11 novembre 2020

Palazzo Strozzi a stelle e strisce, tra American Art e Jeff Koons

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Rimandata causa Covid-19, la grande mostra di Jeff Koons aprirà a settembre 2021 a Palazzo Strozzi, che rilancia con una collettiva dedicata all'arte americana, dal 1961 al 2001

Jeff Koons, Rabbit, 1986 Collection Museum of Contemporary Art Chicago Photo by Nathan Keay, © MCA Chicago, © Jeff Koons

Si annuncia un 2021 a stelle e strisce per Palazzo Strozzi che, dopo il progetto site specific di Marinella Senatore (di cui scrivevamo qui), presenterà due mostre che potrebbero essere considerate l’una la conseguenza dell’altra: si parte con la collettiva “American Art 1961-2001”, dal 6 marzo al 25 luglio 2021, e si chiude con “Shine”, ampia antologica dedicata a sua maestà Jeff Koons, dal 23 settembre 2021 al 23 gennaio 2022.

American Art 1961-2001

Curata da Vincenzo de Bellis, curator and associate director of programs al Walker Art Center di Minneapolis, e da Arturo Galansino, direttore generale di Fondazione Palazzo Strozzi, “American Art” racconterà la storia della grande arte americana, se ci fosse stato bisogno di specificare il titolo. Una nota invece meritano le date scelte come termine ante e post quem.

Negli Stati Uniti, infatti, l’inizio degli anni ’60 fu contraddistinto da una campagna di politica estera molto attiva come conseguenza della Dottrina Truman, che prevedeva il coinvolgimento del Paese negli equilibri mondiali. Ma se la tensione esterna aumentava, tra Vietnam e Corea, crisi Iraniana e missili cubani, in virtù di un inasprimento della Guerra Fredda, giocata praticamente su tutti i fronti, il popolo americano doveva conoscere anche un periodo di impetuoso sviluppo interno. Automobili scintillanti, elettrodomestici futuristici, villette monofamiliari con prato e steccato nei sobborghi, baby boom, sembrano avere poco a che fare con le lotte violente e disperate per i diritti civili della popolazione afroamericana ma, chiaramente, John Wayne e Malcom X fanno parte della stessa medaglia. E poi, la storia è andata avanti. Il Muro, costruito proprio nel 1961, venne infine scavalcato, le guerre diventarono sempre più “spettacolari”, come quella del Golfo, la prima guerra del villaggio globale, così come l’economia, anzi, la New Economy. Fino all’11 settembre 2001.

Sherrie Levine, Fountain (after Marcel Duchamp: AR), 1991 Minneapolis, Collection Walker Art Center

A raccontare questa storia, una selezione di opere iconiche della propria epoca, visivamente – e visionariamente – rappresentative del contesto, realizzate da artisti come Jasper Johns, Donald Judd, Barbara Kruger, Robert Mapplethorpe, Kerry James Marshall, Bruce Nauman, Cindy Sherman, Robert Rauschenberg, Kara Walker e Andy Warhol. Più di 80 opere di 55 artisti americani nati e cresciuti in periodi diversi, tra pittura, fotografia, video, scultura e installazioni, in prestito dal Walker Art Center di Minneapolis.

«Concepita per Palazzo Strozzi come unica sede, l’esposizione racconta la ricca e poliedrica produzione artistica americana, investigando il suo rapporto con le trasformazioni della società contemporanea e contribuendo a definire la ricca e complessa identità americana nel secondo Novecento. Le diverse generazioni di artisti americani sperimentano linguaggi che aprono alla ridefinizione dei confini dell’arte, unendo insieme tecniche e media diversi, e usano il potere dell’arte anche come strumento per affrontare temi come il consumismo e la produzione di massa, il femminismo e l’identità di genere, le questioni razziali e la lotta per i diritti civili», spiegano da Palazzo Strozzi.

Lo Shining di Jeff Koons a Palazzo Strozzi

Prevista inizialmente per il 2020, poi slittata a causa del lockdown da Covid-19, la grande antologica di Jeff Koons, aprirà il 23 settembre 2021, a cura di Arturo Galansino e Joachim Pissarro, storico dell’arte, direttore della Hunter College Galleries e docente all’Hunter College di New York. Palazzo Strozzi continua così il suo percorso espositivo condiviso con alcuni tra gli artisti internazionali più influenti, come Ai Weiwei a Marina Abramovic.

Sviluppata in stretto contatto con l’artista, la mostra accoglie a Firenze alcune tra le opere più celebri di Jeff Koons, «entrate nell’immaginario collettivo grazie alla loro capacità unica di unire cultura alta e popolare, dai colti riferimenti alla storia dell’arte, alle citazioni del mondo della pubblicità e del consumismo», dichiarano da Palazzo Strozzi. Sicuramente nella memoria dei fiorentini sono rimaste impresse le polemiche suscitate da Pluto e Proserpina, la scultura dorata di tre metri, esposta sull’Arengario di Palazzo Vecchio, in piazza della Signoria.

Concetto o provocazione che sia, enorme è stata la carriera di Koons, nato a York, in Pennsylvania, il 21 gennaio 1955. Una ricerca artistica sopra le righe, tra querelle, come quella del mazzo di Tulips di Parigi, e le infinite questioni di plagio, ma che trova nell’immagine della lucentezza una delle sue chiavi di lettura. Lo shining, appunto, la luccicanza, un concetto che porta su un altro piano di interpretazione la decorazione o l’abbellimento.

«Attraverso un’ampia selezione tra i più celebri dipinti e sculture della sua carriera, la mostra indagherà il concetto di shine tra splendore e bagliore, preziosità e banalità, essere e apparire: un gioco di ambiguità che caratterizza il lavoro di Koons nell’utilizzo di materiali e soggetti che mettono in discussione il nostro rapporto con la realtà quotidiana e il concetto stesso di opera d’arte».

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