07 settembre 2021

Rosario Vicidomini, Minacce di Morte al Cane Unicorno – Curva Pura

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"Un modo per trovare se stessi nella pittura è perdere il controllo, fallendo in ciò che vogliamo o crediamo di volere", ci racconta Rosario Vicidomini, in mostra da Curva Pura

Rosario Vicidomini - 2020 - Olio su tela - 40x50cm

“Minacce di Morte al Cane Unicorno” è la personale di Rosario Vicidomini (Nocera Inferiore, 1986) curata da Nicoletta Provenzano negli spazi di Curva Pura, a Roma. In occasione della mostra, visitabile dal 10 giugno al 10 settembre 2021, e della pubblicazione del catalogo antologico Fino ad Ora, abbiamo intervistato l’artista e la curatrice.

Il titolo “Minacce di Morte al Cane Unicorno”, ripreso da un fatto di cronaca recente, risalta per la sua semantica al limite dell’assurdo e per la sua capacità di evocazione fortemente visuale. Che riflessione si lega alla scelta di questo titolo e in che modo questo ha determinato la selezione delle opere in mostra?
Rosario Vicedomini: Mi sono imbattuto in questo titolo un paio di anni fa. Mi è sembrato perfetto per due motivi: prima di tutto perché mi faceva ridere, e in seconda istanza perché nutro in generale una certa antipatia per i titoli. Per quanto mi riguarda, le immagini vivono in una dimensione propria che spesso esclude il linguaggio verbale, motivo per cui tendo a non accompagnare i miei lavori con dei titoli. Trovo che il rischio di titolare una mostra sia quello di riassumerla in maniera didascalica, soffocando così l’ampio respiro della visione. Ho trovato questo titolo compatibile con i lavori in mostra per il loro carattere, piuttosto che per una riflessione di senso logico. Nel suo combinare dramma e ironia, mi sembrava che questo titolo violasse i limiti della quotidianità verso visioni estatiche coerenti con le opere esposte.

Rosario Vicidomini – 2020 – Olio su tela 60x80cm b

Sempre in riferimento a questo, mi sembra interessante la volontà di creare un détournement, una deviazione del significante per aprire a un nuovo sistema di significato. Esiste una corrispondenza tra questo processo e l’azione artistica, o pittorica, in sé?
Nicoletta Provenzano: Come hai individuato perfettamente, al titolo sottende l’esigenza di ampliare lo sguardo e aprire ad una pluralità di significati. Questa deriva quasi assurda, nel volgere verso un altro contesto porta in evidenza l’impatto con la superficie dipinta, l’effetto penetrante e tangente, il punto d’incontro che avvicina alla poetica di Rosario Vicidomini. La pittura di Rosario si alimenta e trova forza da questa costante ricerca, trascesa e scoperta dell’essere, nella profondità di un fondale inestinguibile e germinativo da cui attinge, nella datità ed esistenzialità del molteplice, tra fascinazione e dramma, gestualità veemente e coloristica struggente, mantenendo una vibrazione autentica in ogni opera, che lo porta ad un’apertura tale da impedire ogni prestabilita titolazione. In questo senso e più in generale in linea con il turbamento estatico e la passionalità enigmatica che ogni dipinto porta con sé, il titolo scelto rappresenta una linea direttrice verso lo smarrimento e la fuoriuscita da un possibile tematismo, unito a stupefazione e tensione.

Rosario Vicidomini – 2020 – Olio su tela 50x60cm

Rosario, da dove trae origine il tuo immaginario? Le immagini da cui parti esistono in qualche misura nel mondo prima di materializzarsi sulla tela? O cominciano a esistere in quel momento?
R.V.: Nel mio lavoro percepisco chiara una tensione, una pulsione che potrei definire esistenziale. L’immaginario, nel caso ci fosse, muove proprio da questa tensione, dal proprio carattere selettivo nel determinare le scelte per lo sviluppo dell’opera.
È difficile che il soggetto diventi un pretesto: per quanto lo si possa trasfigurare attraverso la pittura, resta determinante. Se scelgo di dipingere un volto è perché mi è necessario quel volto, non altro. Ciò avviene anche nell’astrazione più spiccata. Sia essa una linea o una forma, nulla è pretestuoso. Ritengo che nel mio lavoro ci siano diverse componenti che confluiscono di volta in volta in percentuali diverse. Dopo molti anni, sono tornato a lavorare partendo da materiali fotografici. Quello che ho capito è che, sia che io parta da una foto o dai suggerimenti che colgo dalla stessa materia pittorica durante l’esecuzione, ciò che rimane sulla tela mi interessa in quanto inatteso. Il lavoro è un flusso di pensiero, non l’esecuzione di un’idea preesistente. Ogni nuova opera è necessario che sia per me una scoperta. Un modo per trovare se stessi nella pittura è perdere il controllo, fallendo in ciò che vogliamo o crediamo di volere. Detta così sembra piuttosto semplice, ma nei fatti è un’operazione alquanto penosa. Per questo ho sempre avuto difficoltà nell’appassionarmi a virtuosismi tecnici o a pensare come definitiva una modalità di ricerca.

Rosario Vicidomini – 2020 – Olio su tela – 60x60cm

Nicoletta, nella tua attività critica emerge un costante interesse verso la pittura. Quali credi che siano i punti di intersezione più incisivi tra la pratica curatoriale e quella pittorica? O piuttosto, come può la mutualità di questo rapporto contribuire alla rilettura di un linguaggio che nel tempo si è radicalmente trasformato?
N.P. La prima cosa che mi viene da dire in riferimento all’intersezioni tra pratica curatoriale e pittorica, e più in generale nella coesione e connessione tra attività critica e artistica, è unione e corrispondenza tra più visioni e realtà. Nella pratica è entusiasmante esplicitare questo dialogo, il carattere e la dirompenza che c’è tra i singoli lavori, magari distanti nel tempo, ma attraversati da una voce comune che si carica per comunione o contrasto, che si armonizza per spirito affine. L’intesa si amplifica nell’incontro con gli altri professionisti che lavorano alla macchina espositiva: per la mostra a Curva Pura ogni dialogo e ogni incontro hanno portato passione e slancio. Nell’attività pittorica e in quella curatoriale, ciò che vive e si mostra al fruitore è libero dal peso del lavoro che rimane celato per la maggior parte, eppure è presente in ogni aspetto. Per quanto riguarda la pittura in generale, mi ritrovo molto nella definizione di Maria Zambrano e in particolare nella frase: «Dipingere è un modo di violare segreti del mondo, segreti visibili»; attingere nella vastità e profondità dell’oscuro o della piena luce credo sia una delle forze inarrestabili della pittura. La critica può fare molto per poter viaggiare alla pari con il valore di questo linguaggio, comprendendo il fluire, la tensione e il permanere di questo medium, al di là e oltre facili meccanismi di mercato che pure da diverso tempo sono concordi nell’affermare il suo grande ritorno.

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