20 dicembre 2021

Rivedi Napoli: le tappe dall’arte contemporanea da scoprire in città

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L’arte contemporanea torna ad attraversare Napoli: dalla nuova mostra al MADRE ai progetti degli spazi indipendenti, fino alla riapertura della Floridiana, l'aria è di nuovo frizzante

Dopo lunghe settimane di pioggia ininterrotta, martellante, orizzontale, una sorta di mini-lockdown meteorologico, sono bastati alcuni giorni di bel tempo a riscaldare l’ambiente. L’arte contemporanea a Napoli è ancora viva e si riscopre non solo diffusa per la città ma anche trasversale, tra proposte dal taglio museale e una ventata di freschezza (gradevole, al contrario dei temporali). Galeotti sono stati di certo anche i giorni di Art Days, progetto organizzato dall’Associazione Attiva Cultural Projects che, dal 16 al 19 dicembre, ha riunito gallerie d’arte contemporanea, istituzioni museali e spazi indipendenti della Campania, con un programma coordinato di mostre, inaugurazioni, presentazioni e talk.

Che l’aria fosse frizzante si respirava già al MADRE che, dopo aver presentato la nuova programmazione, ha inaugurato, giovedì, 16 dicembre, la prima delle quattro mostre del prossimo biennio. A cura della direttrice del museo, Kathryn Weir, in collaborazione con Ilaria Conti, “Rethinking Nature” sarà visitabile fino al 2 maggio 2022: una mostra bene allestita e che, per certi versi, è inaspettata e sorprendente, da scoprire con lentezza, eccentrica nel senso di policentrica. Il tema è quello ampio e urgente dell’ambiente e, più che da singole opere, l’esposizione è scandita da processi, metodi, ricerche da approfondire. D’altra parte, le aree geografiche sono vastissime e la mappa delle partecipazione è essa stessa un lavoro concettuale, dalle terre nel nord dell’Australia di Karrabing Film Collective alla campagna romana di Gianfranco Baruchello.

Poco distante dal museo di arte contemporanea, Atelier Alifuoco, spazio indipendente animato dagli artisti Francesco Maria Sabatini, Maria Teresa Palladino, Lucia Schettino e Nicola Vincenzo Piscopo, ha presentato Quartiere Latino #1, il primo atto di un nuovo progetto espositivo che coinvolgerà altri artisti (ne scrivevamo più approfonditamente qui). Si inizia con una serie di opere di Clarissa Baldassarri, Paolo La Motta e Gabriella Siciliano, disperse tra vari ambienti del condominio che ospita l’Atelier e adattate agli elementi architettonici.

Ingresso Quartiere Latino. Jump, Gabriella Siciliano

Proseguendo verso il Centro Storico, ritroviamo da Spazio Tarsia Zheng Bo presente anche al MADRE con le sue opere delicate e scioccanti, meditative ed erotiche, incentrate sulla relazione tra ecologia e sessualità. Su uno schermo mimetizzato tra vasi di terra e foglie verdissime, scorrono le immagini in movimento di Pteridophilia 1, film girato in una foresta di felci a Taiwan. Match perfetto, visto che Spazio Tarsia è un vero non-luogo espositivo: sembra un negozio di piante e fiori e lo è a tutti gli effetti, durante gli orari diurni. Poi si trasforma ma rimane sempre fedele a se stesso.

 

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Poco oltre, nella ripida cerniera di via Pontecorvo, nei suggestivi spazi del Museo Nitsch, Giulietta, artist run space di Basilea, fondato da Ambra Viviani, David Richter e Jacob Ott, presenta “Open Systems”, collettiva di giovani artisti tedeschi e napoletani: Samara Behringer, bod [包家巷], Andrea Bolognino, Leonardo Bürgi, Federico del Vecchio, Antonio della Corte, Giorgia Garzilli, Boris Kurdi, Angela Melito, Effe Minelli, Raffaela Naldi Rossano, Michael Rey Von, Isabel Schulte, Anton Steenbock, Gabriel Stöckli. Disegni, sculture e collage, composizioni di elementi post industriali e un’opera mai arrivata a destinazione, per una selezione di lavori accurata ed elegante che apre uno spaccato vividissimo ed eterogeneo non solo sui temi ma anche sulle modalità combinatorie più attuali di approccio alla materia.

Altra mostra da tenere in considerazione per una immersione nel contemporaneo dell’arte, è “Queer to the Bank”, collettiva aperta già a novembre e visitabile fino al 31 dicembre da Fonti, curata da Lorenzo Xiques, con Dario Biancullo, Will Fredo, Zoe Marden, Price, Gavilam Rayna Russom, Pamina Sebastiao. Disinvolta, agile ma da approfondire, eccessiva quanto basta, la mostra affronta l’argomento del “queerness” all’epoca della globalizzazione e, infatti, variegate sono le atmosfere che vi si respirano. Dalla collettiva alla personale, proseguendo lungo via Chiaia ci ritroviamo a piazza dei Martiri per imboccare lo stretto di via Alabardieri. Qui affacciano i balconcini della Galleria Umberto di Marino che, fino al 22 febbraio 2022, ospita “Balera”, di Eugenio Tibaldi: tre installazioni ambientali a luce naturale che, come una narrazione esplosa, declinano il termine della marginalità.

Di grande suggestione gli ultimi interventi che presentiamo in questo rapido piano sequenza tra le vie del contemporaneo di Napoli. Negli spazi dell’Acquedotto Augusteo del Serino, Underneath The Arches, progetto curatoriale composto da Chiara Pirozzi e Alessandra Troncone, presenta Terra asciutta di Adrian Melis, video realizzato in occasione dell’omonima performance che l’artista cubano svolse, nel 2020, negli spazi dell’infrastruttura idrica romana nel cuore della Sanità. Seguendo il flusso dell’archeologia, ci spostiamo all’Ex Macellum di Pozzuoli, aka Tempio di Serapide, per Ruah, intervento site specific di Veronica Bisesti incentrato sull’afflato vitale ma anche misterioso, oscuro, potenzialmente esiziale, che promana dalle scure e fertili profondità della terra vulcanica.

E visto che domenica è stata una giornata di cielo terso, non poteva presentarsi occasione migliore per riaprire finalmente una parte degli spazi verdi della Villa Floridiana, al Vomero. Un bel risultato per la Direzione Regionale dei Musei, retta da Marta Ragozzino e sotto la cui giurisdizione cade il parco che circonda la residenza che, una volta, era dimora della moglie morganatica di Ferdinando IVLucia Migliaccio, e che oggi ospita il Museo della ceramica Duca di Martina e la sua stupenda collezione di maioliche, smalti, porcellane e bronzi di ogni epoca e stile, dai Ming a Sevres. 21mila i metri quadrati di verde pubblico e dall’impostazione neoclassica, ritornati fruibili dopo innumerevoli anni di abbandono, con alcune chicche di architettura e ars topiaria da scoprire, come il Teatro di Verzura con le sue enigmatiche erme bifronti che, in futuro, potrebbe ospitare spettacoli teatrali o performance.

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