21 giugno 2025

Riedificare il mondo, a partire dal suono: intervista a Morten Sondergaard

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La 13ma edizione di MOMENTUM, la Biennale dei Paesi Nordici, celebrerà il suono come strumento di scoperta e attitudine immaginativa: ne parliamo con il curatore, Morten Sondergaard

Christian Skjødt Hasselstrøm. μ, 2022/2025. Installation view at MOMENTUM 13 - Between / Worlds: Resonant Ecologies. Photo: Eivind Lauritzen © 2025 Galleri F 15

Il suono come dimensione alternativa, come strumento di scoperta, come terzo occhio in grado di andare oltre le gabbie antropocentriche, oltre i conformismi, la cecità culturale e politica, l’indifferenza e l’ignoranza. Da pochi giorni si è aperta la 13ma edizione di MOMENTUMBetween/Worlds – Resonant Ecologies, la Biennale nordica di Arte Contemporanea dedicata quest’anno alla sound art, al sound design e al soundscape. Organizzata e prodotta dalla prestigiosa Galleri F 15 di Moss, antica città portuale norvegese ed ex polo industriale metallurgico immerso in un paesaggio naturale inestimabile, tra fiordi, foreste costiere e l’isola vulcanica di Jeløy, la Biennale presenta, fino a ottobre 2025, 40 progetti site specific, con artisti del calibro di Janet Cardiff & George Bures Miller, Douglas Gordon, Christian Marclay, Carsten Nicolai (Alva Noto), Carl Michael von Hausswolff.

Abbiamo avuto il piacere di scambiare due parole con il curatore di questa edizione, Morten Søndergaard, curatore e docente di arti mediali e post digitali alla Aalborg University e alla Copenhagen University.

Entrance of MOMENTUM 13 – Between / Worlds: Resonant Ecologies. Photo: Eivind Lauritzen © 2025 Galleri F 15

Lei ha detto che il suono ci aiuta a comprendere meglio la realtà, la verità delle cose, che ci svela mondi invisibili e che ci permetterebbe di superare la nostra visione antropocentrica del mondo. Il problema, mi sembra di capire, è l’immagine, è in quello che vediamo. Ci basterebbe chiudere gli occhi e tutto tornerebbe a posto? Perché il suono ha questo potere emancipativo così forte su di noi?

«Grazie per la domanda perspicace e per il suo interesse per Momentum 13. In effetti, la relazione tra vista e udito è complessa, e non si può semplicemente chiudere gli occhi per risolvere tutti i problemi. Il suono è in grado di emancipare da visioni precostituite del mondo non perché, affidandosi all’udito, si elimini del tutto la vista. Piuttosto il suono, per sua stessa natura, ci aiuta a esperire quelle qualità relazionali, dinamiche e interconnesse della realtà che spesso rimangono invisibili al solo occhio.

Come mezzo culturale sia temporale che spaziale, che non dà solo testimonianza della physis (natura o realtà fisica) ma anche di una realtà che esiste completamente al di fuori o al di là della “natura culturale” delle cose, il suono è il miglior strumento a nostra disposizione per generare consapevolezza dei legami che abbiamo con il “mondo risonante”, ovvero, secondo la definizione del fisico Hans Christian Oersted, quel mondo fisico in gran parte invisibile per noi, ma che fa comunque parte integrante di quello che ‘decifriamo’ attraverso le nostre facoltà visive.

Il suono collega mondi umani e non umani attraverso questa combinazione di qualità risonanti e di mediazione culturale della natura. L’ascolto favorisce l’attenzione non solo per ciò che è immediatamente percepibile, ma anche per ciò che è trascurato, o che resta inascoltato o emarginato.

In questo modo il suono può offrire – o suggerire – alcuni metodi per superare l’antropocentrismo (la cui base concettuale è essa stessa antropocentrica) riconoscendo le complessità e le interdipendenze che la cultura visiva potrebbe nascondere.

Pertanto, il potere del suono è emancipatorio proprio perché ci invita a un modo diverso di conoscere, che non è semplicemente complementare, ma sfida attivamente le nostre prospettive abituali, dominate dalla vista. Non è un semplice “chiudere gli occhi”: affidarsi all’ascolto comporta un impegno critico con le esperienze sensoriali e richiede una “terza posizione” della pratica artistica».

