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Matèria celebra dieci anni, con tutti i suoi artisti: intervista a Niccolò Fano
Arte contemporanea
Nel cuore di San Lorenzo, a Roma, Matèria celebra dieci anni di attività con 10 on Paper, una mostra collettiva che riunisce per la prima volta tutte le artiste e gli artisti rappresentati dalla galleria. In programma fino al 17 aprile 2025, è il primo appuntamento di una serie di iniziative pensate per segnare questo importante traguardo. 10 on Paper esplora il ruolo della carta come medium versatile, capace di attraversare epoche e linguaggi, e si presenta come un ritratto corale dell’identità di Matèria, mettendo in dialogo lavori inediti e opere chiave di artisti come Fabio Barile, Stefano Canto, Chen Xiaoyi, Mario Cresci, Giuseppe De Mattia, Bekhbaatar Enkhtur, Eduardo Fonseca e Silva, Maïmouna Guerresi, Sunil Gupta, Karen Knorr, Joachim Lenz, Marta Mancini e Francisca Valador.
Nata con una forte attenzione per la fotografia, la galleria ha ampliato nel tempo la propria ricerca artistica, affermandosi come piattaforma indipendente dedicata alla sperimentazione e alla produzione culturale. Questa collettiva segna un momento di riflessione sul percorso compiuto e sulle prospettive future, intrecciando pratiche e visioni differenti all’interno di una programmazione che ha sempre privilegiato la qualità e la coerenza progettuale.
Tra le opere in mostra, spiccano interventi site-specific come Misurazioni di Mario Cresci, le 100 copie su cui l’artista interviene a mano libera, la performance Oh Mother, why did you let me be an Artist? di Giuseppe De Mattia e la fotografia The Principles of Political Economy di Karen Knorr, tratta dalla serie Capital. A queste si affiancano nuove produzioni, come le opere inedite su carta di Marta Mancini e Joachim Lenz, e riletture di progetti storici, tra cui Lovers: 10 years on di Sunil Gupta, che esplora il passaggio del tempo attraverso una serie di ritratti intimi.
Per l’occasione, abbiamo intervistato Niccolò Fano, Direttore e Fondatore di Matèria, per ripercorrere il decennio di attività della galleria e approfondire il suo approccio curatoriale, il rapporto con gli artisti e la visione futura dello spazio.
Dieci anni: è tempo di bilanci. Come descriveresti questo percorso?
«Un percorso sicuramente in salita e molto complicato, marcato da un decennio dove l’incertezza e l’instabilità globale è diventata la norma. Ciò nonostante la galleria in questi anni mi ha regalato tutto; una seconda famiglia e Rossana – la vera direttrice della galleria, a cui va una gran parte del merito se oggi siamo ancora qui – con cui da 8 anni condivido questa avventura».
Perché dieci anni fa hai deciso di aprire una galleria?
«Probabilmente se fossi stato in un’età dove prevale la ragione sull’incoscienza non l’avrei mai fatto. Tornavo da un’esperienza di sette anni nel Regno Unito dove ho avuto la fortuna di fare molta gavetta e di vivere un momento particolarmente fertile per la libera produzione culturale, specialmente all’interno delle gallerie private. Forse ingenuamente ho sempre sperato di poter tradurre a Roma ciò che mi aveva emozionato e fondamentalmente cambiato a Londra».
La tua visione e il progetto iniziale sono rimasti fedeli all’idea di partenza, oppure sono cambiati nel tempo?
«I principi fondanti della galleria sono rimasti ben saldi nel tempo. Continuiamo ad essere una galleria di produzione e pertanto lavoriamo con un gruppo ristretto e selezionato di artisti con cui intraprendiamo percorsi a lungo termine basati su una visione condivisa degli obiettivi e delle motivazioni che ci spingono a fare questo lavoro. Il tutto si sviluppa in un’ottica di pluralità, come dimostrano le età, le origini e le forme espressive diverse che convivono all’interno del nostro programma.
Ciò che è cambiato, invece, è il focus della galleria rispetto ai mezzi espressivi privilegiati. Matèria è nata con una forte attenzione alla fotografia, poiché la mia formazione universitaria si è concentrata principalmente sull’immagine contemporanea. Ho sempre avuto grande rispetto per la complessità di ogni mezzo espressivo e per l’importanza di comprenderne a fondo linguaggio e storia, in modo da restituirli al pubblico con onestà. Oggi la galleria abbraccia tutti i media con lo stesso approccio con cui, all’inizio, si è dedicata alla fotografia: attraverso la selezione di artisti capaci di interpretare al meglio la ricchezza e la complessità dei singoli linguaggi.
