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Miles Christi per eccellenza, San Sebastiano affascina gli uomini di ogni epoca
Arte contemporanea
20 gennaio, e il calendario ricorda che è San Sebastiano. Patrono degli arcieri e degli archibugieri, dei tappezzieri, dei fabbricanti di aghi e di quanti altri abbiano a che fare con oggetti a punta simili alle frecce – spesso, in passato, come protettore contro la peste, le malattie contagiose e le epidemie, oggi viene celebrato in numerose località, da Acireale ad Accadia (Foggia), da Bonate Sotto (Bergamo) a Cavalese (Trento), da Falcade (Belluno) a Gragnano (Napoli), da Barcellona Pozzo di Gotto ad Ulassai – per citarne solo alcune.

Di Sebastiano, che fu militare romano, martire per aver sostenuto la fede cristiana, la tradizione classica ci ha lasciato in eredità numerosi capolavori che lo raffigurano come viene sovente raffigurato come un giovane nudo (è una delle poche figure nude che ha diritto a stare nelle chiese), trafitto da frecce. Il San Sebastiano di Antonello da Messina (1478 circa, oggi conservato presso la Gemäldegalerie di Dresda), per esempio, figura come un giovane seminudo, legato a un albero al centro di una via, leggermente curvo verso destra, con indosso un perizoma e con cinque frecce conficcate in cinque parti del suo corpo: una poco più sopra al suo ginocchio destro, una nella sua coscia sinistra, una nel suo ventre, una nel suo addome ed una conficcata in pieno petto. Quello di Guido Reni (eseguito intorno al 1615 circa e conservato presso i Musei Capitolini di Roma) è anch’egli legato all’albero dove ricevette il supplizio e gli fa da sfondo un paesaggio naturale. Anche Rubens, Botticelli, Tiziano, Crivelli, Mantegna e Il Sodoma lo hanno ritratto.


In tempi più recenti, con un salto temporale di parecchi secoli, anche Damien Hirst ha dato vita a un San Sebastiano, anche se decisamente molto diverso da quello tradizionale. Stiamo parlando di Saint Sebastian, Exquisite Pain (2007), un’opera provocatoria, dove al posto del santo figura la carcassa martoriata di un toro in una vasca di formalina, che qualcuno potrebbe non avere il coraggio di guardare in un sovraccarico di tensione tra vita e morte, e che qualcun altro invece, guardandolo, potrebbe inabissarsi nel sereno dolore dell’animale. C’è anche una tela struggente di Frida Kahlo, Il cervo ferito, che mostra una cerva dalla faccia di donna, che corre in un bosco, con il corpo trafitto da frecce, come un san Sebastiano ferito, ma non soggiogato. La fascinazione visiva che San Sebastiano esercita è dunque senza tempo e, anti tradizionalmente, anche in contrasto con la norma dominante.


Gabriele D’Annunzio, per esempio, scrisse nel 1911 un’opera teatrale, Le martyre de Saint Sébastien, e mescolando componenti sacre e profane affidò il ruolo principale di San Sebastiano a una donna, la ballerina Ida Rubinštejn: «Rare volte fu veduto un corpo umano tanto approssimarsi all’idealtipo dell’androgine, spogliarsi d’ogne mollezza e ridursi alla semplicità del disegno più austero. La natura e la disciplina hanno compiuto un tale miracolo», affermò il poeta. Con il suo Martirio D’Annunzio mette in scena uno spettacolo eccitante e attraente che infrange delle barriere, oltrepassa e trasgredisce dei limiti, che permette a chi vi assiste di contemplare e immaginare nuove modalità d’essere, identità e pratiche d’interazione che mettono in discussione l’ordine normativo egemonico. E non solo San Sebastiano, qui, è ritratto come un essere androgino recitato da una donna, ma è anche apertamente designato come oggetto di desideri omoerotici. D’Annunzio, quindi, ha contribuito alla creazione del santo come icona gay? Forse si, forse no. Di fatto però il potere evocativo del giovane nudo trafitto dalle frecce sull’immaginario della cultura gay trova conferme in ambito artistico.

Nel 2021, per esempio, Ruben Montini ha invitato 6 uomini gay provenienti da tutti i Paesi europei dove i movimenti neofascisti stanno proliferando ancora una volta e ha chiesto a ciascuno di loro di tatuargli sulla schiena nella loro lingua madre, un insulto o una frase omofoba usata dai politici del loro Paese. Al termine della performance, intitolata proprio San Sebastiano, un tatuatore professionista ha disegnato le 12 stelle della bandiera europea sopra i loro insulti. Quegli insulti, quelle frasi omofobe, feriscono come le frecce che trafiggevano San Sebastiano, che ha ispirato anche il regista Derek Jarman. Il suo primo lungometraggio, Sebastiane (1976, girato completamente in latino), segue le vicende di un avamposto di un esercito romano in cui alcuni soldati si abbandonano al piacere omosessuale. Un centurione romano dimostra un interesse particolare per Sebastiano (Leonardo Treviglio), che però rifiuta le sue avances indispettendolo al punto tale che l’ufficiale, lo martirizza legandolo a un palo e facendolo trafiggere dalle frecce.


Anche Karol Radziszewski, nel 2010, ha realizzato un’opera video, Sebastian, confermando – come ha scritto Pawel Leszkowicz – che San Sebastiano è uno degli idoli decadenti della perversione, simbolo della sessualità che trasgredisce le norme e che il suo status come icona gay è stato riscoperto nella cultura moderna e ne ha fatto il patrono non ufficiale degli omosessuali («Saint Sebastian became one of the decadent idols of perversion, symbolizing sexuality transgressing norms. Saint Sebastian’s status as a gay icon has been rediscovered in modern culture and made him the unofficial patron of homosexuals». L’opera di Radziszewski, che si avvicina alla storia del santo romano vestendo i personaggi con le uniformi contemporanee dei soldati polacchi e girando il dramma in uno scenario locale, mette in primo piano la violenza dei soldati nei confronti di Sebastiano e fa luce sull’aura omomilitare del martirio.



Anche Keith Haring raffigurò St. Sebastian nel 1984, e Pierre & Gilles, che alla fine degli anni ’80 creano una famosa serie di santini, nel 1987 firmarono il loro Saint Sebastian. Ma non è finita qui, nel 1996 infatti Bruce Weber diresse la campagna fotografica di Versace scegliendo un giovane modello dal fisico statuario e lo immortalò con il ventre trafitto dalle frecce: le frecce non sembravano scalfirne la bellezza e l’espressione del modello (quasi come quella del santo di Antonello Da Messina) era calma e rilassata, in un’irrealistica condizione di assenza di turbamento. Sotto la lente iconografica, non possono non passare anche Mimmo Rotella, suo è un decollage del 1988 intitolato e raffigurante San Sebastiano, e Luigi Ontani: San Sebastiano lontano è una fotografia acquerellata del 1993, San Sebastiano. San Sebastiano è una fotografia del 1981 oggi conservata presso la Pinacoteca Civica – Palazzo Pianetti di Jesi, San Sebastiano indiano è una variante del 1976, e D’Apres Guido Reni – San Sebastiano è una stampa cromogenica datata 1973.

