06 maggio 2025

21 Padiglioni nazionali da vedere alla Biennale d’Architettura a Venezia tra Arsenale e Giardini

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20 Padiglioni nazionali da non perdere alla Biennale d’Architettura 2025, dal Brasile alla Santa Sede, passando per il Qatar e l’Estonia, tra intelligenza collettiva, utopia e progettualità

Padiglione del Regno del Marocco, rendering. Courtesy A+ studio

Sta per aprire i battenti la 19ma Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, affidata quest’anno alla visione del curatore e urbanista Carlo Ratti. Dal 10 maggio al 23 novembre 2025 (con preview il 7-8-9 maggio), i Giardini, l’Arsenale e vari luoghi della città torneranno a essere attraversati da progetti, installazioni e visioni che interrogano lo spazio, il tempo e le possibilità dell’abitare contemporaneo, a partire dal tema Intelligens. Naturale. Artificiale. Collettiva. In un’edizione incentrata sul dialogo tra natura e tecnologia, responsabilità sociale e utopia, i padiglioni nazionali continuano a rappresentare il momento pulsante di un confronto globale. Da quelli più sperimentali a quelli radicati nella cronaca e nella geopolitica, abbiamo selezionato alcuni dei progetti più interessanti da tenere d’occhio.

Padiglione Irlanda – Arsenale

Padiglione Irlanda. Film still documenting the making of Assembly 2024. Photo Felix Castaldo, Directed by Michelle Delea. Courtesy Cotter & Naessens

Assembly, il tema del padiglione a cura di Cotter & Naessens Architects. «Assemblare è riunire un gruppo di persone con un interesse comune. Assemblare è costruire un insieme a partire da parti costitutive. Sia come congregazione che come costruzione, l’assemblaggio è al centro del processo architettonico». Nel 2016, L’Irlanda ha istituito la sua prima Assemblea dei cittadini, con 99 residenti irlandesi che si sono riuniti per discutere e deliberare su questioni di interesse pubblico, dall’accesso egualitario al matrimonio, alla scomparsa di biodiversità, producendo collettivamente delle soluzioni e delle strategie da proporre al governo. Assembly vuole interrogarsi su cosa, l’architettura, possa imparare da un esperimento politico del genere e quale possa essere il suo contributo. La struttura del padiglione presenterà un prototipo speculativo, volto a favorire una comunicazione non gerarchica tra estranei. Il padiglione riflette sull’assemblaggio come prodotto e come processo di fabbricazione, rifacendosi alle tipologie spaziali e agli arredi tipici dei luoghi di assemblea irlandesi e con materiali secolari e rinnovabili, con un tappeto tessuto a mano da Ceadogán Rugmakers per accogliere i visitatori. Infine, anche l’audio – realizzato in collaborazione da Michelle Delea e David Stalling – sarà uno dei protagonisti dello spazio, con musica, poesia, interviste ai progettisti e ai partecipanti dell’Assemblea dei Cittadini, nonché registrazioni che documentano la costruzione della struttura stessa.

Padiglione Lussemburgo – Arsenale

Padiglione Lussemburgo. Courtesy of Valentin Bansac, 2024

Il padiglione del Lussemburgo è un invito a porre l’attenzione sul sonoro. Sonic investigation. Ispirato alla silent song 4’33’ di John Cage, ci invita a chiudere gli occhi e a riportare l’attenzione a un senso che la società contemporanea tende invece a soffocare sempre di più, insieme agli altri, a favore della vista. Il padiglione mira a reimmaginare il Lussemburgo al di là delle prospettive antropocentriche, concentrandosi sull’audio e catturando una gamma di suoni provenienti da ambienti diversi, generando un’esperienza nello spazio che risulti nuova e immersiva. Una traccia sonora realizzata in situ si trova al centro del padiglione, sviluppata dall’artista sonoro e field recorder Ludwig Berger. La traccia unisce una serie di registrazioni provenienti da località peculiari del Lussemburgo ed esaminando criticamente le dinamiche del territorio lussemburghese.