È proprio grazie agli artisti che in questi anni ho avuto l’occasione di intraprendere un secondo percorso di formazione, guidato dalla passione e la competenza che ognuno di loro ha nel proprio campo. Se oggi ho il coraggio di lavorare più concretamente sulla pittura, per esempio, lo devo soprattutto al rapporto con Marta Mancini. Trovo poche chance di ringraziarli collettivamente per questo regalo e colgo volentieri questa occasione per farlo».

Matèria si è sempre distinta per un approccio indipendente. Quali sono i principi che guidano la galleria nel rapporto con gli artisti e il mercato?
«L’indipendenza è forse l’opportunità più grande che questo lavoro offre. Poter curare un programma partendo da un foglio bianco è l’aspetto che amo di più ed è un esercizio di libertà creativa condivisa che ha caratterizzato fortemente la nostra identità.
Detto ciò, l’indipendenza di una galleria è un dono ‘facile’ che si acquisisce con la semplice apertura di uno spazio; la vera questione è cosa farne una volta ottenuta. Esistono innumerevoli modi per perderla, ma forse il più banale e diffuso risiede nella motivazione primaria che porta all’apertura di una galleria e, di conseguenza, nella funzione che le viene attribuita sin dall’inizio. Si può smarrire l’indipendenza ancor prima di aver davvero iniziato.
Non esercitare il privilegio della libertà creativa, piegandolo a una ricerca di conformità con il mercato o le mode del momento sperando di intercettare le attenzioni della classe dirigente del momento, mi è sempre sembrato paradossale e controproducente.
Per come la intendiamo noi, la galleria è un veicolo di produzione culturale che non vuole intercettare un mercato, ma ambisce a crearlo, come ultimo passaggio che restituisce valore ad un processo creativo al quale diamo grande importanza. Nell’arte, il consenso intorno a un progetto può essere costruito artificialmente attraverso il potere economico o quello delle relazioni.
Nel nostro caso, l’assenza di entrambi ha richiesto che la galleria si affermasse esclusivamente per il suo programma e per gli artisti che rappresenta. Eravamo consapevoli delle difficoltà di un percorso più lungo e complesso, ma convinti che qualità e costanza, prima o poi, vengano riconosciute da chi, oltre l’apparenza, cerca in una galleria e nei suoi artisti un valore autentico, coerente e professionale».

Per la prima volta tutti gli artisti e le artiste rappresentati vengono esposti insieme. Che valore ha per te questo progetto e come riflette l’identità e l’evoluzione di Matèria?
«Questa collettiva rappresenta un’eccezione per la galleria, che negli anni si è distinta per un numero volutamente ristretto di mostre annuali, dedicate quasi esclusivamente alle personali degli artisti rappresentati.
Nel delineare il programma per il decimo anno della galleria – che, oltre a 10 on Paper, include la personale di Francisca Valador, una mostra sulla fotografia inglese in omaggio alle nostre origini e qualche altra sorpresa – abbiamo inizialmente esitato a inserire una collettiva con tutti gli artisti. Il rischio di un evento prevedibile e la difficoltà di far dialogare tredici voci dalle ricerche molto diverse, senza un filo conduttore chiaro, ci hanno spinto a riflettere a lungo.
L’idea di partire dalla carta – supporto essenziale per la fotografia, ma declinabile in molteplici forme – ha risolto i nostri dubbi, offrendoci l’opportunità di curare una selezione eclettica che, da un lato, rendesse omaggio alla nostra storia e dall’altro, sintetizzasse il lavoro dei singoli artisti, favorendo al contempo un dialogo coerente all’interno dello spazio».
Cosa significa oggi per te dirigere una galleria a Roma? Com’è il rapporto con la città?
«Potrà sembrare un pensiero controcorrente, ma ritengo che la situazione a Roma sia più positiva di quanto possa apparire a prima vista. In maniera un po’ egoista, tengo a sottolineare quanto il nostro quartiere, San Lorenzo – dove la galleria è nata e dove tuttora si trova – abbia intrapreso un percorso di rinnovamento estremamente positivo.»
Recentemente, il consorzio Italics ha espresso preoccupazione riguardo all’aliquota IVA del 22% sulle opere d’arte in Italia. Qual è la tua opinione su questo tema e quali misure ritieni necessarie per sostenere e rilanciare il mercato dell’arte in Italia?
«Italics fa benissimo a lanciare l’allarme. Su un tema così complesso, preferisco non dilungarmi e lasciare spazio alla moltitudine di articoli critici già pubblicati sulle principali testate nazionali da giornalisti certamente più informati di me sul mancato abbassamento dell’IVA—una scelta in netto contrasto con le misure adottate dai nostri colleghi europei.
Le soluzioni, purtroppo, non sono molte, ma esiste una possibilità forse fin troppo ingenua: ripensare il sistema dell’arte in un’ottica più ampia, considerandolo come un valore europeo».
