04 maggio 2021

Fede Galizia, “mirabile pittoressa” da scoprire a Trento: ce ne parla Jacopo Stoppa

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Trento, città internazionale negli anni di Fede Galizia e del Concilio: in mostra, una storia al femminile tutta da scoprire. Le anticipazioni del curatore Jacopo Stoppa

A Trento, nella metà del XVI secolo, si respirava un’aria effervescente e internazionale, come sede strategica del Concilio. A quel tempo, infatti, nella zona gravitavano numerose personalità che animarono il dibattito culturale e artistico e di cui avrebbe risentito anche Fede Galizia, “mirabile pittoressa” da scoprire, a partire dal 3 luglio, al Castello del Buonconsiglio di Trento.

Tutta questa vivacità è stata possibile per una serie di fattori: la presenza di numerosi prelati spagnoli rimasti in città per non aver accettato il trasferimento del Concilio a Bologna e, soprattutto, la posizione della famiglia dei principi Madruzzo rientrata da Milano. Cristofaro, Lodovico e Carlo avranno un ruolo di mediatori tra Papato e Impero nel momento di maggior attrito dopo il Medioevo e, a fasi alterne, in qualità di committenti e collezionisti, allestendo persino una Wunderkammer fatta anche di medaglie, che saranno esposte a fianco alle opere della Galizia, alla mostra che fino al 24 ottobre si terrà al Castello.

Fede Galizia a Trento: il contesto storico

Trento è anche città riorganizzata da Cristofaro Madruzzo sul piano edilizio e urbanistico, proprio in vista dell’ospitalità da garantire ai circa 2mila invitati all’ultima sessione del Concilio, nel 1563. Per l’occasione, arrivarono in città delegati e ambasciatori, il cardinale Osio dalla Polonia, per esempio, legato pontificio che fa riaprire il Concilio, il cardinale di Lorena, e il conte di Luna, Claudio Fernandez Quinones, personaggio cruciale (ne è testimonianza il suo prezioso inventario) per la storia di Trento: oratore di Filippo II al Concilio, ma è anche colui che prese in affitto il piano nobile del Palazzo Roccabruna, lo fece decorare a encausto e richiamò in Trentino i migliori artisti del tempo: Dosso Dossi, il Romanino, e gli scultori, Gian Girolamo Grandi e  Zaccaria Zacchi, Alessio Longhi, insieme a una schiera di intagliatori, stuccatori, argentieri e ricamatori vari. È in questo clima che nasce l’astro di Fede Galizia.

La mostra, curata da Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa, la prima monografica in Italia, dedicata a Fede Galizia, con queste premesse si dimostra promettente sia sul piano dell’aggiornamento storico e biografico, sia per quanto pertiene i raffronti con altre artiste e artisti del periodo. Ampio spazio verrà dato anche al ruolo del padre Nunzio, al repertorio iconografico della natura morta, questione dirimente dal momento che Fede Galizia è stata, insieme a Giovanni Battista Ambrogio Figino, uno dei precursori del genere.

Impaginato in nove sezioni e mediante il confronto con Sofonisba Anguissola, Barbara Longhi e Lavinia Fontana, il progetto espositivo s’interroga non solo sul contesto di Milano e Trento ma anche sulle ragioni per cui la pittura di Fede Galizia piacesse e su quanto abbia pesato essere una donna in quei tempi: se ne parlerà nella sezione “Quando anche le donne si misero a dipingere”, citando Anna Banti. Si chiede inoltre, come lavorasse Fede, prima e dopo il suo trasferimento a Milano, città allora coinvolta nell’epidemia di peste e poi, più felicemente, dall’ondata travolgente della pittura allegorica e caricaturale di Giuseppe Arcimboldi.

Quali sono le ragioni del suo successo e che ruolo ha avuto la vicenda del Concilio? È davvero da quell’episodio che la sua carriera ha preso le mosse? Tante le questioni cui la mostra tenta per la prima volta di rispondere, attraverso non poche opere, circa 80, tra dipinti, disegni, incisioni, medaglie e libri antichi. Oltre a quelle di Fede, ci saranno opere di Plautilla Nelli, Sofonisba Anguissola, Lavinia Fontana, Barbara Longhi, Giuseppe Arcimboldi, Bartholomeus Spranger, Giovanni Ambrogio Figino, Jan Brueghel e Daniele Crespi. Una ricchezza di prestiti provenienti dai più importanti musei italiani e stranieri: Brera e il Castello Sforzesco, gli Uffizi e l’Accademia Carrara di Bergamo, Palazzo Rosso di Genova, la Fondazione Cini di Venezia, la Galleria Borghese di Roma, il Muzeum Narodowe di Varsavia, il Ringling Museum of Art di Sarasota, il Palacio Real de la Granja di San Ildefonso, oltre che dal collezionismo privato.

Il mistero della nascita e il tema della Giuditta: la parola a Jacopo Stroppa

Abbiamo raggiunto Jacopo Stoppa, uno dei curatori, per approfondire alcuni argomenti.

Perché è ancora controversa la nascita di Fede Galizia? Non ci sono documenti che la attestano con certezza?

«No, non ci sono ancora dati incontrovertibili. Non si sa neppure dove sia nata, se a Milano o a Trento. Le prime attestazioni a stampa delle sue capacità sono del 1587, ma addirittura potrebbe esserci una sua miniatura datata 1584. La data di nascita al 1577-78 si ricava da un’iscrizione posta sul suo ritratto (in mostra) più celebre e celebrato, quello dell’Ambrosiana di Milano raffigurante il gesuato Paolo Morigia, ma si è dimostrato da tempo che l’iscrizione non è attendibile».

Perché il tema della “Giuditta” è una peculiarità della sua pittura? Dobbiamo immaginare una ripresa del tema iconografico in riferimento a una nuova coscienza femminile, nata sulla scorta della sensibilità umanistica nei confronti dell’essere umano che in pittura rispondeva all’attenzione verso il ritratto? Penso, per esempio, alle svariate incisioni del periodo di eroine quali Giaele, Dalila e Giuditta, appunto, donne che hanno trasgredito alla regola dell’obbedienza al silenzio.

«Fede Galizia come altre donne pittrici affronta il tema di eroine bibliche trionfanti, in particolare si concentra su Giuditta che decapita Oloferne. Si conoscono ben sei redazioni del soggetto. È vero che molte artiste che si affacciano alla professione di pittrici si cimentano su questo tema o su temi analoghi, che comunque erano praticati anche dai pittori: basti solo la Giuditta che il Caravaggio realizza più o meno alle stesse date, oggi a Roma a Palazzo Barberini, ben più cruenta di quelle di Fede [e sullo stesso tema, il dipinto di Artemisia Gentileschi, reso con la stessa caravaggesca crudezza, e l’opera in mostra di Lavinia Fontana, nda.]. Difficile dire se questo coincida con una sorta di aspetto protofemminista delle pittrici, ma sicuramente è una ricorrenza significativa».

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