13 ottobre 2023

Londra: 3 mostre (in galleria) da visitare nel weekend di Frieze

di

Christina Quarles da Pilar Corrias, il giovane Christo da Gagosian, Austyn Weiner da MASSIMODECARLO. Tre proposte da non perdere nei giorni bollenti della super fiera londinese

mostre frieze
Christo: Early Works; curated by Elena Geuna, 2023 Artwork © Christo and Jeanne-Claude Foundation Photo: Lucy Dawkins Courtesy Gagosian

C’è Frieze (London, Masters e Sculptures) a rubare la scena dell’art market, con il meglio dell’arte antica e contemporanea radunato sotto il cielo autunnale di Londra (qui le testimonianze della giornata di preview). Ci sono anche le altre fiere, quelle che strategicamente aprono i battenti nella settimana di frenesia dell’arte internazionale, da 1-54 a PAD London, fino alla nuovissima WIAF (ve ne parlavamo qui). E ci sono gli incanti delle major, Sotheby’s, Christie’s, Phillips e Bonhams in prima linea, hanno visto contendersi le opere delle superstar del mercato, ma anche il flop di un iconico Abstraktes Bild di Gerhard Richter da Sotheby’s, invenduto, stimato £ 16-24 milioni (altri dettagli qui). Vi presentiamo adesso tre mostre sparpagliate in altrettante gallerie della Smoke City, da visitare nel weekend affollato di Frieze. Si parte con Christina Quarles, dal quartiere di Mayfair.

Tripping Over My Joy: Christina Quarles da Pilar Corrias

Pilar Corrias, la prima tappa del nostro tour londinese, nel weekend affollatissimo di Frieze. È Christina Quarles la protagonista assoluta di Tripping Over My Joy da Pilar Corrias (10 ottobre-16 dicembre), la stessa artista che proprio oggi, da Phillips, vedeva aggiudicare il suo Lil’ Dapple Do Ya per £ 508,000. Con sette nuovi dipinti su tela e nove opere su carta (nuove per la sua pratica, e in scala ridotta), la mostra di Quarles inaugura adesso il nuovo spazio della galleria a Mayfair, al 51 di Conduit Street. C’è Los Angeles tra i colori dei suoi dipinti – piscine, tramonti e strisce fitte vengono riproposti come ambienti intricati, creando molteplici strati di significato all’interno dell’opera, una serie di immagini statiche, ma in continuo divenire. Due esempi per tutti, Too Hot to Hoote Burden Of Yer Own Making. Entrambe realizzate con un piano inclinato, per favorire – e indurre – un vero e proprio cambiamento di prospettiva, insieme a un’indagine sempre più profonda attraverso la rifrazione delle immagini, e insieme alle sfaccettature dei contesti psicologici, profondamente emotivi. «Attraverso questo nuovo corpus di lavori continuo a imparare, a fare perno e a cambiare, mettendo continuamente in discussione i processi e le tecniche con cui ho familiarità», spiega l’artista, classe 1985, che nel 2018 vedeva organizzare proprio da Pilar Corrias la sua prima mostra europea. «Da quando ci siamo incontrate per la prima volta nel 2017, la carriera di Christina Quarles è cresciuta in modo esponenziale», conferma la galleria. Solo per rendere l’idea della sua corsa sul mercato, nel 2022 Night Fell Upon Us Up On Us trovava un acquirente da Sotheby’s New york per $ 4,5 milioni, seguita pochi mesi più tardi da Bits n’ Pieces, $ 1,6 milioni toccati senza sforzo, ancora una volta Sotheby’s, ancora una volta tra i grattacieli della Grande Mela. Ha esposto, tra le altre, tra le artiste della Biennale di Cecilia Alemani.