Arendse Krabbe. We are all fish, 2025. Installation view at MOMENTUM 13 – Between / Worlds: Resonant Ecologies. Photo: Eivind Lauritzen © 2025 Galleri F 15

Se posso permettermi una grande semplificazione ho notato come le rassegne dedicate sound design, sound art e soundscape si svolgono per lo più nel Nord, in Scandinavia, Germania, ma anche Svizzera, Austria etc. Secondo lei c’è un’attitudine a queste latitudini a esprimersi maggiormente con il suono, il sonoro, la vibrazione? E magari altrove, intorno al Mar Mediterraneo, una maggiore propensione al canto, alla parola in rima? È possibile, se è d’accordo con questa semplificazione, riunire queste due attitudini?

«La ringrazio ancora, un’altra domanda davvero perspicace, che permette di fare delle considerazioni interessanti sulle potenziali distinzioni geografiche nell’espressione artistica. Sebbene vi siano tendenze osservabili nelle attività di sound art e soundscape in tutto il Nord Europa, come lei sottolinea, sarebbe eccessivamente riduttivo parlare di una rigida divisione Nord-Sud in termini di resonance rispetto alla voce o alla parola in rima.

In realtà, esiste una ricca interazione storica e culturale tra queste cosiddette divisioni geografiche. Si pensi, ad esempio, alle intuizioni pionieristiche di Hans Christian Ørsted sulla risonanza, sviluppate in dialogo con il poeta danese H.C. Andersen, o all’esplorazione poetica dell’interconnettività di Inger Christensen nella sua opera DET (“IT”). Entrambi gli esempi dimostrano come voce poetica, resonance e vibrazione coesistano, al di là di semplicistiche distinzioni geografiche. Inoltre, il mio precedente lavoro di collaborazione con il poeta mediatico danese Per Højholt e gli sforzi curatoriali come il POEX – Poetry Experiment allo ZKM nel 2012 illustrano in modo simile l’intreccio tra sound art, poesia e resonance, sottolineando che queste forme di espressione sono profondamente interconnesse piuttosto che esclusive di certe regioni del mondo.

Pertanto, piuttosto che separare queste attitudini, sembra più produttivo – e più vicino alla realtà – riconoscere i loro scambi e reciproche ispirazioni. Resonance, voce e ritmo poetico esistono in un’interazione dinamica che trascende i confini geografici e arricchisce le pratiche artistiche a livello globale».

HC Gilje. The Alby Critters, 2025. Installation view at MOMENTUM 13 - Between / Worlds: Resonant Ecologies. Photo: Eivind Lauritzen © 2025 Galleri F 15
HC Gilje. The Alby Critters, 2025. Installation view at MOMENTUM 13 – Between / Worlds: Resonant Ecologies. Photo: Eivind Lauritzen © 2025 Galleri F 15

Questa è la sua prima esperienza come Head Curator alla Biennale MOMENTUM, organizzata dalla Galleri F 15 di Moss, e che, grazie al suo supporto, si appresta a diventare uno degli eventi più importanti al mondo nel campo dell’arte sonora e delle pratiche sonore contemporanee. Qual era la percezione che aveva della biennale da esterno, da semplice fruitore? Quanto l’arte e le discipline, visive o performative o anche questa Biennale Nordica di Arte Contemporanea come un singolo evento artistico possono mutare, trasformarsi a seconda dei suoi attori, dei suoi luoghi e delle esperienze pregresse dei suoi operatori?

«La ringrazio ancora una volta per l’ennesima domanda che mi ha fatto riflettere. In effetti, prima di assumere il mio attuale ruolo, la mia percezione della Biennale MOMENTUM dall’esterno era quella di uno spazio peculiare che abbracciava pratiche artistiche sperimentali e favoriva il dialogo tra varie discipline e comunità. Come spettatore (fin dal suo inizio, alla fine degli anni ’90), ho apprezzato molto l’apertura della biennale verso diverse modalità espressive e la sua capacità non solo di evidenziare, ma anche di incidere e trasformare i modi in cui arte, società, ambiente e politica interagiscono.

Le pratiche artistiche e gli eventi sono intrinsecamente dinamici, modellati in modo significativo dagli attori, dai luoghi, dai contesti e dalle esperienze precedenti. MOMENTUM offre una piattaforma eccellente proprio perché si impegna attivamente con questi parametri, cercando non solo di presentare i mondi artistici esistenti ma anche di supportarli nella loro costante necessità di trasformarsi, e così facendo, aiuta a formulare nuovi modi di fare arte. Mettendo in primo piano il suono e le pratiche sonore contemporanee, in questa edizione esploriamo esplicitamente il modo in cui il suono, in quanto prova vibrazionale di una fisica nascosta e mezzo risonante di impegno e cambiamento culturale, possa aiutarci a ripensare i confini tradizionali tra mondi umani e non umani, e offrire modalità innovative di vivere l’arte e la cultura.

In questo senso, la forza e l’unicità di MOMENTUM risiedono nella sua capacità di rimanere una biennale flessibile, reattiva e aperta a nuove voci e metodologie. Gli attori coinvolti sono impegnati in un riorientamento sociale del mondo dei curatori, degli artisti, delle istituzioni, del pubblico e delle comunità di tutti questi soggetti; e tutti questi soggetti sono cruciali perché contribuiscono continuamente a ridefinire ciò che una biennale d’arte può e deve essere. La nostra ambizione, quindi, non è solo quella di sostenere le strutture esistenti, ma anche di facilitare nuove collaborazioni e dialoghi interdisciplinari».

Louise Mackenzie. Attractor, 2025. Installation view at MOMENTUM 13 - Between / Worlds: Resonant Ecologies. Photo: Eivind Lauritzen © 2025 Galleri F 15
Louise Mackenzie. Attractor, 2025. Installation view at MOMENTUM 13 – Between / Worlds: Resonant Ecologies. Photo: Eivind Lauritzen © 2025 Galleri F 15

Momentum, attimo, dies. Ma anche kairos, parola greca che indica l’attimo propizio. Né prima né dopo. In una società immersa nel mare magnum della digitalizzazione, in cui la fruizione delle arti è praticamente possibile ovunque e in qualsiasi momento, a prescindere da qualsiasi contestualizzazione, qual è il significato e la funzione, il valore aggiunto di portare la creatività e la sperimentazione, l’arte insomma, in luoghi come l’isola di Jeløy o la cittadina di Moss? Quanto il luogo e l’attimo preciso sono in grado di aggiungere valore all’esperienza artistica grazie a una semantica, a una storia, a una memoria, o semplicemente a un’onomastica?

«Ancora una volta, grazie per questa domanda molto pertinente. In effetti, i termini che lei suggerisce – attimo, dies, kairos – catturano splendidamente la complessità e il significato stratificato del momento che MOMENTUM vuole essere. Più che considerare l’arte solo come qualcosa di universalmente accessibile in un mondo digitalizzato (facendola così diventare “contenuto” per le piattaforme online), la Biennale MOMENTUM enfatizza quello che io definisco un “riorientamento sonoro (orizzontale)”. Questo approccio è un metodo critico che ci permette di impegnarci profondamente con l’arte come mezzo di momenti e spazi liminali e, cosa fondamentale, mette in primo piano la nostra presenza incarnata in luoghi e tempi specifici.

La scelta dell’isola di Jeløy e della città di Moss è significativa proprio perché evidenzia le intersezioni artistiche liminali tra luogo, storia, memoria e suono. La sound art ha il potenziale per riorientare la nostra percezione liminare e il nostro impegno in senso orizzontale, attraverso discipline, spazi e storie, rendendo esplicite le risonanze spesso nascoste che legano una località a narrazioni e sfide globali.

Jeløy e Moss non sono quindi semplici luoghi, ma passaggi liminari, quelli che il filosofo italiano Mario Perniola ha definito “transiti”, situazioni liminari che rimangono irrisolte ma cronicamente presenti nella realtà sociale contemporanea delle identità in trasformazione.

Per riformulare leggermente un passaggio dell’artista groenlandese/danese Pia Arke: la creazione di un terzo luogo per tutti noi, che non appartiene né all’oggetto antropocentrico, né al soggetto antropocentrico, diventa quindi, nel contesto di Momentum 13, più di una semplice opportunità intellettuale. Siamo spinti da un urgente necessità di trovare nuovi modi di esperire quei pezzi di mondi diversi che risuonano tra loro e intorno a noi».

Maia Urstad. In The Unlikely Event of…, 2025. Installation view at MOMENTUM 13 – Between / Worlds: Resonant Ecologies. Photo: Eivind Lauritzen © 2025 Galleri F 15

Il suono come quinta, sesta dimensione, che possa ricordare un ambiente familiare, uno luogo di rinascita, una nuova placenta, una seconda pelle artificiale in cui rientrare per ritrovarsi. Tra gli spazi naturali. E nelle metropoli? Quanto, secondo la sua esperienza, è possibile riorganizzare gli ambienti metropolitani, spingerli a trasformarsi, a smettere di essere semplici nodi di operatività, di azioni, di abitudini e diventare luoghi di scoperta, di riorganizzazione dei sensi come dei pensieri, delle idee, delle esperienze? È possibile in definitiva per la nostra specie sapiens, riedificare sul piano sonoro le vecchie città, sfruttando le acustiche spesso allarmanti e disorientanti, alla volta di un nuovo ecosistema sonoro più consono ai nostri ritmi e alle nostre esigenze?

«Grazie per quest’ultima domanda, molto ponderata e ricca di sfumature. In effetti, le sue riflessioni risuonano profondamente con alcune preoccupazioni fondamentali del mio approccio curatoriale. Se la nozione di suono come dimensione aggiuntiva o come “nuova placenta” è suggestiva e poeticamente avvincente, credo sia altrettanto importante esaminare criticamente i presupposti che stanno alla base della ricerca di una “ecologia sonora” o di una “origine sonora”.

Come lei giustamente sottolinea, un’“origine sonora”, come l’ipotetico Big Bang, è concettualmente intrigante, ma rimane al di là della nostra esperienza empirica: nessuno era presente per sentirlo, quindi è essenzialmente privo di un’autentica documentazione acustica. Ci troviamo invece immersi in quelle che il futurista italiano Marinetti ha giustamente definito “orchestrazioni mentali”, costruzioni culturalmente e tecnologicamente mediate di pratiche sonore e di ascolto radicate nella cultura post-illuminista. In altre parole, dopo la scomparsa della filosofia naturale, ci rimane un profondo deficit sociale di ascolto: una condizione in cui sentiamo principalmente ciò che culturalmente definiamo Natura, piuttosto che un’autentica origine o ecologia “naturale”. Per quanto riguarda la domanda sulla riorganizzazione degli ambienti metropolitani: sì, è certamente possibile – e anzi fondamentale – trasformare gli spazi urbani da nodi di mere operazioni e movimenti abituali in luoghi in cui il suono riorienta il nostro rapporto con l’ambiente e la comunità. Tuttavia, piuttosto che puntare a un’origine sonora idealizzata o a un ambiente acustico incontaminato, sembra più proficuo riconoscere lo spazio urbano come un sito dinamico di interazione e conflitto sonoro, in cui possiamo impegnarci in pratiche di ascolto critico che mettono in primo piano l’inclusività, la consapevolezza situata e la riflessione politica.

La sound art e le pratiche sonore curate, in questo contesto, offrono un metodo potente per facilitare il dialogo critico, sfidando le gerarchie e le strutture culturali esistenti. Non forniscono un ritorno nostalgico a una purezza sonora “naturale” o “originale”, ma piuttosto un riorientamento dell’ascolto stesso, aiutandoci a navigare e reinterpretare gli spazi urbani come ambienti stratificati e culturalmente definiti. Questo impegno critico con le nostre abitudini di ascolto e i nostri contesti infrastrutturali offrono l’opportunità di ricalibrare il deficit di ascolto sociale che fa deragliare la capacità della cultura contemporanea di affrontare in modo costruttivo le crisi reali – qualsiasi crisi».

Carl Michael von Hausswolff. Electronic Voice Phenomena: The Lady in Yellow: “Look At Me … You’re Gone”, 2025. Installation view at MOMENTUM 13 – Between / Worlds: Resonant Ecologies. Photo: Eivind Lauritzen © 2025 Galleri F 15
Christian Boltanski. Misterios, 2017. Installation view at MOMENTUM 13 – Between / Worlds: Resonant Ecologies. Photo: Eivind Lauritzen © 2025 Galleri F 15
Ralf Baecker. The Collapse of a Microcosm, 2025. Installation view at MOMENTUM 13 – Between / Worlds: Resonant Ecologies. Photo: Eivind Lauritzen © 2025 Galleri F 15

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