01 dicembre 2021

L’archivio storico di Malta trasformato in un parco giochi interattivo

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Allo Spazju Kreattiv di La Valletta, Alex Urso trasforma le immagini di un archivio storico di Malta in sculture interattive e opere in realtà aumentata

Untitled (Past Continuous), 2021. © Alex Urso

Passeggiare negli spazi della nuova mostra di Alex Urso a Malta equivale a “navigare” nei ricordi di qualcuno che non sei tu. Eppure sono ricordi che parlano anche di te e della tua esperienza personale. Sì, perché “Past Continuous” – questo il titolo della rassegna, in corso fino al 5 dicembre presso Spazju Kreattiv – Centre for Creativity di La Valletta – è un omaggio alla memoria personale e allo stesso tempo popolare maltese, vista attraverso gli occhi dell’artista italiano. Una mostra in cui privato e universale si incontrano, accompagnando i visitatori in un “viaggio” che è prima di tutto un’occasione di confronto con sé stessi, e con la comunità locale.

Untitled (Past Continuous), 2021. © Alex Urso.

Non è la prima volta che Urso decide di mettere le mani nei “cassetti” della storia, interpretando attraverso le tecniche del collage, del diorama e dell’installazione, immagini e frammenti visivi appartenuti al passato. Quello che qui cambia, tuttavia, è l’impiego di tecnologie fino a oggi estranee alla sua ricerca. Oltre al rapporto “fisico” con lo spazio, messo in atto attraverso l’allestimento di sculture e opere a parete, l’artista include infatti nel percorso espositivo proiezioni di grande formato e lavori in realtà aumentata (che diventa realtà ampliata): elementi, questi, che rendono l’esperienza immersiva e accattivante da più punti di vista.

Untitled (Past Continuous), 2021. © Alex Urso.

Curata da Margerita Pulé, “Past Continuous” nasce dal confronto tra Alex Urso e la straordinaria collezione messa insieme dalla fondazione Magna Żmien – archivio storico nato nel 2017 e dedicato alla raccolta di materiale audiovisivo relativo alla comunità maltese. Obiettivo del progetto (avviato tramite un confronto a distanza nove mesi fa, in piena pandemia) era rendere il patrimonio della fondazione più accessibile al pubblico, soprattutto a quello più giovane, trasformando le immagini d’epoca in elementi vividi e interattivi. Presupposti senza dubbio raggiunti dalla mostra finale, suddivisa in quattro serie di lavori principali.

Untitled (Past Continuous), 2021. © Alex Urso.

A catturare l’attenzione del visitatore sono prima di tutto i collage in realtà aumentata collocati alle pareti del museo. Si tratta di circa venti stampe di varie dimensioni. In ognuna di esse una foto storica dell’archivio si presenta agli occhi del pubblico sotto nuova veste. I soggetti originariamente ritratti nella scena sono infatti “cancellati” dall’intervento di Urso, rimpiazzati da silhouette bianche che rendono questi uomini, donne e bambini del passato delle presenze “fantasma”. In chiave cult-popolare, sembra di essere circondati dai parenti di Marty McFly: quello che qui si mette in atto è un vero e proprio viaggio indietro nel tempo.

Untitled (Past Continuous), 2021. © Alex Urso

Chi sono queste figure anonime davanti a noi? L’assenza di una risposta contribuisce a elevare il grado di poesia e di enigmaticità delle opere, ma basta posizionare il proprio dispositivo davanti al quadro per vedere queste persone del passato ricomparire ai nostri occhi grazie alla realtà aumentata. Ponendo il proprio smartphone di fronte all’immagine, infatti, i soggetti si “materializzano” all’interno della composizione. Un effetto che invita a riflettere sul valore della tecnologia nella trasmissione della memoria collettiva.

A dialogare con queste immagini effimere è la serie di filmati proiettati in loop. Si tratta di frammenti di video, estratti da Urso dall’archivio Magna Żmien e ripetuti all’infinito.

Mostra di Alex Urso a Malta
Alex Urso, Past Continuous. Spazju Kreattiv, La Valletta. Ph Elisa von Brockdorff

Quelli scelti dall’artista sono filmati per lo più risalenti agli anni Sessanta, Settanta e Ottanta – anni successivi all’Indipendenza nazionale – e richiamano alla memoria domeniche in famiglia, eventi privati, momenti intimi catturati da una vecchia macchina da presa. Selezionate, rallentate e proiettate alle pareti, le immagini in movimento dialogano e si sovrappongono tra loro, incastrandosi allo stesso modo con i collage e i tre diorami (preziosi box tridimensionali) che caratterizzano il percorso espositivo. Il risultato è sorprendente: è come attraversare un album di ricordi amplificato, all’interno del quale ogni dimensione sensoriale è coinvolta. Un “viaggio” ricco di stimoli e memorie tanto intime quanto universali.

Alex Urso, Past Continuous. Spazju Kreattiv, La Valletta. Ph Elisa von Brockdorff

Infine, spazio alle grande installazione sparsa sul pavimento delle sale. Realizzato nel corso delle due settimane di residenza trascorse da Alex Urso presso il nuovo centro Valletta Design Cluster, il lavoro comprende 900 cubi di carta di piccole dimensioni, ognuno dei quali contenente un’immagine fotografica dell’archivio. Si tratta di oggetti da toccare, e con i quali interagire. Accatastati fino a formare “piramidi” in stile Lego, o sparsi al suolo come una sorta di mosaico tridimensionale, questi blocchi di carta (realizzati a mano e firmati uno a uno dall’artista) traduco la foto storica, bidimensionale, in oggetto 3D. Le intenzioni di questo ambizioso intervento sono così illustrate dall’autore: «L’obiettivo di questa installazione è consentire al pubblico, soprattutto a quello più giovane, di conoscere l’immagine storica da ‘lati’ differenti, scoprendo ‘facce’ nascoste e combinandole di volta in volta con altre immagini. Il risultato è un grande playground che rende vivo, fisico e tangibile l’archivio, invitando il pubblico a interagire e a ‘giocare’ con la memoria storica collettiva».

Diorama. Untitled (Past Continuous), 2021. © Alex Urso

Nel complesso, “Past Continuous” è un eccellente esperimento capace di restituire nuova linfa al patrimonio storico dell’archivio Magna Żmien. Un patrimonio che appartiene prima di tutto alla comunità, e che alla comunità deve parlare. Anche grazie alla mediazione dell’arte.

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