Padiglione Svizzera – Giardini

Padiglione Svizzera. Il cantiere della mostra «Endgültige Form wird von der Architektin am Bau bestimmt.» curata da Elena Chiavi, Kathrin Füglister, Amy Perkins, Axe lle Stiefel e Myriam Uzor. Keystone Gaëtan Bally

Il Padiglione Svizzera presenta la mostra Endgültige Form wird von der Architektin am Baubetimmt., curata da Elena Chiavi, Kathrin Füglister, Amy Perkins, Axelle Stiefel e Myriam Uzor. Le curatrici si sono chieste: «E se fosse stata Lisbeth Sachs, e non Bruno Giacometti, a progettare il Padiglione Svizzero?» Sachs è stata una delle prime architette ufficialmente registrate in Svizzera, contemporanea di Bruno Giacometti, autore del Padiglione Svizzero ai Giardini della Biennale di Venezia. «E se fosse andata diversamente? – Affrontiamo questa domanda come una finzione produttiva. Mettere in dialogo l’opera di Sachs con quella di Giacometti significa far convivere due visioni architettoniche, invitando i visitatori a riflettere sulla necessità di inclusività nella storia dell’architettura e nella pratica contemporanea. Questo intervento non è solo fisico, ma anche temporale: collega diverse eredità architettoniche e coinvolge la percezione dei visitatori rispetto alla continuità». Il padiglione si trasforma in un’esperienza multisensoriale per mezzo della ricostruzione di elementi del piano radiale di Sachs, che diventa sede di un sistema sonoro, in cui le voci del presente si incontrano e dialogano con quelle del passato.

Padiglione Polonia – Giardini

Padiglione Polonia

Lares and Penates: On Building a Sense of Security in Architecture è il tema del padiglione Polonia. La mostra parla delle nostre ansie e di come vi rispondiamo per sentirci più sicuri nell’architettura. Rifacendosi alla funzione di protezione che l’architettura ha assunto fin dalle sue origini come primaria, ci si interroga sul rapporto tra l’ambiente costruito e il catalogo molto più ampio di ciò che ci terrorizza oggi: la catastrofe climatica, i conflitti armati e l’instabilità politica. In questa situazione, come possiamo costruire un nostro senso di sicurezza? Le decisioni che prendiamo, proprio come lares e penati, le divinità tutelari domestiche dell’antica Roma, garantiscono il successo e proteggono dai pericoli. Aleksandra Kędziorek, Krzysztof Maniak, Katarzyna Przezwańska e Maciej Siuda, le curatrici, hanno cercato di costruire la mostra su due concetti: sicurezza e senso di sicurezza. Il primo riguarda soluzioni scaturite da norme edilizie, antincendio e sanitarie; il secondo si riferisce invece a pratiche, usanze e convinzioni radicate culturalmente, pensate per assicurare la buona sorte e proteggere dalle avversità. La mostra considera questi due elementi ugualmente importanti e complementari fra loro, in quanto è la loro coesistenza che aiuta le persone a sentirsi più sicure in una realtà in rapido cambiamento.

Padiglione Francia – Giardini

Padiglione Francia, manifesto

«In un mondo segnato da crisi continue e cambiamenti profondi, dove i conflitti si moltiplicano e il clima diventa sempre più imprevedibile, dove milioni di persone sono costrette a fuggire mentre altre vivono in zone sempre più vulnerabili, dobbiamo imparare a convivere con uno stato di instabilità permanente. Come possiamo continuare a abitare questo pianeta, inventando nuovi modi di vivere per rispondere a queste sfide?». Queste, le parole dei curatori del Padiglione Francia, Martin Duplantier (Martin Duplantier Architectes) ed Éric Daniel-Lacombe (EDL architectes). Il progetto, VIVRE AVEC / LIVING WITH, esplora le capacità dell’uomo di sintetizzare e adattarsi attraverso sei temi: l’esistente, l’immediato, il danneggiato, la vulnerabilità, la natura e le intelligenze combinate. Con l’esposizione VIVRE AVEC / LIVING WITH, il team curatoriale intende dimostrare come l’architettura possa fare molto più che sopravvivere in un mondo in crisi: può giocare un ruolo attivo nell’adattamento dell’umanità ai cambiamenti in corso. La mostra si sviluppa intorno al cantiere relativo al Padiglione Francia, in una struttura leggera interamente realizzata in modo da mettere in dialogo i propri materiali leggeri e il paesaggio circostante. Il linguaggio architettonico delle impalcature utilizzate nella ristrutturazione del padiglione storico viene estrapolato per diventare il materiale principale del progetto e il punto di partenza della mostra stessa.

