16 settembre 2020

Tra corpo e maschere, per una nuova arte: Yusuff Aina Abogunde

di

Il giovane artista nigeriano Yusuff Aina Abogunde ci parla della sua ricerca sul corpo nero e sulle maschere africane, a partire dalla sua mostra online “Where We Dey Go Now”

Courtesy Yusuff Aina Abogunde

Per la sua prima mostra online, Yusuff Aina Abogunde, artista nigeriano ventitreenne, ha realizzato sei nuove serie in cui pittura e stampa su tela si alternano per documentare gli eventi che, nel 2020, hanno colpito la vita di così tante persone in Nigeria e nel resto del mondo, costringendoci a domandarci: “where do we go from here?”, come ci muoviamo da qui?

Nel suo lavoro, Yusuff riflette sulla definizione di Blackness e sulle molteplici traiettorie seguite dai Black bodies, per usare le stesse parole scelte dal curatore della mostra Brice Arsène Yonkeu in riferimento a una celebre espressione coniata dallo scrittore afroamericano Ta-Nehisi Coates in una lettera diretta al figlio: «Vorrei che tu sapessi questo, in America è tradizione distruggere il corpo nero». Le opere vogliono inoltre focalizzare l’attenzione sui numerosi conflitti e ingiustizie sociali che coinvolgono la maggior parte dei Paesi africani e che sono stati accentuati ulteriormente a causa della pandemia globale.

Myopic

I dipinti delle serie Myopic e Protraction denunciano l’ottusità di coloro che, accecati dall’ignoranza o da interessi personali, decidono di chiudere gli occhi davanti alle realtà più scomode presenti in Nigeria. La serie Myopic, in particolare, riflette sulle ingiustizie sociali esistenti nella maggior parte dei Paesi africani, mettendo in luce la vita di diversi individui, dai venditori ambulanti ai politici corrotti.

Protraction

Le serie Global Holiday e Messiah Contest esaminano l’impatto che la pandemia ha avuto sulle vite dei meno fortunati e denunciano l’idea, subito fortunatamente bocciata, di testare il nuovo vaccino in Africa, mostrando ancora una volta la scarsa considerazione dei leader internazionali e degli scienziati nei confronti della popolazione africana. Con la serie Portrait of the Year, Yusuff commemora la perdita di tre giovani donne nigeriane uccise da abusi e da episodi di police brutality, e con Journey Through Time esprime il suo punto di vista riguardo a ciò che la popolazione nera ha dovuto subire durante la dominazione bianca lungo il corso della storia.

Centrali, nel suo lavoro, sono la tecnica pittorica dell’Ainaism, ideata da Yusuff, e l’utilizzo della maschera Eniyan. Ce ne parla lo stesso artista, in questa intervista.

L’intervista a Yusuff Aina Abogunde

È risaputo che la cultura colonialista occidentale ha alimentato nel tempo una concezione erronea ed estremamente riduttiva di arte africana, limitandone l’espressione a scarsi e stereotipati simboli o idee, tra i più comuni la rappresentazione della maschera “africana”. Qual è il tuo punto di vista a riguardo? In quanto artista nigeriano, qual è il significato che attribuisci all’uso della maschera Eniyan? Quando e perché hai iniziato a includerla come fil rouge della tua produzione artistica?

«Dal mio punto di vista la cultura occidentale ha intenzionalmente trascurato l’arte africana sin dalle sue origini, e la limitata percezione e comprensione della stessa è perfettamente rappresentata dall’importanza che viene data alle maschere. Durante la corsa colonialista europea per conquistare e spartirsi i territori africani, innumerevoli saccheggiamenti hanno devastato il nostro continente spogliandoci del patrimonio culturale. A cause delle razzie non abbiamo solamente perso dei reperti, ma siamo stati privati di parte della nostra storia e identità. Paradossalmente, come se tutto ciò non bastasse, ci siamo riappropriati di queste conoscenze attraverso le stesse persone che ci hanno saccheggiato. Ai manufatti rubati sono stati attribuiti significati e simbologie da sconosciuti che hanno deciso di collegare le maschere africane esclusivamente alla spiritualità e al malaugurio (“Juju”). Crescendo ho imparato a essere più critico riguardo a ciò che mi è stato detto al fine di decifrare la verità fra le bugie tramandate dai miei antenati alla mia generazione. Penso che sia abbastanza infelice il fatto che io sia dovuto andare all’estero e visitare il British Museum per rendermi conto di quanto certe opere di arte antica africana siano eccezionalmente belle e affascinanti.

