27 maggio 2022

Report Portogallo #1

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In occasione di Arco Lisboa abbiamo fatto tappa in diverse realtà culturali del Paese. Per cominciare ecco una visita al Serralves di Porto, al Museu do Futebol e alla Collezione Lima

Ai Weiwei, Pequi Tree © Ai Weiwei Studio, courtesy Serralves. Photography by Filipe Braga

La quinta edizione di Arco Lisboa, che si è chiusa negli spazi della Cordoaria Nacional di Belém la scorsa domenica 22 maggio, e che vi abbiamo raccontato qui, è stata utile anche per fare una ricognizione delle realtà del contemporaneo del Portogallo, scoprendo -oltre agli highlights– spazi meno conosciuti e collezioni private.
Iniziamo da Porto, la città che ha dato il nome al Paese e che ancora sorprende -sotto il suo cielo variabile- per il suo allure délabré e allo stesso tempo moderno. Partendo proprio dall’arrivo, ovvero dall’aeroporto Francisco Sá Carneiro -riprogettato nel 2006 dall’architetto portoghese João Leal, che quest’anno ha vinto anche il titolo di migliore aeroporto d’Europa per servizio ai clienti e igiene e pulizia, passando la revisione dell’Airports Council International.
A Porto, ovviamente, è imperdibile una visita alla Fondazione Serralves, che -come ci ricorda il direttore Philippe Vergne– vuole continuare a essere un museo trasversale in tutti i sensi, sia per quanto riguarda la provenienza degli artisti, sia per l’eterogeneità della proposta. In questo periodo vale la pena passare qualche da queste parti non solo per scoprire il suo grande parco che si sviluppa su un’area di 18 ettari, passando da aree di giardino “alla francese” e finendo in angoli che sono una vera e propria foresta, contenente anche una fattoria e una serie di sculture di Ai Weiwei che al Serralves presenta un corpus di lavori che riflettono l’interesse dell’artista per l’ambiente. I frammenti di tronchi e il Pequi Tree (albero in ferro di 32 metri installato nel parco) sono ciò che resta di alcuni ex giganti verdi che Weiwei ha recuperato nell’Amazzonia Atlantica, e che testimoniano il disboscamento scellerato e l’azzeramento della convivenza tra uomo e natura. Ma è anche vero che, nonostante lo statement perfetto, questi pezzi immensi di legno sono stati “calcati” in Brasile, fusi in Cina e da lì riportati in Europa. Eternizzati certo, testimonianze e monumenti del presente, ma che a loro a volta hanno impiegato un dispendio energetico enorme per essere creati.

Mark Bradford – Installation views, ‘Mark Bradford: Agora’, Fundação de Serralves – Museu de Arte Contemporânea, Porto (Portugal). Photo: © Filipe Braga

Ma al Serralves, in questi mesi, ci sono anche il grande pittore Mark Bradford, uno dei più conosciuti artisti americani viventi (Los Angeles, 1961) con il progetto “Ágora” e José Leonilson, artista brasiliano scomparso giovanissimo, nel 1993, per colpa dell’AIDS, che finalmente sta ottenendo una certa visibilità in Europa, dopo le mostre al Kunstmuseet di Stoccolma e una piccola esposizione di disegni che si è tenuta lo scorso inverno alla Brotéria di Lisbona.

José Leonilson – Installation views, ‘Leonilson: Drawn 1975–1993’, Fundação de Serralves – Museu de Arte Contemporânea, Porto (Portugal), Photo © Filipe Braga

“Drawn 1975–1993” mostra la pratica pittorica e l’incessante attività grafica di Leo (come l’artista si firmava), affascinato dagli artisti della Transavanguardia e dell’Arte Povera: un piccolo quadro su tessuto riporta, tra gli altri, i nomi di Nannucci, Boetti, Dadamaino e Pistoletto. Leonilson porta con sé tutta la delicatezza e la consapevolezza di quella che viene definita la “Generazione ’80”, attraverso opere fragilissime di fili e cuciti (ben prima che questa pratica diventasse di moda), di orli e cuscini, con illustrazioni perfette in bianco e nero realizzate per riviste e carte e pitture su tessuto, ed è a dir poco impressionante tracciare un parallelismo 40 anni dopo con ciò che accadde anche in Italia con il ritorno alla pittura e allo stesso tempo con l’elettricità dell’aria che si respirava nella nostra Penisola in fatto di una riscoperta attenzione alla dionisiaca arte del dipingere e al suo prepotente ingresso nel mercato internazionale. Allo stesso modo il Brasile, ma anche il Portogallo, ebbero rispettivamente le loro “meteore” colorate e con gli occhi aperti sul mondo che stava diventando global, ben consapevoli della loro fragilità e di un’epoca che si apprestava a diventare post-post. Eppure queste meteore ancora bruciano al ricordo, brillando per la loro profondissima originalità e per quel discorso intimo e allo stesso sempre costruito mordendo il presente.

Espaço João Espregueira Mendes, e vista della mostrra “Este mundo não nos pertence”

Il museo del Futebol a Porto e la Collezione Lima

Appena fuori città c’è uno dei musei più frequentati di tutto il Paese, quello del Futebol, dedicato ovviamente al Porto FC: perché vi portiamo qui? Perché a parte una grande installazione di Joana Vasconcelos realizzata in omaggio al team, ha aperto qui -nel 2019 – un piccolo spazio espositivo chiamato Espaço João Espregueira Mendes, nato dalla collaborazione tra il Museu FC Porto e la famiglia Espregueira Mendes, che attualmente è dedicato a una mostra delle opere della collezione di Isabel Mota e Fernando Pereira. Fino alla fine di luglio si potrà scoprire “Este mundo não nos pertence” ovvero come questo mondo non ci appartiene, mostra dedicata alla relazione dell’arte con la realtà che ci circonda, che ospita artisti come Thomas Ruff e Candida Höfer e una selezione di artisti portoghesi, tra cui Gusmão e Paiva, Carlos Lobo e Arlindo Silva, spaziando tra scultura, pittura e fotografia. Una piccola chicca laddove non ti aspetteresti, proprio perché – come spiega il curatore Miguel Von Hafe Pérez, c’è stata la volontà di tentare di fare dialogare due mondi che in apparenza sono sempre ben lontani, specialmente per quanto riguarda la fruizione di un museo: molto spesso chi entra in un museo del calcio non è particolarmente interessato all’arte contemporanea, ma questa sala a lato delle statue dei giocatori, può essere una possibilità di incontro senza spingere troppo sull’acceleratore.

Ana Viera – Sala de espera Os movéis a afirmarem a sua inutilidade, 2014, ph. Paulo Cunha Martins, courtesy Coleção Lima, Centro Arte Oliva

A São João da Madeira, 40 chilometri a sud di Porto in direzione Coimbra, il Centro de Arte Oliva ospita la più vasta raccolta di Art Brut e artisti outsiders in Portogallo, e allo stesso tempo la Collezione Norlinda e José Lima, che presenta un gruppo di opere di artisti contemporanei portoghesi e internazionali, che vanno dalle mitiche figure di Julio Pomar e Julião Sarmento fino alla brasiliana Adriana Varejão ai nostri Valerio Adami e Michelangelo Pistoletto. Iniziata nel 1985, la collezione Lima si trova oggi ospitata in uno spettacolare edificio di archeologia industriale ex fabbrica di tessuti in un’area del Paese famosa per le sue aziende oggi abbandonate e di cui sono rimasti gli impressionanti scheletri, a raccontarci di una modernità il cui sogno è rimasto schiacciato dal neoliberismo e da altre “idee” di economia. Il nostro tour per ora finisce qui, nella prossima puntata vi racconteremo della Biennale di Coimbra e della scena di Lisbona.

Dove mangiare a Porto: Pestana Vintage Porto. Ricavato unendo vari edifici nella splendida Praça da Ribeira, cuore di Porto.
Viva Porto. Prezioso ristorante ricavato all’interno dell’hotel Neya, a sua volta costruito recuperando in maniera conservativa un antico monastero sulla riva del Douro. PortoTonic come aperitivo sulla terrazza decisamente consigliato!
Dove dormire: Hotel Vincci. Questo albergo non solo è in un punto strategico della città, ma è anche un esempio di splendida riqualificazione, nato riadattando gli spazi di un ex mercato ittico. Non a caso è stato vincitore del Prémio Construir 2015 nella categoria del “miglior progetto di recupero”.

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