14 giugno 2022

L’emozione che ci guida: intervista inedita con Letizia Battaglia

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«Concludo la mia vita con un po’ di tristezza, ma sono felice. Anche se ho avuto, credimi, tanti tanti problemi, posso dirmi stupidamente contenta»: le ultime parole inedite di Letizia Battaglia, affidate all'artista Concetta Modica

Letizia Battaglia, foto e courtesy di Francesco Pantaleone

Ho avuto la fortuna di ascoltare, con non poca commozione, una delle ultime interviste di Letizia Battaglia affidata all’artista Concetta Modica. L’intervista, ambientata in riva al mare, si svolge con una naturale scansione di ricordi, evocati dalle onde.

Così Letizia Battaglia parla dei suoi primi lavori e delle sue prime suggestioni: «La prima suggestione, accadde quando abitavo a Milano: mi ero rifugiata lì e il mio compagno cominciava a fare il fotografo. Avevo una macchina fotografica in mano, andai ad una mostra e vidi una donna dai capelli biondi con un telefono per strada». La fotografa racconta che dopo aver scattato la foto della donna, sbagliò a sviluppare le foto, fissandole in acqua calda. Tuttavia proprio questo errore produsse una strana patina a pois, una sorta di maculazione della superficie fotografica, tale da renderle ancora più interessanti all’occhio dell’artista e sottolineandone l’unicità scaturita dalla casualità di quell’evento.

Ripercorrendo per grandi tappe questa avvincente storia d’amore con l’obbiettivo, Letizia Battaglia racconta uno degli incontri più importanti della sua vita: quello con Pier Paolo Pasolini. «Durante un evento incontrai Pier Paolo Pasolini ed io ero li pazza, innamorata, scattai una ventina di foto, lo amai, mi fu attaccato a Milano. Da lui decisi di diventare fotografa perché era bello occuparsi di lui. Non mi degnava di uno sguardo, ma io con la macchina fotografica, avevo lui». Con molta emozione la fotografa ha raccontato di aver ultimamente donato i suoi scatti al Centro Studi Pier Pasolini di Casarsa della Delizia. «Ora io dopo tanti anni regalo queste foto a Casarsa, riporto Pasolini da sua madre, la fondazione è nella casa della madre. è una cosa che mi commuove molto. La fotografia non è solo quelle sciocchezze che vediamo oggi, non è solo reportage, è anche qualcosa di intimo, di privato, la fotografia fa parte di me. asseconda i miei bisogni. Io con la fotografia esprimo le mie necessità, le mie passioni, le mie paure».

È sempre l’emozione che guida produzione fotografica dell’artista che comincia a scattare senza conoscere il suo strumento, ma assecondandolo, domandolo con leggerezza: «Uso la macchina fotografica e lei mi asseconda, faccio errori enormi di impostazione…ma poi le cose vengono. Si cresce…si elabora, si soffre, si fanno tanti incontri».

Letizia Battaglia, foto e courtesy di Francesco Pantaleone

Nel 1975 partita da Palermo verso Venezia la fotografa si prepara ad accogliere l’incontro che avrebbe cambiato la sua vita, quello con Robert Wilson. Il regista e drammaturgo statunitense era quell’anno a Venezia per lo spettacolo Einstein on the Beach, il primo e più lungo spartito per opera di Philip Glass che ha una durata approssimativa di cinque ore da eseguire senza interruzioni. Letizia ne rimane folgorata.

Proprio in quegli anni realizza alcuni scatti che ritraggono il celebre poeta statunitense Ezra Pound. «Entrammo in un basso di Venezia io ero giovane, disperata e carina. Era in una casa povera, semplice, in un angolo seduto su una sedia. Incontrai il suo sguardo e lui il mio, mentre piangevo. Mi aveva commosso quello sguardo triste. Dentro di me, invece la grandezza e succede che quando incontri la grandezza…diventi meno banale, meno legato alle sciocchezze che ci sono intorno…Non caspico quasi niente di quello che leggo (di Ezra Pound)…ma quando incontro qualche rigo mi dà molto, mi fa un intuire l’universalità di tutto.»

Nella breve ma intensa intervista la fotografia ricorda l’importanza, soprattutto per i più giovani, di avere maestri e dei punti di riferimento: «Serve che ci siano dei maestri, dei punti, io gli ho cercati anche senza trovarli mai, anche per i giovani sarebbe necessario, purtroppo sono molti solo anche dal punto di vista economico. Ai miei tempi quando ci chiedevano una foto ce la pagavano. Ora no, c’è quasi un disprezzo per il fotografo.»

Letizia Battaglia che fotografa Loredana Longo a Palazzo Di Napoli. Diritti privati

Ed è proprio partendo da questa riflessione che Letizia Battaglia propone la stesura e la sottoscrizione di una sorta di manifesto dei fotografi, un documento corale che blocchi il flusso di svalutazione professionale che questa figura sta subendo: «Un manifesto che impedisca ai direttori di editoriali e riviste di pubblicare foto scattate da giornalisti, da un amico. Occorre dare incarichi ai fotografi. Occorre che li mandino a fare servizi all’estero. Occorre dare una somma ai giornalisti, non è possibile che un fotografo venga continuamente umiliato. Dietro un fotografo c’è una storia, una cultura.»

Ma per Letizia Battaglia, che fu anche la fotografa della mafia e della condizione femminile, può una foto cambiare il parere di un gruppo di persone?

«Si qualche foto ha colpito me e ha potuto colpire molti… Mi è venuta in mente una foto, Giovanni Falcone che passa di fronte ai soldati ed io c’ho messo davanti una ragazza nuda che piange. Questa non può cambiare le cose, può emozionare. Avevo paura di esporre donne nude davanti alle foto. Volevo distruggere le immagini di dolore assoluto per inserirci altro di vivo, di carnale, di pianto ma avevo paura. Invece è andata, le ho esposte anche a Liverpool.»

Guidati dal rumore del mare che custodisce le confessioni di chi li si avvicina, l’intervistatrice chiede alla fotografa se e quali sono gli errori commessi nella sua esistenza. Dopo un’inziale esitazione Letizia Battaglia risponde: «Un’ enorme errore è essermi sposata a 16 anni. Non puoi a 16 anni avere figli, assumerti questa responsabilità, volevo scrivere, imparare, mettere dentro di me conoscenza, sapere ed invece dovevo pulire il culo alle mie bambine. È stato bello, drammatico, un rapporto madre figlia non lo puoi interrompere. Io ero figlia femmina, ma non a 16 anni. Errori moltissimi, di valutazione…ma io sono contenta della mia vita. Sono stata una donna che ha lasciato un marito ricco e ha rifiutato gli alimenti, venendo a Milano dovevo lavorare tanto per mantenermi. Amo Milano, l’adoro, mi ha dato tanto, quello che davo riuscivo a prenderlo. In una città come Palermo era complicato. Ora ormai non la vivo più, sono ancora molto offesa dalla gente, che continua a non voler lottare e cambiare le cose, concludo la mia vita con un po’ di tristezza, ma sono felice anche se ho avuto, credimi, tanti tanti problemi posso dirmi stupidamente contenta».

Letizia
Letizia Battaglia con Francesco Pantaleone e Francesco Giordano ai Quattro canti di Palermo, courtesy Francesco Pantaleone

 

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