29 aprile 2021

Palazzo Collicola, intervista a Marco Tonelli, Lorenzo Fiorucci e Davide Silvioli

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Con anticipazioni sulle prossime mostre, come quella di Penone, e focus sui progetti in corso, da Giorgio Griffa a Ugo La Pietra, intervista al team del museo di Spoleto

Giorgio Griffa, Tutti i pensieri di tutti, Installation view, Palazzo Collicola, Spoleto Ph: Marcello Fedeli

Un’intervista a quattro voci che offre uno spaccato sulla programmazione e sulla vision di Palazzo Collicola (Spoleto), raccogliendo gli sguardi di Marco Tonelli (Direttore artistico), Lorenzo Fiorucci (Curatore progetti speciali) e Davide Silvioli (Assistente curatore). Con anticipazioni sulle prossime mostre, come quella di Giuseppe Penone, e focus sui progetti in corso, da Giorgio Griffa a Ugo La Pietra.

Palazzo Collicola si trova ha strutturato in questi ultimi anni una programmazione dirompente, che nel prossimo giugno, si arricchirà grazie alla mostra Disegni di Giuseppe Penone. Quale è la linea progettuale che state seguendo e quale è la sua visione a lungo termine in un contesto geografico come quello di Spoleto?
Marco Tonelli: La programmazione segue un criterio di diversificazione e continuità. Diversificazione rispetto alla tipologia di artisti e tematiche espressive, continuità rispetto la storia della scultura a Spoleto e nella collezione della Galleria d’Arte Moderna (se pensiamo ai numerosi scultori presenti, da Calder a LeWitt, da Pascali a Ceroli, da Pepper a Lorenzetti, da Caro a Leoncillo, da Melotti a Richard Serra e via dicendo). La prossima mostra di disegni di Penone ad esempio, scultore “nuovo” rispetto a quanto già presente in collezione, si inserisce però nel solco delle mostre di disegni di De Kooning, artisti americani del MoMA, artisti italiani moderni, Balthus, Ensor realizzate nei decenni eroici del Festival dei due Mondi. Nel lungo termine lo scopo è cercare di affermare Palazzo Collicola come il museo di riferimento per l’arte moderna e contemporanea in Umbria, pur con tutte le attuali limitazioni di risorse ma nel rispetto del rapporto tra tradizione e innovazione, che non avrebbero senso isolatamente, come i quark che formano i nuclei atomici.

Ugo La Pietra, Soggiornourbano Gallarate, 100×70 – 1977-2016

GB: Le mostre in corso hanno subito in modo significativo l’impatto delle misure di contenimento e delle relative chiusure. Quali considerazioni si impongono nella progettazione espositiva in un periodo del genere e quali strategie, come istituzione, state portando avanti?
MT: Per un museo non avrebbe senso esistere a fronte di tali chiusure, spesso incomprensibili per spazi come Palazzo Collicola (tre piani espositivi di più di 1300 metri quadrati ognuno), più che sicuri rispetto a contesti come Spoleto e legati al turismo internazionale o extraurbano. La progettazione espositiva (che ha subito chiusure o posticipazioni di mostre tra cui Archives and Documents dedicata al Centenario di Giovanni Carandente) non può essere ripensata se non facendo mostre virtuali e fruibili in rete (quindi decretando l’inutilità stessa del museo come esperienza in presenza). Quel che abbiamo fatto è stato investire in una serie di azioni digitali quali la creazione di un nuovo sito internet e di un canale Youtube, pubblicazione di video documentari delle nostre mostre, schede sulla collezione di arte moderna e antica fruibili sul web, imminente realizzazione di video pillole d’arte su singole opere (anche grazie al supporto degli Amici di Palazzo Collicola), realizzazione di un’app sul museo, presentazione di un’opera interattiva e multimediale come Zumber. Azioni che per altri musei possono sembrare ordinarie, ma che per Palazzo Collicola sono state del tutto eccezionali e innovative.

Tutti i pensieri di tutti dell’artista Giorgio Griffa offre una lettura diacronica della ricerca dell’artista, evidenziando alcuni elementi ricorrenti: dalla dimensione tautologica a quella intersemiotica, dall’adozione di codici convenzionali alla dimensione personalissima della pittura. Quali scelte sono state adottate nella selezione dei lavori?
Davide Silvioli: Volendo restituire il grado di complessità della ricerca pluridecennale di Griffa, la selezione dei lavori ha tentato di rispecchiarne il ritmo creativo, tramite la scelta di opere afferenti a cicli distinti. L’opera di Griffa, difatti, si è mossa perseguendo, al contempo, direzioni plurali, dove ogni ciclo si è sviluppato simultaneamente all’altro, venendo ripresi – a volte – anche in periodi differenti. È così che sono stati originati i Segni primari, le Numerazioni, Canone aureo, Shaman, Dilemma; serie pittoriche che, pur valutando le singolarità, manifestano la condivisione di alcuni strumenti narrativi, di precise attitudini estetiche e dell’oggetto di ricerca. Questo sembra coincidere con il tentativo di avvicinare l’imperscrutabile; di attraversare l’impossibilità di giungere a una condizione definita dell’esperienza. Pertanto, Tutti i pensieri di tutti costituisce un ragionato momento di ricognizione sul lavoro di uno dei maestri della pittura internazionale.

Il concetto di genius loci trova una complessa articolazione nell’esposizione “Arte e Territorio” di Ugo La Pietra, attualmente in corso nei vostri spazi. La mostra presenta infatti un intervento site-specific realizzato nel 2020 a Spoleto. Come si è strutturata l’interazione di La Pietra con il contesto circostante, in questa cornice?
Lorenzo Fiorucci: Il genius loci in Ugo La Pietra è una componente essenziale della sua ricerca, che ne esprime di fatto una posizione non soltanto ideologica, da contrapporre ad un’idea di globalità dell’arte, ma anche e soprattutto di poetica. Immergersi nei territori in cui La Pietra è invitato ad operare induce ad una contaminazione di quel luogo che entra attraverso materiali, forme, idee nel lavoro stesso dell’artista, alterandolo ma allo stesso tempo qualificandolo. In questa fecondità creativa egli ribalta l’assunto globalizzato del “less is more”, che tanto piace al mercato del riconoscibile, proponendo all’opposto l’idea del “more is more” che giustifica una certa ecletticità riscontrabile nei suoi linguaggi. Paradossalmente è nell’idea di differenza e nella ricerca della diversità che emerge l’unicità del suo lavoro e della sua coerente ricerca. Elemento che apparteneva anche ad un genio spoletino come Leoncillo, che ha costruito una carriera coerente in un’articolazione di almeno tre linguaggi spesso opposti. Per Spoleto questa dimensione è riscontrabile in particolare nell’opera “Case aperte” installazione in ceramica realizzata da una manifattura del territorio, ma famosa in tutto il mondo come la Rometti di Umbertide. In questo scambio tra artigianalità locale e inventività artistica, prende forma l’omaggio di La Pietra al territorio spoletino, alle sue peculiarità, così Spoleto assurge a città dello spettacolo in cui attraverso il Festival dei Due Mondi si apre al mondo mostrando il volto più nascosto dove si annida la creatività che rende ogni casa della città un palcoscenico.

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