Padiglione Italia – Arsenale

Padiglione Italia ph. Giulio Squillaciotti

Per la 19ma Biennale di Architettura di Venezia, il Padiglione Italia propone una riflessione sull’Italia vista dal mare, rileggendo gli oltre 8mila chilometri di coste nazionali come una soglia mobile tra crisi e opportunità. Guendalina Salimei è la curatrice del progetto TERRÆ AQUÆ. L’Italia e l’intelligenza del mare che, in sintonia con il tema generale proposto da Carlo Ratti, esplorerà i rapporti tra ambiente naturale e intervento umano, interrogando il Mediterraneo come spazio di scambio, infrastruttura sensibile, memoria viva di civiltà e conflitti. Dalle aree portuali da ripensare alle spiagge privatizzate, dalle infrastrutture sommerse alle archeologie invisibili, il Padiglione si trasformerà in una “camera delle meraviglie” contemporanea, aperta al contributo di architetti, ricercatori, scuole e istituzioni, selezionati tramite una call pubblica che ha raccolto oltre seicento candidature. Al centro, il mare come attore soggetto autonomo e collettivo insieme. Il Padiglione sarà accompagnato da un ricco public program e da un catalogo in tre volumi, edito da Electa e ispirato ai portolani antichi, con riflessioni multidisciplinari sul presente e sulle geografie che verranno.

Padiglione Santa Sede – Complesso di Santa Maria Ausiliatrice

Padiglione Santa Sede. Complesso di Santa Maria Ausiliatrice

Il progetto è curato da Marina Otero VerzierGiovanna Zabotti, insieme a Tatiana Bilbao ESTUDIO (Tatiana Bilbao, Alba Cortés, Isaac Solis Rosas, Helene Schauer), con sede a Città del Messico, e MAIO Architects (Anna Puigjaner, Guillermo Lopez, Maria Charneco, Alfredo Lérida) di Barcellona, due studi internazionali di architettura specializzati in costruzione responsabile e cura collettiva. Il Padiglione della Santa Sede, Opera aperta, «è un processo collaborativo che coinvolge un team internazionale e collettivi locali. – afferma la curatrice Marina Otero – Insieme, rivendichiamo la riparazione come pratica creativa e radicale, che trascende la forma architettonica per nutrire comunità, ecosistemi e i fragili legami tra di essi. Rivitalizzando una struttura esistente, valorizziamo le sue crepe e perdite non come difetti da nascondere, ma come aperture verso nuove possibilità. Queste soglie ci invitano a reimmaginare la relazione tra passato e futuro, crescita e decadimento, rottura e rigenerazione». Si tratterà di attuare una vera e propria cura della crepa, un restauro che coinvolgerà l’edificio di Santa Maria Ausiliatrice nella sua fisicità materiale, ma che abbraccerà chiunque entrerà in contatto con il progetto. Si creerà, dunque, una piattaforma di interazione sociale che sarà pure – in qualche modo – una cura, un restauro. L’estetica, industriale, ma con un forte sguardo al passato, sarà il filo conduttore che fungerà da legame fra i vari spazi dell’edificio, unitamente alla musica che li popolerà e terrà insieme.

Padiglione Marocco – Arsenale

Padiglione Marocco. Kingdom of Morocco Pavilion. Rendering. Courtesy A+ Studio

Il Regno del Marocco presenta Materiae Palimpsest, ideato dagli architetti Khalil Morad El Ghilali ed El Mehdi Belyasmine. Il progetto propone un’esplorazione innovativa dell’“architettura di terra”, fondendo le tecniche costruttive dell’artigianato marocchino le tecnologie digitali contemporanee, con l’obiettivo di ridefinire il concetto di intelligenza collettiva nell’atto del costruire. La mostra punterà a mettere in risalto durabilità, flessibilità e bellezza intrinseca delle costruzioni in terra, materiale locale e rinnovabile, e come esse incarnano i principi di un sistema a ciclo chiuso, riducendo al minimo gli sprechi e massimizzando l’utilizzo delle risorse. Creando un dialogo tra artigiani locali, custodi delle tecniche tradizionali, e architetti e ingegneri che utilizzano strumenti all’avanguardia, la mostra punterà un faro su come questa aggregazione di conoscenze possa dar vita a nuove forme architettoniche che guardano ai metodi tradizionali, sfruttando allo stesso tempo le opportunità offerte dalle nuove tecnologie.

