11 luglio 2012

resoconto L’esperienza del “Laboratorio” di Comunicazione Militante Milano, Fondazione Mudima

 
Il clima di rivoluzione creativa, di contestazione e di ricerca di un’arte politica, che s’imprime nelle foto, nei documenti e nelle installazioni, in mostra assieme a progetti anche non realizzati, del dimenticato “Laboratorio" -

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Negli anni Settanta di lotta armata – quelli compresi tra la “Strage di Piazza Fontana del 1969, la “Loggia a Brescia” del 1974, e il ritrovamento del cadavere di Moro in via Fani, a Roma, nel 1978 – Milano non era la capitale dell’arte, ma un cantiere aperto alle avanguardie sperimentali, che mescolava  musica, perfomance, happening, come alternativa ai linguaggi tradizionali. Questo clima di rivoluzione creativa, di contestazione e di ricerca di un’arte politica, s’imprime nelle foto, nei documenti, volantini, e nelle installazioni (sonore e non), in mostra assieme a progetti anche non realizzati del dimenticato “Laboratorio di Comunicazione Militante”.  Il “Laboratorio” era costituito da Paolo Rosa (oggi colonna portante di Studio Azzurro), Tullio Brunone (noto  per  ambienti interattivi), Giovanni Colombu e Ettore Pasculli: ex-ventenni utopisti, ideatori di un’arte radicale, non bella, nata per riflettere sulla manipolazione e l’uso dell’immagine. A Milano occuparono la chiesa sconsacrata di San Carpoforo di Brera, ribattezzata poi “Fabbrica della  Comunicazione”: un centro sociale partecipato e condiviso (ancor prima di Macao).
Una delle opere in mostra
La mostra documenta un capitolo non approfondito nella mostra Addio anni 70 di scena a Palazzo Reale eppure importante di un’arte  impegnata che ha coinvolto una intera  generazione; le opere di quattro agitatori  culturali, esposte nel 1976 alla Biennale di Venezia e alla  Permanente nel 1978. Colombu, ad esempio, ha ricostruito gli “stereotipi criminali” rivisitando Fanfani e altri politici con  caratteri  lombrosiani, Brunone ha riprodotto una sfilza di  titoli inquietanti dei quotidiani – come La mappa dell’angoscia, Sangue di magistrati mandati al Macello – denunciando la  violenza del linguaggio dei media e l’immagine come controinformazione. Il loro procedimento annoverava collage, l’uso dei videotape, la messa a fuoco degli effetti di drammatizzazione della fotografia, lo slittamento di significati, l’ambiguità tra il vero e del falso mediante l’analisi critica del linguaggio mass-mediatico. Al secondo piano, invece, un’ installazione site-specific dal titolo Fughe senza tempo di Andrea Santarlarsci, autore che non ha fatto parte del Laboratorio ma la cui opera è perfetta per farci entrare nell’atmosfera cupa degli anni detti “di piombo”.   
jacqueline ceresoli
mostra visitata il 7 giugno 2012
dal 7 al 30 giugno 2012 
L’esperienza del “Laboratorio” di Comunicazione Militante
Fondazione MUDIMA
Via Tadino 26, Milano
Info: tel +390229409633 – info@mudima.net – www.mudima.net

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