10 ottobre 2017

I valori di Wolfgang Laib

 
Al LAC di Lugano oltre cinquanta pezzi “atemporali” dell'artista tedesco, essenziali e profondi. Per stimolare quel dibattito che è, anche, funzione primaria dell’arte

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Il MASI – ponte artistico-culturale tra Nord e Sud delle Alpi oltreché temporale tra passato, presente e futuro – propone un artista singolare, un unicum che incarna questa funzione spazio-temporale.
Si tratta di Wolfgang Laib, uno dei più importanti quanto atipici rappresentanti dell’arte contemporanea cui poco si preoccupa di appartenere, ponendosi anzi in antitesi con i valori (se così alcuni possono essere chiamati) del nostro tempo: le sue opere – frutto ed espressione di un lungo processo meditativo alla ricerca di un linguaggio primigenio – si rivelano originali per l’essenzialità della loro semplice e armonica chiarezza e tanto intense e profonde da stimolare il dibattito, funzione primaria dell’arte.
Che l’ambiente influenzi le persone è indubitabile, ne è prova la biografia di Wolfang che, nato a Metzingen in Germania nel 1950 da una famiglia colta e aperta, va a vivere a Biberach dove il padre costruisce una casa dalla struttura essenziale e dal perimetro completamente in vetro in mezzo alla campagna, fatto che segna in modo positivo la crescita emotiva e spirituale del nostro.
Al riguardo si rivelano importanti anche l’amicizia con il pittore paesaggista Jakob Bräckle e con l’architetto Hugo Häring, custode di opere di Kazimir Malevič (esposte in Germania prima di essere vendute all’Olanda), e i viaggi alternativi compiuti con i genitori in luoghi pregni di cultura medievale (Assisi e San Francesco rimangono un punto fermo nell’immaginario dell’artista), in Turchia (dove resta colpito dalla tomba del poeta Jalal-ud-din Rumi e dagli usi semplici delle abitazione spoglie tanto che insieme alla famiglia imita tale stile di vita) e in altri Paesi orientali.
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Wolfgang Laib durante l’allestimento dell’opera The Rice Meals © 2017 Hartmut Nägele

Pur se attratto da interessi umanistici e artistici, si iscrive a Tubinga alla facoltà di medicina. Il padre nel 1970 è artefice di un progetto per lo sviluppo di una piccola comunità nel distretto di Madurai (nel sud dell’India) e da tale momento l’artista vi trascorre tutte le estati. Studia lingua e cultura indiana, in particolare sanscrito, hindi e tamil compiendo un lavoro di assimilazione sincretica tra culture e spiritualità occidentale e orientale.
Nel 1972, lavorando di scalpello e cesello una grande pietra grigia realizza – ispirandosi a Brahma e al mito dell’uovo cosmico, simbolo della creazione dell’universo – una Brahmanda (in sanscrito appunto Uovo cosmico), scultura dalla forma ellittica cui ne seguiranno altre, e nel frattempo si laurea in medicina con una certa fatica non condividendo il materialismo che connota tale disciplina in Occidente. Nel 1975 realizza il suo primo Milkstone, lastra di marmo dalla superficie lievemente concava, che ricoperta di latte vuole dimostrare l’armonia attraverso i contrari cioè un materiale nobile da millenni e un elemento primario per l’alimentazione, quasi un’associazione sinestetica.
Dopo avere realizzato la prima personale ad Anversa, si dedica alla raccolta del polline (di tarassaco, nocciolo, pino, botton d’oro, acetosella e ontano) che trasforma in opere d’arte senza modificarlo. Intensifica la sua attività stimolato dalle esperienze di viaggio in varie parti del mondo e dagli incontri umani e professionali: negli Stati Uniti conosce la moglie Carolyn Reep (conservatrice-restauratrice specialista in arte asiatica) da cui ha una figlia.
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Wolfgang Laib Veduta dell’allestimento MASI, Lugano, 2017 © 2017 Hartmut Nägele

Dopo un lungo viaggio in Oriente, inizia a usare per le sue opere il riso all’interno di coni o thali, piatti di ottone usati in India per le offerte e per mangiare: tutto ciò che è singolare e diverso dal contemporaneo lo colpisce e ogni volta media esperienze e sensazioni offrendo nuove riflessioni in opere d’arte, alcune delle quali connotate da caducità dei materiali organici, ma non per questo meno espressive e significative. Tra l’altro utilizza spesso cera d’api (con cui costruisce grandiose strutture profumate), granito, lacca birmana, legno… lavorando sia in una casa immersa nella natura in un piccolo villaggio della Germania del sud sia nella casa-studio in India.
Nell’ampio spazio espositivo a lui dedicato a Lugano, la sua poliedrica personalità si dipana attraverso 50 opere tra fotografie dei luoghi più suggestivi e importanti per la sua formazione (templi come ziggurat della Mesopotamia, stupa buddisti, piramidi… dalle forme simili che suggeriscono una sorta di atemporalità), disegni profondamente legati alle foto da cui traggono ispirazione oltreché sculture e installazioni (maestoso e dall’intenso profumo lo ziggurat in legno e cera d’api Es gibt keinen Anfang und kein Ende) che ripercorrono la sua produzione artistica a cominciare da un Milkstone. L’artista in persona il primo giorno ha versato il latte (che viene giornalmente tolto per evitarne l’assorbimento da parte del marmo) su una lastra di marmo, quasi preghiera-offerta votiva personale su un altare mentre gli astanti osservavano con rigoroso silenzio spezzato tuttavia da cliccanti macchine fotografiche et similia: pressante e fagocitante volontà dei media di trasmettere sensazioni che solamente la vista diretta può suggerire secondo il sentire di ciascuno.
Wanda Castelnuovo

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