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Raffaello e Fra Bartolomeo: la mostra alla Pinacoteca Vaticana
Arte antica
In un periodo in cui è ancora inimmaginabile organizzare una mostra di grandi proporzioni, per via degli ingenti costi a fronte delle numerose incertezze derivanti dalla pandemia, i Musei Vaticani e le Gallerie degli Uffizi presentano un progetto di piccole dimensioni che però si traduce in un livello scientifico superlativo. Il paradosso è proprio che questa sinergia tra istituzioni museali titaniche trovi la sua splendida espressione in pochi metri quadrati: “I Santi Pietro e Paolo di Raffaello e Fra Bartolomeo”, ospitata nella sala XVII della Pinacoteca Vaticana a partire dal 25 settembre, inserita nel normale percorso di visita dei musei, ruota intorno a due tavole che raffigurano i santi patroni della città di Roma, commissionate a Fra Bartolomeo per la chiesa romana di San Silvestro al Quirinale. Al suo rientro a Firenze, una delle due, il San Pietro, era solo abbozzata con il disegno e qualche parte di colore. Ora, grazie a un’importante opera di restauro iniziata nel 2019, arriva la conferma che a portare a termine la tavola fu Raffaello. Nonostante la critica ne facesse menzione già nel Cinquecento (Vasari), la sicurezza sull’attribuzione all’urbinate è potuta arrivare solo dopo una scrupolosa indagine scientifica, agevolata dallo slittamento della mostra, inizialmente prevista per l’autunno del 2020, che ha permesso di condurre un restauro più lungo e approfondito.
L’iniziativa si colloca dunque ancora all’interno delle celebrazioni del cinquecentenario della morte di Raffaello che, seppure funestato da numerose chiusure, ha prodotto comunque ottimi risultati in termini di qualità dei progetti.
Come ha sottolineato la Direttrice dei Musei Vaticani Barbara Jatta in sede di presentazione, questa è una mostra che si può declinare sotto diversi punti di vista, da quello scientifico a quello devozionale. Intanto si tratta di un’occasione unica per vedere due opere solitamente non fruibili dal grande pubblico in quanto collocate all’interno dell’Appartamento Pontificio delle Udienze del Palazzo Apostolico. L’ultima volta furono esposte nella mostra su Raffaello del 1984.
L’elemento particolarmente suggestivo per gli storici dell’arte, come per i semplici amatori, è che le due tavole sono esposte insieme ai due cartoni preparatori a grandezza naturale e ad alcuni disegni con gli schizzi iniziali: si tratta di un aspetto estremamente affascinante che permette di comprendere il processo creativo nei suoi diversi stadi evolutivi, dalla genesi all’opera finita. È il risultato della collaborazione con gli Uffizi che custodiscono i preziosi disegni: durante il restauro delle tavole, è maturata l’idea di chiedere al museo fiorentino queste opere, richiesta poi concretizzata e che ha permesso ai due team di lavorare congiuntamente per la realizzazione di questa mostra.
Se la luce dei riflettori si accende naturalmente su Raffaello, Eike Schmidt, Direttore degli Uffizi, nella conferenza stampa di presentazione pone giustamente l’attenzione anche su Fra Bartolomeo e sul suo ruolo di rappresentante della scuola pittorica sviluppatasi nel convento domenicano di San Marco a Firenze, essendo questo 2021 un’altra ricorrenza, l’ottavo centenario della morte di San Domenico. Un importante centro culturale, nato sugli insegnamenti mezzo secolo prima di un altro frate pittore, Beato Angelico, che è stato punto di riferimento per molti artisti che hanno segnato una parte importante di Rinascimento a Firenze, come Mariotto Albertinelli.
Il rapporto tra Fra Bartolomeo e Raffaello è un tema che è stato molto sviluppato dalla critica e si basa sulla frequentazione che iniziò tra i due, di cui fa menzione sempre Vasari, quando l’urbinate arrivò a Firenze nel 1504 per studiare da vicino Michelangelo e Leonardo.
Si è trattato certamente di un incontro caratterizzato da una forte affinità intellettuale e da un reciproco arricchimento: il giovane Raffaello, nella sua voracità culturale che lo portava a studiare, per poi metabolizzare e superare, ogni pittore che incontrasse, avrà per esempio apprezzato la posata monumentalità delle figure di Fra Bartolomeo, vicina tra l’altro a quella del suo maestro Perugino. Viceversa, il domenicano fu certamente stimolato da più punti di vista da Raffaello, con cui condivideva un’impostazione intellettuale inquieta e in continua ricerca.
Un confronto tra le due tavole esposte in questa mostra gioca comunque a favore di Raffaello: l’opera di Fra Bartolomeo, seppur straordinaria come fattura e aggiornata alle istanze più moderne della pittura fiorentina, tradisce le sue radici quattrocentesche. Quella dell’urbinate rappresentava in quel momento il futuro, con un anticipo di almeno duecento anni considerando la pennellata così rapida, ampia, quasi settecentesca.
Sia Barbara Jatta che Eike Schmidt, pur senza scendere nei dettagli, hanno confermato che questa felice collaborazione tra Musei Vaticani e Gallerie degli Uffizi avrà un seguito: visto i presupposti di questo progetto, non resta che attendere con trepidazione.