26 aprile 2022

Hana Miletic, Soft Ties – BASEMENT

di

Hana Miletić pone attenzione a quei materiali che curano e sostengono le piante ferite, creando un’atmosfera sospesa, che sfoca i contorni e dilata il tempo

Hana Miletić, Soft Ties, BASEMENT ROMA

Quelli individuati da Hana Miletić, sono dei “morbidi legami” sparsi sul territorio, ma, soprattutto, sono dei dettagli che puntualizzano e comprovano un delicato agire. Sono dei landmark che manifestano un’attenzione, una cura, che lei riconosce, estrapola ed evidenzia. Scontornando il dettaglio, Hana Miletić ri-costruisce uno scarnificato paesaggio minimale dove sono lasciate in essere solo le principali coordinate relazionali che, eliminando il contesto, rimarcano il “rammendo”, la volontà di riparare, di aggiustare.

“Soft Ties”, la prima personale in Italia dell’artista, allestita fino al 6 maggio negli spazi di Basement Roma, danno, in questo modo, forma a una foresta di tracce nella quale perdersi, per ricostruire, mentalmente e intimamente, le azioni, i luoghi, le storie di ogni singolo elemento. Nata a Zagabria nel 1982, e trasferita a Bruxelles, l’artista croata, attraverso la tecnica della tessitura, enuncia un racconto ampio e antico, politico e sociale, individuale e collettivo, che affonda i suoi etimi in un passato lontano. Poiché la tessitura, tecnica antica, i cui modelli cambiano molto più lentamente rispetto agli altri modelli sociali, percorre e affianca da sempre il cammino dell’uomo di ogni parte del mondo, e riferisce di scambi, di biografie, di società e socialità, di piccole quanto di grandi comunità. E, infine, dando forma ai diversi capi di abbigliamento che ogni individuo indossa, interviene nel delinearne il profilo sociale quanto l’espressione della sua indole.

Hana Miletić, Soft Ties, BASEMENT ROMA

Come Yinka Shonibare tracciava le rotte commerciali dei tessuti, per rimarcare quelle degli schiavi, o Ibrahim Mahama segnava le speranze dei migranti con i sacchi di juta, Hana Miletić consegna alle trame della tessitura un ruolo sociale (finanche politico e ambientale) di indiscusso valore. Un prendersi cura che solo con dedizione, e col tempo e nel tempo, può concretizzarsi. Principio che è il fondamento di tutto quello che è realizzato a mano. Con i lavori creati per questa mostra, che proseguono quanto avviato con Materials nel 2015, Hana Miletić si sofferma sugli interventi che le persone compiono per riparare delle cose vecchie o rotte, anziché sostituirle con qualcosa di nuovo. Gesti nei quali ravvisa il desiderio di preservare piuttosto che sostituire, veloce prassi che caratterizza la nostra epoca, evidenziando quelle silenziose forme di solidarietà -soprattutto nello spazio pubblico- che, poco visibili, sussistono intorno a noi. Un po’ come trattenere, tenere per sé, la saldatura del kintsugi. Prendendo come punto di partenza le fotografie da lei scattate, nello spazio urbano, a questi atti di riparazione, li ricrea servendosi, appunto, della tessitura, utilizzando fili principalmente recuperati, frammezzandoli con fibre di legno o fili di poliestere. Nello specifico della mostra romana, Hana Miletić pone particolare attenzione a quei materiali (come teloni, nastri adesivi, lacci di nylon) che curano e sostengono le piante ferite, aggiungendo anche quell’illuminazione blu, tipica per favorire la fotosintesi, creando, in questo modo, un’atmosfera sospesa, ovattata, pressoché onirica, che sfoca i contorni e dilata il tempo.

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