Padiglione Estonia – Castello 1611

Padiglione Estonia. Estonian Pavilion_Let me warm you_2025_mixed technique © Joosep Kivimäe

L’Estonia propone l’esposizione Let me warm you, curata dalle architette Keiti Lige, Elina Liiva, e Helena Männa. Il padiglione interroga criticamente gli interventi di isolamento termico negli edifici residenziali, riflettendo se essi siano meri adeguamenti burocratici agli obiettivi energetici europei o opportunità concrete per migliorare la qualità spaziale e sociale dei quartieri. L’installazione principale andrà a rivestire la facciata di un edificio storico veneziano (Riva dei Sette Martiri 1611, Castello) con materiali e tecniche tipiche delle ristrutturazioni estoni, creando un contrasto visivo provocatorio tra edilizia storica e soluzioni standardizzate. Al piano terra, lo spazio sarà avvolto da una pellicola di plastica, simboleggiando la pressione costante per la ristrutturazione e mostrando come le soluzioni tecniche spesso oscurino i legami più profondi e i veri bisogni delle persone nei confronti delle loro abitazioni. Al centro della mostra, ci sarà un modello di un edificio sovietico, pensato per dare risalto alle interazioni umane. Attraverso dialoghi teatrali e ambientazioni volutamente esasperate, verranno esplorate le relazioni sociali e il loro impatto sul modo di vivere gli spazi abitativi. La mostra vuole far emergere la complessità della convivenza e delle scelte legate alla ristrutturazione, stimolando una riflessione critica sulla tensione tra gli obiettivi energetici imposti dalla politica e la realtà vissuta da chi abita effettivamente gli spazi.

Padiglione Gran Bretagna

Padiglione Gran Bretagna. Curatorial team

Il tema del Padiglione Gran Bretagna, GBR: Geology of Britannic Repair, esplorerà sotto la curatela di Sevra Davis, Owen Hopkins, Kabage Karanja, Dr Kathryn Yusoff e Stella Mutegi come l’architettura possa rispondere alle eredità coloniali dell’estrazione geologica, proponendo l’architettura come una forza di riparazione e rinnovamento. Nato da una collaborazione tra Regno Unito e Kenya, il Padiglione sarà trasformato in uno spazio dedicato a geologie alternative, giustizia planetaria e pratica architettonica basata sulla terra. Il cuore della mostra è la Rift Valley, una vasta formazione geologica che si estende dalla Turchia al Mozambico. Questa regione funge da ancora concettuale e geografica. Attraverso una serie di installazioni di artisti internazionali, tra cui Mae-ling Lokko (Yale) e Gustavo Crembil (Rensselaer), Thandi Loewenson (RCA) e il Palestine Regeneration Team (PART) (University of Westminster/Bartlett UCL), il Padiglione presenterà “altre architetture” plasmate dalla conoscenza vernacolare, dalla resistenza ecologica e dalla solidarietà interculturale. La mostra esplorerà dunque le architetture della riparazione, della restituzione e del rinnovamento e includerà una serie di installazioni fisiche e digitali basate su sensori, trasformando il Padiglione Britannico del 2025 in un luogo di reinvenzione e reimmaginazione per l’architettura e per il pianeta.

Padiglione Giappone – Giardini

Padiglione Giappone 2025

Il Padiglione del Giappone, a cura dell’architetto Jun Aoki, presenta la mostra IN-BETWEEN, un’esplorazione profonda e poetica del concetto di “spazio intermedio” (maì. In un’epoca segnata dall’ascesa dell’intelligenza artificiale generativa e da un’omologazione culturale sempre più marcata, Aoki invita a ripensare la posizione dell’essere umano rispetto al mondo e alla tecnologia. La mostra propone di superare la rigida dicotomia soggetto-oggetto, umano-non umano, naturale-artificiale, esplorando lo spazio intermedio come nuova forma di intelligenza: una dimensione in cui il dialogo tra gli elementi genera tensione creativa e identità condivisa. Questo approccio trova manifestazione concreta nell’analisi e nella reinterpretazione del Padiglione stesso, i cui elementi architettonici – come l’Albero di Tasso, la Pensilina, la Terrazza in mattoni – diventano interlocutori attivi in una relazione continua con artisti, curatori e visitatori. IN-BETWEEN è dunque un invito a ritrovare, nel silenzio e nella tensione dello spazio tra le cose, una nuova possibilità di comprensione e coesistenza.

