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Mario Capra, il collezionista alchimista: una intervista tra arte e chimica
Arte contemporanea
di redazione
Il programma di residenze artistiche in aziende venete realizzato da 21Gallery, a cura di Cesare Biasini Selvaggi, dopo quella di Antonio Barbieri presso Gioielli Leonardo di Mestre, approda nel settore della chimica industriale di Mario Capra con Elena Ketra. A residenza conclusa, abbiamo intervistato Mario Capra, il collezionista “alchimista”.

Ci traccia un suo profilo professionale e d’impresa?
«Ho iniziato a mantenermi, ancora quando frequentavo il primo anno di università, commercializzando e intermediando antiquariato un po’ di tutte le epoche. Trent’anni fa il mercato era molto diverso, e anche le generazioni giovani dell’epoca avevano una certa conoscenza e cultura inerente l’arte o il semplice arredo. Poi, questo mondo a Treviso si è molto ridotto, fino quasi a scomparire.
Negli anni successivi, pur continuando a lavorare in questo settore, ho girato il mondo e ho avuto modo di conoscere colei che ancora oggi è la mia compagna e con cui lavoro nell’azienda che portiamo avanti oggi, KEM INDUSTRIES, proprietaria dei marchi Biotekno, Bio-Pet, Deter-Box, Saponeria Veneta, Kegea cosmetics, I-B&L Italy Beauty & Luxury, Bio-diet. L’azienda che gestiamo attualmente nasce poco più di vent’anni fa e, inizialmente, si occupava solo di prodotti chimici industriali. Quindi, ci siamo evoluti con l’inserimento di prodotti biologici per la detergenza di casa e la cosmetica. Infine, negli ultimi anni ci siamo spinti verso la produzione di profumeria artistica con nostri marchi e conto terzi.
Da poco, con dei cari amici, abbiamo fondato una distilleria di gin che lavorerà un po’ nella stessa maniera con cui trattiamo la profumeria: produzione di alta qualità a nostro marchio e per conto terzi».
Quando è nato il suo interesse per l’arte?
«Penso che un certo interesse per l’arte ci sia stato fin da piccolo, ma analizzando la mia evoluzione professionale potrei dire che l’approfondimento e lo studio del mondo dell’arte in tutte le sue sfaccettature sia stato quasi “obbligato” per poter svolgere al meglio il mio primo lavoro».

Quando ha iniziato a collezionare? Con quale opera?
«Come chiunque tratta arte per lavoro, il problema è stato il dover vendere le opere acquisite e a volte con estrema difficoltà! Ho mantenuto una piccola collezione di opere che vanno da qualche oggetto di archeologia a dipinti del Trecento, arte africana, oggettistica, tappeti antichi, scultura e opere di artisti contemporanei. Ogni oggetto, soprattutto quelli acquistati in passato, ha un valore che va oltre a quello meramente economico. Normalmente colleziono opere che mi piacciono per tutto quello che è catalogabile fino ai primi del ‘900, mentre per le opere di datazione successiva le motivazioni possono essere anche opposte: devono essere opere che smuovono qualcosa di recondito e quasi infastidiscono. Sinceramente, non ricordo la mia prima opera acquistata, e nemmeno quella che per prima ho tenuto per me».
Qual è stato fino a oggi l’incontro più significativo che ha fatto nel mondo dell’arte?
«Ho conosciuto diversi artisti, ma devo dire che ultimamente sono rimasto molto colpito da Arcangelo Sassolino che è riuscito a rappresentare e a rendere particolarmente percepibile – a chi ha avuto la possibilità di conoscerlo e di vedere le sue opere – tutta la tensione che alcuni eventi hanno rappresentato per la sua vita».
Quali sono gli artisti e le opere che più hanno influenzato in suo percorso nella vita e nell’arte? Ci può descrivere qualche aneddoto?
«Da giovanissimo, e anche ora, rimango estasiato da tutto ciò che l’avanguardia futurista è riuscito a produrre in vari settori del mondo dell’arte e non solo, come la pittura, la scultura, il design, l’abbigliamento, la poesia, il teatro o i motori. È stato un periodo magico, dove un movimento ribelle e anticonformista esaltava il dinamismo della vita moderna, utilizzando linguaggi innovativi e forme espressive audaci.
Da giovane, non potendo permettermi un dipinto originale di aeropittura di Tullio Crali, me ne feci fare una copia perfetta da un copista e lo conservo ancora».
Lei ha aperto la sua azienda a una residenza d’arte con Elena Ketra. Qual è stata la motivazione principale dietro questa iniziativa?
«La motivazione principale penso sia stata quella di mettermi in gioco con un qualcosa di nuovo che non avevo mai fatto. Ritengo anche che i giovani artisti vadano sostenuti e che per le aziende, italiane in particolare, ci dovrebbe quasi essere un obbligo morale a fare ciò in quanto tutte, indirettamente, godono del “bello” e della creatività che viene ispirata da ciò che ci circonda, creato in passato da chi ci ha preceduto».
Come si è svolta la residenza? Come avete interagito?
«La residenza si è svolta con un primo incontro che è stato fin da subito emozionante e di grande feeling reciproco. Non ho chiesto o imposto nulla ad Elena perché volevo che non fosse influenzata, ma che potesse muoversi in piena libertà creativa».
Cosa l’ha colpita della ricerca artistica di Elena?
«Devo dire che di Elena mi hanno colpito particolarmente i concetti che è riuscita a esprimere nella sua ricerca, e che sono in accordo con la visione aziendale in campo di empowerment femminile, inclusione sociale e coscienza del senso di sé. La sua produzione è tutta incentrata su questi argomenti e le sue opere colpiscono allo stomaco».
Quali sono stati gli esiti della residenza?
«Siamo riusciti, posso dire assieme, a sviluppare un bel progetto riprendendo un lavoro di Elena Ketra riguardante l’empowerment femminile espresso dalle Luchadoras (lottatrici di wrestling messicane che si sono imposte combattendo in un mondo prettamente maschile). Abbiamo prodotto una valigetta con un profumo che, nei suoi aromi, ricorda il combattimento delle Luchadoras, inserito in una custodia che simula quella di una pistola».
Cosa le ha restituito questa esperienza sul piano umano e imprenditoriale?
«Dal punto di vista imprenditoriale è stato sicuramente un qualcosa di importante che ha caratterizzato il nostro primo anno come “società benefit”. Dal momento che abbiamo coinvolto anche il personale aziendale, è stata un’esperienza positiva e creativa per tutti. Sul piano umano, invece, posso dire di aver acquisito un’amica con cui, a breve, condivideremo nuovi progetti sia per la società Kem industries con i profumi che per la distilleria di Gin Theriaca Veneta con la produzione di bottiglie a tiratura limitata ideate da Elena Ketra».
Un sogno nel cassetto da collezionista e imprenditore che sostiene la cultura?
«Il primo sogno sarebbe quello di essere in grado di costituire una Fondazione che io chiamo “allargata”, che possa avere al suo interno artisti affermati e soprattutto giovani talenti da coltivare. Dare alla collettività un luogo fisico dove fare ricerca e condividere idee in piena libertà».