02 settembre 2022

A Kassel, una mostra clandestina per protestare contro Documenta

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Continuano le polemiche sulle presunte posizioni antisemite di Ruangrupa, collettivo che ha curato Documenta 15: a Kassel, un artista israeliano apre una mostra clandestina in uno scantinato

I. S. Kalter in Kassel, 2022. Photo courtesy the artist

Non accennano a placarsi le acque intorno a Documenta: la manifestazione è stata contestatissima per le presunte posizioni antisemite espresse dei membri di Ruangrupa, il collettivo indonesiano che ha curato questa quindicesima edizione. Nelle scorse settimane abbiamo avuto modo di seguire le varie vicende, non sempre immediate da districare, dagli episodi di vandalismo perpetrati da individui appartenenti a gruppi di estremisti politici, alle dimissioni della direttrice Sabine Schormann a seguito di una interrogazione parlamentare. Questa volta, a ormai meno di un mese dalla chiusura, I.S. Kalter, artista e curatore originario di Tel Aviv, fondatore dell’artist run space itinerante Ventilator e attualmente impegnato in un programma di residenza a Düsseldorf, ha allestito una mostra a Kassel, nella cantina di un appartamento affittato su Airbnb, per protestare contro l’esclusione di rappresentati dell’arte e della cultura israeliane dall’esposizione e dai progetti di Documenta.

I. S. Kalter, Bad Breathe, Installation view. Photo courtesy the artist

La mostra, intitolata “Bad Breath”, presenta una serie di otto disegni in grafite su carta, realizzati durante il periodo del primo lockdown a causa del Covid, nel 2020. Nelle opere sono ritratti volti grottescamente atteggiati, ognuno con la lingua bene in vista. Le figure sono circondate da oggetti quotidiani, come interruttori della luce e radiatori, e ogni disegno è accompagnato da una frase in yiddish che l’artista ha sentito dal nonno, sopravvissuto all’Olocausto. Ad accompagnare la mostra, una soundtrack di 36 composizioni per pianoforte, composte dall’artista nel 2006, al ritorno dalla seconda guerra del Libano come militare.

I. S. Kalter, The New York Times (2020–22). Photo courtesy the artist

«Non c’è alcuna rappresentazione dell’arte ebraica o israeliana in Documenta 15, forse non è stato fatto apposta oppure potrebbe trattarsi di un boicottaggio culturale. Non lo so. Pertanto, ho deciso di essere fisicamente presente a Kassel», ha detto I.S. Kalter in una nota. Per una scelta curatoriale, il collettivo Ruangrupa ha scelto di non pubblicare una elenco completo dei partecipanti alla mostra ufficiale. Così Kalter ha pubblicato un falso annuncio sui social media, utilizzando la grafica ufficiale di Documenta, nel quale annunciava la sua partecipazione a Documenta.

 

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«Se non esiste un vero elenco di partecipanti, allora tutti sono potenziali partecipanti», ha spiegato Kalter, che ha inoltrato un falso invito a curatori, giornalisti e anche ai curatori di Documenta e all’organizzazione. «Seguono le mie storie su Instagram, Documenta 15 ha messo mi piace a uno dei miei post, ma hanno comunque scelto di non impegnarsi in alcun dialogo», ha detto l’artista ad Artnet News.

1 commento

  1. Se l’articolo narra le reali intenzioni dell’artista, ci troviamo dinnanzi all’ennesimo lupo travestito da agnello che performa ‘l’escluso’ e il ‘poverino’ ad una Documenta XV che tuttavia non è un Risiko del presenteismo geopolitico. Forse dovremmo accettare che chi è presente è presente, gli altri non sono esclusi. Inoltre, chi è presente è stato coinvolto da un gruppo curatoriale che ha elaborato negli anni, dei metodi e delle pratiche precise, oltre che ad una vasta rete di relazioni (forse geopoliticamente scomode). In particolare, sarebbe tempo di accettare il fatto che gli artisti Palestinesi possono presentare le loro pratiche senza andare necessariamente in tandem con una rappresentanza Israeliana, ovvero, esistono a prescindere da Israele. So che è un concetto difficile ma forse è ora di cambiare occhiali e accettare che l’identità e le istanze di un popolo possono scollarsi dai loro aguzzini.

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