Padiglione Brasile – Giardini

Padiglione Brasile – Julio Pastore and Oscar Niemeyer, Garden Platform, Jardim de Sequeiro, ICC, 2021. © Joana França

Tra primitività e ed esigenze contemporanee: (RE)INVENTION è il progetto portato dal Padiglione Brasile per la Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, curata dagli architetti Luciana Saboia, Eder Alencar e Matheus Seco, del gruppo Plano Coletivo e promossa dal Ministero della Cultura e il Ministero degli Affari Esteri del Brasile. Un progetto che origina dalla riflessione sulla recente scoperta archeologica di infrastrutture ancestrali in Amazzonia poste a confronto con le condizioni socio-ambientali della città contemporanea. La mostra consta di due atti. Il primo celebra un ritorno alle origini, all’essenziale, mostrando le ingegnose infrastrutture di popolazioni indigene di 10.000 anni fa, le quali modellarono il paesaggio circostante, integrando conoscenze tecniche e strategie di adattamento all’ambiente. Il legame intimo e primigenio dei popoli ancestrali dell’Amazzonia con la natura fungono da esempio cui attingere per trovare soluzioni architettoniche che tutelino tale coesistenza. Le foreste della regione sono in gran parte il risultato diretto dell’azione umana, il frutto di un’occupazione equilibrata e di un’attenta gestione della vegetazione, in contrasto con il modello che prevale oggi in Amazzonia, che spesso riduce il paesaggio a uno scenario di devastazione. Il secondo atto proietta l’attenzione sul Brasile contemporaneo, nel quale si fanno strada progetti per ri-significare la città attraverso una curatela di ricerca, processi e pratiche architettoniche.

Padiglione Spagna – Giardini

Padiglione Spagna. Internalities, Abalo Alonso © Santos Díez

Internality. Il progetto curatoriale del Padiglione Spagna è imperniato attorno ad una parola che non esiste ma che, all’interno della cornice concettuale delineata da Roi Salgueiro e Manuel Bouzas, si riempie di significato. L’architettura, per rispondere alle esigenze del presente, deve guardare alla natura, la quale non genera rifiuti né esternalità. In natura i flussi di materia ed energia si metabolizzano all’interno di un circuito interno e chiuso. L’architettura “delle Internalità”, celebrata dal padiglione Spagna, si ispira alla natura per trovare soluzioni alle esigenze contemporanee, tramite il ricorso a risorse locali, rigenerative e a basso impatto di carbonio, sfavorendo così i processi di estrazione, fabbricazione, distribuzione, installazione e de-costruzione delle architetture, significativa fonte di emissioni. Gettare luce sulle vie alternative che può percorrere la ricerca architettonica, che possano dialogare senza prevalere o danneggiare le ecologie regionali, i boschi, le cave e i suoli su cui si innestano progetti architettonici. Internalities valorizza il lavoro di una nuova generazione di architetti spagnoli che, con rigore e radicalità, esamina come l’architettura possa mediare l’equilibrio tra ecologie ed economie.

Padiglione Islanda – Castello 2125

Padiglione Islanda – Lavaforming @saparkitektar

Lavaforming, il progetto curatoriale del Padiglione Islanda, riflette pienamente l’obiettivo della Mostra Internazionale della Biennale Venezia di «colmare il divario tra la severità delle condizioni ambientali e quegli spazi sicuri e vivibili di cui abbiamo bisogno». Realizzato da Iceland Design and Architecture e curato da Arnhildur Pálmadóttir, il progetto indaga le modalità attraverso le quali l’architettura può dialogare con una natura ostile all’insediamento dell’uomo, in costante mutamento, e configura nuove vie per controllare flussi lavici per ottenere materiali da costruzione sostenibili. L’Islanda rappresenta un modello di paese in cui è forte l’imperativo di un dialogo tra esigenze urbanistiche di una collettività e una natura ostile all’uomo e al suo insediamento. La posizione geologica dell’Islanda, situata su una faglia che divide due zolle tettoniche, fa sì che l’isola sia continuamente scossa da eventi sismici e vulcanici che determinano la formazione di imponenti campi di lava. Qui, nel corso della storia, l’attività vulcanica è sempre stata percepita come una calamità peculiare del territorio o persino come un evento soprannaturale. Nel padiglione Islanda la lava, da forza dirompente e distruttiva, diviene fonte rigenerativa poiché visualizzata, attraverso ingegnose vie, come preziosa risorsa da impiegare per una costruzione sostenibile che consentirebbe di ridurre sensibilmente le emissioni di CO2 riducendo dannose attività di estrazione mineraria.

