16 giugno 2020

Francis Alys torna alla Biennale di Venezia, questa volta per il Belgio

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Biennale d’Arte Contemporanea 2022: per il suo padiglione, il Belgio si affida a Francis Alys, un veterano della manifestazione in Laguna. Ripercorriamo le sue opere

Francis Alys, Paradox of Praxis 1 (Sometimes Making Something Leads to Nothing)
Francis Alys, Paradox of Praxis 1 (Sometimes Making Something Leads to Nothing)

Anche se spostata di un anno, al 2022, la Biennale d’Arte Contemporanea di Venezia continua a comporre la sua formazione e, questa volta, tocca al Belgio annunciare l’artista del suo Padiglione: Francis Alys, un vero veterano della manifestazione in Laguna. L’artista nato nel 1959 ad Anversa ma da diversi anni residente a Città del Messico, ha infatti già partecipato a diverse edizioni della Biennale, sia nel padiglione principale, nel 1999, 2001 e 2007, che in un padiglione nazionale, quello dell’Iraq, nel 2017. Senza contare che, a Venezia, un giovanissimo Alys ci andò anche a studiare.

A curare il progetto di Alys alla Biennale di Venezia sarà Hilde Teerlinck, già curatrice della Fondazione Han Nefkens di Barcellona. La giuria, composta da cinque membri del Dipartimento di Cultura, Gioventù e Media del governo fiammingo, ha scelto Alys tra una rosa di sei candidati, tra i quali la coreografa Anne Teresa De Keersmaeker e gli artisti Kasper Bosmans e Jan De Cock.

Passeggiata tra la vita e le opere di Francis Alys

Nato Francis de Smedt e cresciuto ad Herfelingen, a circa 40 chilometri da Bruxelles, ha studiato prima storia dell’architettura, presso l’Istituto di architettura Saint-Luc di Tournai, quindi ingegneria, allo IUAV di Venezia, dal 1983 al 1986. In quell’anno si trasferì a Città del Messico, per espletare il servizio civile, nell’ambito delle operazioni di soccorso internazionali per il disastroso terremoto del 1985, che provocò più di 10mila vittime. Vi rimase per due anni, partecipando alla progettazione e alla costruzione di opere pubbliche.

Alla fine di questo periodo, cambiò nome in Alys per sfuggire alla burocrazia belga, solo in seguito sarebbe diventato anche il suo nome d’arte. «Sono entrato nel campo dell’arte per caso, una coincidenza di questioni geografiche, personali e legali, un misto di noia, curiosità e vanità, hanno portato alla mia attuale professione», così Alys spiega i suoi esordi.

La pratica di Alys si definisce attraverso l’utilizzo di diversi media, dal video alla fotografia, fino alla performance, passando per l’installazione ambientale, per raccontare, tra documento ed elaborazione estetca, tutti i diversi modi in cui i grandi eventi storici e la vita quotidiana delle persone riescono a entrare in contatto e, spesso, in contrasto. Flâneur delle aree marginali e delle zone di frattura, nella sua ricerca la passeggiata acquista valore formale e rappresentativo, da The Collector, opera del 1991, per la quale trascinò un piccolo cane giocattolo attraverso Città del Messico, fino a The Leak, nel 2004, quando camminò lungo la cosiddetta Linea Verde di Gerusalemme, cioè la linea di demarcazione stabilita in base all’armistizio arabo-israeliano del 1949, che servì come confine dello Stato di Israele fino alla Guerra dei Sei Giorni del 1967.

Francis Alys, When Faith Moves Mountains, 2002

When Faith Moves Mountains, del 2002, è una delle sue opere più conosciute. In questa occasione, Alys reclutò circa 500 volontari nel distretto di Ventanilla, Lima, in Perù. Ognuno doveva spostare una pala di sabbia da un lato all’altro di una duna, così da cambiare la posizione dell’intera duna, un pezzo alla volta. Alÿs ha anche collaborato con il regista Alejandro González Iñárritu per la rielaborazione del materiale girato per la preparazione di Amores Perros. Da questo lavoro è nata un’installazione intitolata Amores Perros – El Ensayo (Amores Perros – The Rehearsal) presentata a Berlino nel 2002. Le scene mostrate su numerosi monitor e proiezioni nello spazio espositivo non provenivano dal film ma da ore e ore di video scartati, clip di casting e prove.

Francis Alys, REEL UNREEL, Kabul, Afghanistan, 2011

Per la sua opera REEL-UNREEL, realizzata nel 2011 e presentata anche nella ampia personale al museo Madre di Napoli, realizzata in collaborazione con il regista Julien Devaux e l’architetto Ajmal Maiwandi, ha ripreso il viaggio di una bobina di film attraverso le strade di Kabul, in Afghanistan, per riflettere sull’impossibilità di rappresentare l’esperienza della guerra. Nel 2002 presentò anche un’opera per il Castello di Rivoli, Matrix.2, un progetto di arte pubblica, a cura di Carolyn Christov-Bakargiev, da fruire seguendo una voce via telefono (la voce in italiano era di Andrea Viliani).

Il progetto alla Biennale di Venezia

Nel 2017, venne scelto tra gli artisti incaricati di esibirsi nel padiglione dell’Iraq, per il quale ha esposto un’opera su un campo profughi. Secondo quanto anticipato dal quotidiano De Tijd, Per il padiglione del Belgio Alys affronterà argomenti simili, con un nuovo lavoro sviluppato dal suo video Children’s Games #19: Haram Soccer, dedicato ai bambini iracheni che praticano uno sport vietato dall’ISIS. «Francis Alys si occupa di storia e attualità in modo coinvolgente, sia durante la creazione che durante la presentazione, la giuria attende con fiducia una forte esposizione, nello spazio concentrato del padiglione del Belgio alla Biennale di Venezia 2022», si legge nelle motivazioni della giuria.

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