimo Campigli, Filletes au jeu, 1934, olio su tela, ® MART - Archivio fotografico.
L’agnizione tardiva e casuale della madre sarà uno dei motivi scatenanti l’ossessione per il soggetto femminile, in forme giunoniche e statuarie piuttosto che delicate – comunque volte alla retrospezione di modelli antichi, ora etruschi e greco-romani, ora italici o ivoriani – e in ritratti visti come “sindoni meravigliosamente eternate”, come scrive Luca Massimo Barbero nel saggio in catalogo (Silvana Editoriale). 
Dagli esordi legati a Novecento, poi al gruppo degli Italiens de Paris, fasi testimoniate in mostra da Figura femminile, dal Ritratto di Bruno Barilli e I costruttori, firma con Sironi e Funi il Manifesto della pittura murale. Grazie anche a Carlo Cardazzo dopo la guerra giunge la notorietà. 
Fissità, sospensione temporale delle figure femminili, claustrofobia e affollamento dei suoi Teatri, (coordinate che si riscontrano in lavori distanziati nel tempo, e qui esposti, da Fillettes au jeu del ’34, a Femmes dans le metro del ‘52) definiscono in modo inconfondibile il suo segno. Negli ultimi anni il sole e il mare del Midi allargano la tavolozza ai toni dell’azzurro. Ben trovato in tal senso l’allestimento dell’ultima sala di una mostra che si compendia idealmente nell’immagine di copertina del catalogo, il Ritratto di Olga Capogrossi, datato 1959-60: su un fondo dai tipici toni dell’ocra spalmata e raggrinzita sulla tela spicca il rosaceo dell’incarnato del volto, il collo alto e l’ovale complessivo del capo, ancora una volta pittorici “segni particolari” del nostro, insistenti nel rimarcare un approccio sublimato alla figura: e infine una doppia modulazione di celeste, quello più chiaro degli occhi, e l’altro, appena poco più marcato, della collana, a richiamare l’azzurro di Saint-Tropez. 
Ma se piacciono il catalogo e i due filmati all’ingresso, non piace per niente, anzi risulta insopportabile il commento sonoro che insegue il visitatore per le sale della Fondazione. Sia chiaro: nulla contro il do maggiore del mozartiano Concerto K 467 e neppure contro il fa maggiore dell’Andante reso celebre tanti anni fa dal film Elvira Madigan.
Ma perché distrarre con ascolti sia chi quella musica ama sia chi non la conosce? Pare che certi curatori siano affetti da una forma di horror vacui che tentano di sedare imponendo a un pubblico ignaro e inconsapevolmente compiacente input pseudosinestetici in realtà fastidiosi e inappropriati storicamente, artisticamente e musicalmente. Su ragazzi, cerchiamo di essere più inventivi e stimolanti e di non guidare a ottanta all’ora sulla corsia di mezzo dell’autostrada dell’ovvietà!
Luigi Abbate
Mostra visitata il 6 maggio
Dal 22 marzo al 29 giugno 2014
Campigli, Il Novecento antico 
Fondazione Magnani Rocca, Mamiano di Traversetolo, Parma 
Orari: da martedì a venerdì 10.00 – 18.00. Sabato, domenica e festivi 10.00 – 19.00. 

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