Padiglione Ucraina – Arsenale

Padiglione Ucraina

La vita durante la guerra non si ferma né tantomeno si arresta il fermento culturale di un paese. Le idee non smettono di germinare, irrorando un terreno arido come è quello di uno stato nel pieno di un conflitto. Il padiglione Ucraina dimostra l’incessante attività creativa di architetti che, nel solco di una riflessione profonda sul significato dell’abitare in tempi di crisi estrema, cercano instancabilmente soluzioni per fronteggiarla. Essi coniugano sapienza architettonica con l’ingegnosità della ricostruzione emergenziale nata dal conflitto in corso. A cura di Bogdana Kosmina, Michał Murawski e Kateryna Rusetska, la mostra porta in scena una riflessione che  prende le mosse dal concetto di “tetto” (dakh in ucraino) quale archetipo del riparo, precario ma imprescindibile, che separa vita domestica dall’esterno, in questo caso, da un cielo attraversato da pericoli e minacce. Una narrazione che procede per immagini che parla di un paese in guerra ma anche del processo di riparazione già in atto mentre la devastazione e il pericolo continuano a persistere. Lungi dall’essere mero esercizio espositivo, il progetto si configura come un appello internazionale alla giustizia ricostruttiva, alla difesa dell’abitare e un promemoria sulla persistenza, nonostante la devastazione, del patrimonio culturale ucraino.

Padiglione Lettonia – Arsenale

Padiglione Lettonia. Ezi – photo by Ministry of Defence of the Republic of Latvia

Curato da Liene Jākobsone e Ilka Ruby e progettato dagli studi Sampling e Nomad architects, il Padiglione Lettonia con il titolo Paesaggio di difesa offre uno sguardo sulla ricerca architettonica in un territorio di confine, una ricerca che deve coordinarsi con esigenze di difesa militare, tensioni geopolitiche e resilienza sociale. «La Difesa nazionale è un processo continuo, da riconoscere e accettare», spiega Jakobsone, il cui approccio curatoriale intende esplorare il paesaggio spaziale e sociale lungo il confine orientale del Paese, in uno stato di tensione geopolitica che plasma la vita di una collettività. Nel Padiglione Lettonia, paesaggio civile e paesaggio militare si mescolano e sovrappongono sviluppando un racconto che si articola attorno alla costante minaccia di attacco e l’inaspettata poeticità di misure difensive quali i ricci di filo spinato o i denti di drago in cemento.

Padiglione Qatar – Giardini e Palazzo Franchetti

Padiglione Qatar – Abeer Seikaly, Weaving a Home, Tent Al-Namara overlooking the Dead Sea, Jordan, 2020. © Abeer Seikaly

In occasione della sua prima partecipazione ufficiale alla Biennale di Venezia, il Qatar pone al centro della propria esposizione BEYTU BEYTAK. MY HOME IS YOUR HOME. LA MIA CASA è LA TUA CASA il concetto di ospitalità e le sue diverse declinazioni in approcci architettonici e interventi nei paesaggi urbani del Medio Oriente, Nord Africa e Asia Meridionale (MENASA). L’obiettivo è dare risonanza alle voci dei principali architetti moderni e contemporanei del mondo arabo e delle regioni vicine promuovendo una comprensione più profonda del diversificato patrimonio architettonico che insiste in queste aree. Realizzata da Qatar Museum in collaborazione con il  futuro Art Mill Museum, l’esposizione include nel suo programma, presso i Giardini della Biennale, l’installazione dell’architetta pakistana Yasmeen Lari, dal titolo Community Centre che costituisce un modello di sviluppo umanitario, sociale, culturale e architettonico.

Padiglione Azerbaijan – Campo della Tana, Castello

Padiglione Azerbaijan

L’Azerbaijan esordisce alla Biennale di Venezia con la mostra Equilibrium. Patterns of Azerbaijan, realizzata dalla Fondazione Heydar Aliyev e dal Ministero della Cultura della Repubblica dell’Azerbaigian e curata da Nigar Gardashkhanova. In continuità con il tema della Biennale Intelligens. Natural. Artificial. Collective, il Padiglione Azerbaijan guarda alle esigenze imposte dalla crescente crisi climatica progettando la riqualificazione delle sue principali città tramite approcci sostenibili. La ricerca architettonica non deve però trascurare l’identità del patrimonio culturale bensì offrirsi come perfetta sintesi tra tradizione e modernità, costituendo un ponte tra passato e futuro. Emblematico, tra i diversi progetti esposti, il piano Città Bianca di Baku che trasforma la “Città Nera”, un tempo motore dell’industria petrolifera dell’Azerbaijan, in un complesso urbano verde, sostenibile e moderno.

Padiglione Corea – Giardini

Padiglione Corea. Model of the Korean Pavilion.ⓒ Mancuso e Serena Architetti Associati. Courtesy of ARKO Arts Archive, Arts Council Korea

Il padiglione della Corea torna alla Biennale con il titolo Little Toad, Little Toad: Unbuilding Pavilion, il cui nome è ispirato ad un canto coreano per bambini quale cornice metaforica per esplorare passato, presente e futuro. Il padiglione è stato immaginato come un organismo stratificato, animato dalla voce narrativa del rospo il quale ripercorre la storia di questo spazio espositivo insieme ad altri attori invisibili quali alberi, il mare e il suolo. Commissionata dal Korea Arts Council (ARKO) e curata dal Curating Architecture Collective (CAC) composto da Chung Dahyoung, Kim Heejung e Jung Sungkyu, l’esposizione presenta quattro nuovi progetti commissionati appositamente, creati da architetti e artisti: Kim Hyunjong (Atelier KHJ), Heechan Park (Studio Heech), Young Yena (Plastique Fantastique) Lee Dammy (Flora and Fauna). I quattro artisti concorrono alla narrazione che investe passato, presente e futuro del padiglione attraverso le loro opere site specific.

Padiglione Germania – Giardini

The German Pavilion Tests Urban Limits in a Warmer World at the 2025 Venice Architecture Biennale. Thermal image Munich 2024. Image © Gustav Goetze

Per la 19a edizione della Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, la Germania presenta STRESSTEST, una mostra immersiva e provocatoria nella quale il visitatore fa esperienza concreta dello stress da calore che si registra nelle aree urbane. Il concept espositivo si articola in due sezioni: STRESS DESTRESS. Nelle sale STRESS, un caldo estremo, torrido, irrespirabile accoglie il visitatore, presagendo minacciosamente il futuro del nostro pianeta se non si adottano soluzioni sostenibili. Qui, la narrazione non procede per immagini, ma avvolge ogni sfera sensoriale dello spettatore: l’atmosfera opprimente di queste stanze rende fisicamente percepibile lo stress causato dall’aumento delle temperature. A questo si contrappongono le camere DESTRESS che delineano progetti alternativi alle città stressate dal caldo: infrastrutture verdi, tecnologie di raffreddamento intelligenti e un’architettura rispettosa del clima. Il padiglione Germania si propone di sottolineare l’impellenza di un’azione di pianificazione, offrendo linee guida per una progettazione urbana sostenibile.

Padiglione Uruguay – Giardini

5386 Uruguay pais agua. Image by SEI FONG Studio

Il progetto 53,86% Uruguay, país agua rappresenta l’Uruguay alla 19ª Biennale di Architettura di Venezia. Curato Sei Fong, Estudio de Arte, Arquitectura y Diseño, il padiglione propone una riflessione politica e ambientale sull’acqua, vista come elemento centrale per cultura, economia e geopolitica. L’Uruguay, con una vasta rete idrica e sovranità marittima superiore alla sua superficie terrestre, affronta le sfide del cambiamento climatico ripensando il ruolo dell’acqua nelle città e nei territori. Il progetto invita a un’architettura più sostenibile e consapevole, ponendo domande su come adattare le città al nuovo ordine climatico e gestire l’acqua in modo equo. Sostenuto dalla Direzione Nazionale della Cultura, il padiglione afferma l’identità idrica dell’Uruguay nel dibattito globale.

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