10 luglio 2022

Dalla parte del drago #32: Sovrane lettrici

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Divoratrici di pagine; algide e silenziose; all'aperto o nei parchi; distese su letti, sedute a tavolini di caffé o in treno: la lettura nell'arte, immortalata grazie ad una serie di figure femminili

Henri Matisse, Donna che legge con parasole, 1921, Olio su tela, 62x73 cm

La giovane donna che legge una lettera di Johannes Vermeer sembra quasi triste e così assorta che vien da chiedersi cosa sia scritto su quella carta. Riflette, riflessa in un’elaborata finestra aperta verso l’interno sopra una sedia di cuoio messa nell’angolo. Si staglia sullo sfondo del muro grigio che ha appeso un quadro raffigurante cupido; è inquadrata da due tende di colore diverso e da un letto su cui sono posati un tappeto arruffato e una natura morta messa per obliquo. L’atmosfera pacata e silenziosa facilita di certo la lettura. Anche la mamma di Rembrandt legge un grande libro a distanza ravvicinata che vien da pensare che abbia problemi di vista o altri deficit di sorta. Correva l’anno 1630 e a quanto pare la lettura durò fino all’anno successivo perché nel ’31 la ritroviamo con un altro grande libro (che sia addirittura lo stesso?) e un fare corrucciato ben diverso, dovuto forse al comprensibile affaticamento di chi legge molto.

Johannes Vermeer, Donna che legge una lettera davanti alla finestra, 1657, Olio su tela, 83×64,5 cm

Frans Van Mieris De Oude spia una donna che scrive nel 1680, osservata anche da un’altra ambigua femminile presenza e nella totale indifferenza del cane dormiente disteso su un comodo sgabello di velluto verde. Verde è anche il vagone nel quale è immersa la lettrice in treno di Edward Hopper, con l’abito scuro e il viso in penombra per l’ampio cappello che indossa, e nel silenzio tipico del maestro pare a suo agio e decisamente coinvolta. Posato sta invece il cappello di un’altra lettrice che ci regala Matisse, immortalandola dietro un tavolo di legno in una posa storta, a braccio consorte, con un grande anello ben in vista.
Divoratrice di romanzi è la donna incontrata da Vincent Van Gogh che, con le dita affusolate come fossero un segnalibro e la scoliosi di chi sta tanto chino sui libri, sembra essersi tanto dedicata al suo hobby da essersi immedesimata deformandosi. I contorni netti danno segno di rigore e la grande libreria, munita addirittura di scala, suggerisce che c’è ancora tanto da fare.

Giacomo Balla, Lettura della mamma, 1905, Olio su tela, 128×89,5 cm

La Lettrice di Charles Burton Barber ha il bellissimo volto di profilo illuminato e un orecchino giallo floreale che fa pendant con la fantasia della tazzina in primo piano e sembra non accorgersi di chi la ritrae, a differenza del suo carlino, tenuto in braccio, che ci osserva impaurito e perplesso. Le donne che leggono sono pericolose, come si intitolava un libro del 2007, ormai quasi introvabile.

Fernando Botero, Donna che legge, 2002, Pittura su tela

E come potrà mai leggere dopo il ballo del 1895 la donna di Ramòn Casas y Carbo? Chissà dove sarà con la mente. Giacomo Balla, che in questo caso doppiamente c’entra, ritrae la signora Anetta Pardo nel giugno del 1905 che legge Topinino alla figlia Nella, che nel frattempo intenta la osserva. Sono entrambe sul divano, agghindate con eleganza, il tratto è quello segmentato del periodo divisionista che per tutti gli anni dieci lo caratterizza, prima di passare a quello futurista. Leggendo si arriva anche a Cagnaccio di San Pietro che nel 1926 immortala una lettrice in maglietta bianca dall’ampio collo rosso, in un contesto neutro, ben diverso da quello che abbiamo appena visto. Per mano di Alexander Deineka è la Lettrice più concentrata che, sostenuta da una tazza di caffè, regge a sua volta il libro con le lunghe dita. Lo sfondo è rosso come i fiori sul davanzale a fianco. E’ bello andare a letto con un buon libro, o quantomeno con qualcuno che ne ha letti tanti, avrà pensato la donna di Botero, nuda, che legge nel letto di traverso. Ha una gamba alzata che lascia intendere un piacevole coinvolgimento e l’abbondanza delle forme del corpo fa intuire uno stile di vita piuttosto sedentario.

Antonio Donghi, Le villeggianti, 1934, Olio su tela, 112×60 cm

Allora per chiudere e legarci all’immobilità, vale la pena di disturbare le Villeggianti di Antonio Donghi. Due signore chiacchierano in una dimensione onirica. Una seduta su un muretto guarda l’altra in piedi che osserva il paesaggio, reggendo un ombrello. Entrambe hanno la gonna lunga che non dà spazio a fantasie distorte e ai loro piedi stanno sobrie scarpe bianche, con il tacco alto. Tutto ordinato, netto, pulito, e che belle le forme, che belli i colori intorno: è la magia del realismo. Ma dove sta il libro arancio in tutto questo? Chiuso sulle gambe, ben stretto dalle mani lunghe.

Nicola Mafessoni è gallerista (Loom Gallery, Milano) e amante di libri (ben scritti). Convinto che l’arte sia sempre concettuale, tira le fila del suo studiare. E scrive per ricordarle.
IG: dallapartedel_drago

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