Christina Quarles, Too Hot To Hoot, 2023, Acrylic on canvas, 195.6 x 244.2 x 5.1 cm, courtesy the artist and PilarCorrias, London, and Hauser & Wirth

(Il giovane) Christo da Gagosian, fuori dallo spazio white-cube

Siamo ancora a Londra, ci spostiamo al 4 di Princelet Street, nel quartiere di Spitalfields. Gagosian lancia il primo dei progetti della serie off-site Gagosian Open, un nuovo programma di mostre temporanee situate al di là delle mura della galleria. Il protagonista del debutto: le prime opere di Christo, quelle degli anni ’60 e ’70, che anticipano i lavori monumentali che resero celebre l’artista, da The Pont Neuf Wrapped (Parigi, 1975-85) a The Umbrellas (Giappone-USA, 1984-91), passando per The Floating Piers (Lago d’Iseo, Italia, 2014-16) al postumo Arc de Triomphe Wrapped (Parigi, 1961-2021). La location d’eccezione, per questo nuovo progetto di Gagosian, fuori dal tradizionale spazio white-cube: una casa georgiana nell’East End che appartenne anche a Sir Benjamin Truman – attratto, allora, dalla vicinanza dell’edificio alla fabbrica di birra della sua famiglia. Trattando le idee di movimento, migrazione e conservazione, le opere in mostra evidenziano l’eredità plurale di Christo e la sua esperienza di rifugiato politico, che nel 1956 fuggì dalla Bulgaria comunista e da lì si spostò da Praga a Vienna a Parigi, per poi stabilirsi definitivamente a New York. «Ero l’étranger», diceva, «lo straniero, ero un rifugiato, ero apolide». Un’eco che si ritrova, puntale, nella storia stessa del numero 4 di Princelet Street, una casa che ha ospitato diverse famiglie di immigrati da Irlanda, Polonia e Russia sin dalla sua costruzione nel 1723, anno in cui fu costruita proprio per ospitare rifugiati ugonotti. Dal 6 al 22 ottobre.

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Exterior view, 4 Princelet Street, London E1 6QH. Photo: Lucy Dawkins. Courtesy Gagosian
Christo: Early Works; curated by Elena Geuna, 2023
Artwork © Christo and Jeanne-Claude Foundation
Photo: Lucy Dawkins
Courtesy Gagosian

Austyn Weiner da MASSIMODECARLO con la sua narrazione familiare

Terzo e ultimo pit-stop della nostra rassegna, la mostra dell’artista di Los Angeles Austyn Weiner (dal 10 ottobre all’11 novembre). Il titolo è Blood on Blood, come la canzone di Bruce Springsteen Highway Patrolman che parla dell’amore incondizionato per i propri familiari. Lo stesso tema delle tele di Weiner, in effetti: un’esplorazione profondamente personale delle relazioni, che comprende la famiglia, e insieme i diversi ruoli che Weiner incarna come figlia (la più piccola di 4), sorella, partner. La pratica dell’artista, caotica e carica di emozioni, nasce tra la ripetizione frenetica della musica e le incessanti telefonate ai propri cari. «La mostra può essere intesa come un concept album, con ogni dipinto che funge da traccia, informata dalle abitudini di ascolto di Weiner stesso», spiega Justine Ludwig, direttore esecutivo di Creative Time. «Influenzato dallo stile di scrittura dell’album Nebraska, ogni dipinto della mostra offre una visione e una comprensione distinte, pur unendosi per svelare una narrazione complessiva». C’è Thunder Moon (The Twins), dove l’artista presenta i suoi fratelli maggiori attraverso un dipinto che sembra evocare le ninfee di Monet. Non a caso, si tratta di un dittico: una rappresentazione di due entità che si fondono in un’unica superficie. C’è Six of Us, che riunisce sulla tela tutti i membri del suo nucleo familiare, tutti insieme nello stesso sacco embrionale, abbracciati e avvolti da un liquido giallo brillante. E ancora Whites of my Eyes, che vede protagonista l’artista stessa. Oggi trentenne, Weiner ricorda vividamente un momento della creazione delle opere per questa mostra, quando si guardò allo specchio e «i suoi occhi assunsero una tonalità giallastra. Questo significava la perdita dell’innocenza, la perdita della giovinezza».

Austyn Weiner, Blood on Blood, installation view. Courtesy MASSIMODECARLO
Austyn Weiner, Blood on Blood, installation view. Courtesy MASSIMODECARLO

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