30 ottobre 2020

Nuns+Monks. Ugo Rondinone in mostra a Roma

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Nell'ex Chiesa di Sant’Andrea dei Vascellari di Roma, ora sede della galleria Sant’Andrea de Scaphis, la grande scultura di Ugo Rondinone

(Tratto da una storia vera)

Nel mezzo della crisi causata dall’AIDS, ho voltato le spalle al mio dolore e ho trovato un barriera di protezione spirituale nella natura: un luogo di conforto, di rigenerazione e ispirazione. Quando entriamo nella natura accediamo a uno spazio dove sacro e profano, mistico e secolare, si riverberano l’un l’altro”. Era il 1988 quando Manfred Kirchner, a quel tempo partner di Ugo Rondinone, morì a causa di una malattia correlata all’AIDS.

Trentadue anni dopo ci troviamo nel pieno di un’altra emergenza sanitaria in cui tutto è rilevante e irrilevante al contempo. Ma proprio quando la nostra dimensione sociale è radicalmente cambiata, accade di potersi ancora stupire davanti a qualcosa che si apre verso il mondo e al contempo ripiega su stessa. È il caso di Nuns+Monks di Ugo Rondinone, la scultura che si impone monumentale all’interno dell’Ex Chiesa di Sant’Andrea dei Vascellari di Roma, ora sede della galleria Sant’Andrea de Scaphis.

Interprete della dialettica interno-esterno, l’opera suggerisce ma non impone, evoca ma non indica, lasciando intravedere l’intrecciarsi inesausto che ‘in’ e dà forma la vita di noi individui. Radiosa nei contrasti cromatici e armoniosa grazie alla giustapposizione delle due parti del corpo, la testa e il mantello, la scultura è concatenata a livello spaziale in maniera così esemplare da evocare la statuaria medievale. È così che l’unica navata della Chiesa, priva di abside, coperta con un soffitto a travi lignee e illuminata dalla luce naturale che filtra da due finestre rettangolari, assume i contorni di un terreno sospeso tra percezione fisica e mentale, simile allo stato di dormiveglia in cui si mescolano elementi reali, desideri e immaginazione, diventando un luogo, dove il tempo non ha finalità, ma è incluso e compreso. Realizzata in bronzo e scansionata tridimensionalmente sul modello originale in pietra calcarea, Nuns+Monks si articola in una compenetrazione di opposizioni e intervalli che rende necessario cercarne il significato, instabile – ça va sans dire – come spesso accade nell’opera di Rondinone.

Ma non è del resto dal guardare che si irradia l’enigma del senso e che si innesca il tentativo di fissare la propria esistenza nel tempo? Ecco allora proprio quando siamo esposti a migliaia di messaggi visivi ma, paradossalmente, siamo sempre meno capaci di vedere, vale la pena lasciarsi meravigliare da quest’angolo tra via dei Vascellari e via dei Saluti, nel rione di Trastevere bello all’inverosimile, ora che brilla di una luce propria che non ha niente a che vedere con quella riflessa dei flash. Perché di fatto è qui, e ora, che Rondinone ha seminato per lasciare gemmare e sbocciare storie, emozioni ed esperienze. Ed è proprio questo il punto focale: il principio di trasfigurazione che sottende Nuns+Monks lavora proprio sulle distanze e sulle vicinanze, non come pratica, bensì come un modo di vedere, ovvero come una soggettiva e mobile presenza al mondo. La sua bellezza naturale risiede nella capacità di indurre l’occhio a insediarsi nella totalità della superficie espositiva e a insinuarsi negli intervalli che intercorrono nel suo insieme, calandosi invero nella posizione privilegiata, quella in cui si infiltra la vita.

Perché è proprio negli spazi interstiziali e apparentemente inessenziali che possiamo trascendere e “trovare una barriera di protezione spirituale”, significhi essa abbracciare e avere addosso il nostro tempo e il nostro posto, inevitabilmente infinito, uno e indivisibile.

 

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