29 luglio 2018

Graffiti never die/ Parla Dzia

 
BESTIARI URBANI
Lo street artist belga in Italia; lo abbiamo incontrato in occasione del festival Manufactory, a Comacchio

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In occasione del Festival MANUFACTORY (22/24 giugno 2018) – progetto nato per valorizzare l’arte urbana nel Comune di Comacchio (FE) – abbiamo chiacchierato con Dzia, street artist belga, seduti su un muretto, al termine della prima di tre intense giornate di lavoro. Dopo una no stop dalle 9 alle 21, con le mani ancora sporche di vernice, in attesa del pullman che lo porterà a cena, gli mostriamo una selezione di scatti che ritraggono i suoi lavori. 
Vorremmo iniziare la nostra chiacchierata mostrandoti l’immagine della volpe che abbiamo incontrato recentemente in metropolitana ad Anversa, città dove è iniziato il tuo percorso artistico, giusto?
«Proprio così. Sono nato nella parte orientale del Belgio, ma ho abitato per 17 anni ad Anversa, dove ho frequentato la Royal Academy. La mia produzione, dapprima più concettuale, si è poi focalizzata sugli interventi artistici negli spazi pubblici e nelle città».
Hai sempre voluto essere un artista?
«Certo. Da quando ero piccolo in famiglia ho respirato un’aria creativa: mio padre dipinge, mia madre lavora nel mondo della moda, mio zio è scultore e, dato che il suo studio confinava con il giardino di casa nostra, ho trascorso molto tempo assieme lui, per lo più modellando l’argilla con le mani. L’abilità e la sensibilità artistica, unitamente alla passione per il disegno che mi contraddistinguono, sono state notate da subito dai miei parenti che mi hanno supportato e sostenuto nel mio desiderio di diventare ciò che sono».
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Anversa, Belgio, 2018, foto di Robby Rent
Il duro lavoro alla fine ripaga sempre, ma avresti avuto un piano B?
«Mi sarebbe piaciuto fare l’architetto. Sono comunque piuttosto soddisfatto: invece di progettare edifici ora mi chiamano per abbellirli disegnandoci sopra!».
Torniamo a parlare ancora un momento di Anversa. Abbiamo notato che in città hai lasciato poche tracce a differenza di altri tuoi colleghi nati nelle vicinanze, come ROA o Bisser, dei quali abbiamo trovato, invece, molte più testimonianze.
«È vero, ho fatto molti pezzi su muri di vecchie fabbriche oppure di edifici abbandonati, però tutti nei dintorni, come questo scoiattolo che hai fotografato a Lochristi. Prediligo gli interventi spontanei, anche piccoli, e penso che abbiano più valore ed un impatto maggiore se realizzati nei piccoli paesi rispetto alle grandi città».
Ti ricordi il tuo primo muro?
«Certamente, ero piccolo! Ho iniziato, come molti, con i primi graffiti dopo aver visto una jam organizzata con artisti, proprio come questa di MANUFACTORY. Ero appena un ragazzino, avevo circa 14 anni, e sono rimasto letteralmente a bocca aperta nel vedere cosa si poteva realizzare solamente con l’utilizzo di bombolette spray, nella piena libertà di espressione e attraverso la diversità delle tecniche utilizzate».

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Ravenna, Italia, 2016, foto di Robby Rent

Ci piacerebbe per un istante entrare nella tua mente per capire quali meccanismi accadono appena ti trovi davanti al muro che stai per dipingere.
«Succede tutto in circa 5 minuti: incontro il muro vuoto e vedo già come l’animale vi può interagire, poi cerco la posizione migliore per avere un risultato in perfetta armonia. Prima di arrivare, mi documento sull’animale che ho scelto, cercando foto e sfogliando riviste naturalistiche. Poi, quando sono finalmente accanto al muro, valuto le dimensioni e il tipo di superficie che ho davanti, ma come ti dicevo è tutto deciso sul momento, in poco tempo. Cerco di stabilire una connessione tra l’animale che sto per dipingere e l’ambiente che lo circonda; a volte, per come gli disegno lo sguardo o grazie ad una certa posizione che assume, lo faccio ‘parlare’».
Come nel caso di questo rinoceronte fatto alle ex Officine Reggiane di Reggio Emilia?
«Ho visto quel muro mentre perlustravo l’area e immediatamente ho visualizzato il rinoceronte con il suo corno nel buco. È successo in un attimo e quando ciò accade sono ‘costretto’ a fermarmi e dipingere perché significa che l’idea è buona».
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Reggio Emilia, Italia, 2016, foto di Robby Rent
Ti vediamo sempre in viaggio, salire e scendere dagli aerei. Trovi anche il tempo per visitare le città in cui ti trovi?
«È una delle cose più importanti. Al momento per me è ‘alta stagione’ e ho tante richieste, per questo sono sempre in viaggio. Ritengo fondamentale, come in questo caso, trovare qualche ora di tempo per girare liberamente e lasciare pezzi spontanei nascosti nelle vicinanze, lavori dei quali spesso non dico niente a nessuno così è maggiore la sorpresa per chi ci passa davanti. Inoltre, mi ritaglio sempre un po’ di tempo per visitare le città e conoscere la cultura del posto in cui mi trovo».
Qualche anticipazione sui prossimi progetti? Dove stai volando?
«Torno a casa a sistemare alcune cose e poi a breve andrò a Bristol, in Lithuania e in Spagna. Essere sempre in viaggio è molto stressante, ma è anche un’occasione importante per conoscere ogni volta nuovi artisti e rivedere vecchi amici. A novembre farò una mostra alla GCA Gallery a Parigi, quindi credo che passerò almeno il mese precedente in studio per preparare al meglio questa esposizione».
Se, in giro per il mondo, vi capiterà di incontrare animali ritratti sui muri con linee geometriche audaci e cromie vivaci, allora capirete facilmente che da quel luogo è passato anche Dzia.
Maria Chiara Wang e Robby Rent

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