17 gennaio 2024

Un’enorme città di 2500 anni è stata scoperta nella Foresta Amazzonica

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Utilizzando una moderna tecnologia laser, un team di ricercatori ha scoperto i resti di un’antica e complessa rete urbana, nascosta dalla vegetazione della Foresta Amazzonica, in Ecuador

Una ricostruzione LIDAR di una strada della città di Kunguints, nell'Amazzonia dell'Ecuador. Foto: Antoine Dorison e Stephen Rostain

Ancora molti misteri si nascondono sotto la fitta coltre verdeggiante della Foresta Amazzonica. Specie animali e vegetali sconosciute o non classificate ma anche antichissime vestigia umane ormai diventate tutt’uno con la vegetazione e invisibili a occhio nudo. Ma dove non arriva lo sguardo, soccorre la tecnologia, nel caso specifico quella laser, usata dai ricercatori dall’INPC – Istituto nazionale per il patrimonio culturale dell’Ecuador, che in questo modo hanno scoperto una serie di città interconnesse, risalenti a 2500 anni fa, nella valle dell’Upano, in Ecuador. Una enormità per i nostri standard ma, in fondo, una piccola parte per la storia della Foresta Amazzonica, che è abitata da almeno 13mila anni.

I ricercatori sono riusciti a individuare una struttura urbana incredibilmente complessa, tra giardini terrazzati per colture, ampie reti stradali, drenaggi fluviali, case ed edifici cerimoniali, su uno schema geometrico di oltre 6mila piattaforme. La rete si estende su una superficie di 300 chilometri quadrati e comprende cinque insediamenti di grandi dimensioni e dieci più piccoli. Uno sviluppo così esteso nell’Alta Amazzonia è paragonabile a sistemi urbani Maya evidenziati in Messico e Guatemala. I risultati della ricerca, che fa parte di un più ampio progetto di studio avviato già nel 2015, sono stati recentemente pubblicati in un articolo su Science, intitolato Duemila anni di città giardino nell’Alta Amazzonia. La scoperta smentisce definitivamente dunque la convinzione che la Foresta Amazzonica fosse un ambiente inospitale per gli esseri umani, popolato esclusivamente da raccoglitori e cacciatori.

«Il ritrovamento di una rete urbana così antica nella Valle dell’Upano evidenzia la diversità a lungo non riconosciuta delle antiche culture amazzoniche, che gli archeologi stanno appena iniziando a ricostruire», ha scritto su Science Lizzie Wade, archeologa esperta di America Latina. Le scoperte sconvolgono la comprensione della civiltà in Amazzonia: secondo Fernando Mejía, archeologo della Pontificia Università Cattolica dell’Ecuador, la città più grande della rete è paragonabile per dimensioni all’altopiano di Giza in Egitto o a Teotihuacán in Messico.

I ricercatori hanno usato il LIDAR, uno strumento di telerilevamento che, tra le altre cose, permette di determinare la distanza di un oggetto o di una superficie utilizzando un impulso laser, oltre che la concentrazione di specie chimiche nell’atmosfera e nelle distese d’acqua. La tecnologia ha applicazioni diversi campi e, nello specifico, in geologia e sismologia la combinazione di GPS e LIDAR può fornire mappe altimetriche del terreno estremamente accurate, che possono rilevare le differenze di quota del suolo anche attraverso la copertura degli alberi. Questa tecnica fu usata anche per mappare la faglia di Seattle, negli Stati Uniti.

I primi studi nella Valle dell’Upano risalgono a quasi 30 anni fa e furono condotti da Stéphen Rostain, archeologo del CNRS – Centre national de la recherche scientifique. Le sue ricerche si concentravano su due grandi insediamenti, Sangay e Kilamope, e portarono alla scoperta di strutture architettoniche e reperti come ceramiche decorate e brocche contenenti residui della chica, l’arcaica birra di mais o di manioca. Ma fino a ora non c’era una panoramica completa della Regione. Grazie agli studi avviati nel 2015 dall’INPC e condotti con il LIDAR, è stato possibile setacciare la Foresta Amazzonica dall’alto, svelando caratteristiche topografiche nascoste dalla vegetazione. Secondo Antoine Dorison, coautore dello studio presso il CNRS, la popolazione di questa rete urbana potrebbe essere compresa tra le 10mila e le 30mila persone. «Stiamo appena iniziando a capire come funzionavano queste città», ha detto a Science Carla Jaimes Betancourt, professoressa di antropologia specializzata nell’Amazzonia sudoccidentale presso l’Università di Bonn.

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