Durante il mio percorso artistico, ho provato a evitare di farmi influenzare da concezioni e conoscenze esterne riguardo all’arte africana, ho sviluppato una tecnica pittorica chiamata Ainaism che associo spesso alle maschere Eniyan. Nella mia lingua madre, Yoruba, il termine Eniyan significa umano, persona o essere vivente. Alla fine del 2018 ho cominciato ad utilizzare Eniyan come fil rouge del mio lavoro perché mi sono reso conto che era più di una maschera, era infatti diventato un mezzo per esplorare la propria identità in quanto rappresentazione astratta dell’essere umano. Può raffigurare chiunque, qualcuno o nessuno, così come può simboleggiare l’unicità di razza. Personalmente ho spesso usato Eniyan come strumento per raccontare la storia identitaria della popolazione nera africana e delle sue diaspore».

Sono rimasta veramente colpita dall’uso di questa tecnica pittorica che hai chiamato Ainaism. Potresti dirmi di più sul momento in cui l’hai concepita e su ciò che rappresenta per te?

«Ainaism è una tecnica pittorica che ho sviluppato da autodidatta, deriva dal mio secondo nome, Aina, un nome Yoruba dato ai bambini nati con il cordone ombelicale avvolto intorno al collo. Si esprime attraverso l’uso di linee cinetiche, motivi e simboli volti ad esprimere energia, forza, sfida, gioia e libertà. Le linee vogliono rappresentare il cordone ombelicale, gli spazi all’interno di queste invece simboleggiano le infinite possibilità di vita che seguono la nascita. Tutto è cominciato involontariamente da uno scarabocchio fatto su un pezzetto di carta mentre stavo cercando di annotare un numero durante una chiamata. Il disegno era interessante, quindi dopo aver finito la telefonata ho continuato a ripetere queste linee su diversi fogli, e ora è diventata la mia principale espressione artistica. Ainaism è una forma di linguaggio, rappresenta libertà e speranza, è capace di trasmettere gioia e pace».

MESSIAH CONTEST

Nelle due serie Global Holiday e Messiah Contest focalizzi l’attenzione sull’impatto distruttivo che il Covid-19 ha avuto sui soggetti più deboli all’interno della società, ti riferisci anche alla tua terra natale, la Nigeria? C’è qualche episodio che ti ha colpito in particolare?

«Mi riferisco principalmente al mio paese natale e per estensione al resto del mondo, dato che la pandemia ha ovviamente colpito le vite di tantissime persone al di fuori della Nigeria. Nelle serie Global Holiday e Messiah Contest ho cercato di rappresentare i cambiamenti che questa situazione ha causato nelle vite delle persone e la loro percezione della pandemia. Il Covid-19 ha creato tantissime sfide, controversie e spiacevoli dibattiti o opinioni che hanno avuto una grande influenza sull’atmosfera generale in Nigeria, causando il peggioramento delle condizioni di vita degli indifesi e dei senzatetto e dando al governo nigeriano la possibilità di sfruttare la pandemia per appropriarsi dei fondi pubblici e delle risorse, trascurando le necessità dei più deboli. Per non parlare del dibattito sulla possibilità di testare un potenziale vaccino in Africa, che ha rivelato ancora una volta chi detiene il potere in questo mondo e quanto bassa sia la considerazione che i leader internazionali e gli scienziati nutrono nei confronti della popolazione africana».

Homeless

Il DJ francese-togolese Koté From Mars accompagna la visita virtuale con una playlist che unisce pop hits africane contemporanee e non, in un mix proveniente da tutto il continente: dal gruppo senegalese Orchestra Baobab con il brano Nijaay, passando per Je Pense a Toi del duo maliano Amadou & Mariam fino a Ginger Me della superstar nigeriana Rema.

Inaugurata il 12 agosto, “Where We Dey Go Now” è visitabile virtualmente fino al 20 ottobre 2020.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui