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Vivere di paesaggio, APALAZZOGALLERY
Arte contemporanea
La filosofia orientale vede il paesaggio non come qualcosa da contemplare bensì come uno scenario da vivere attivamente, racconta il filosofo e sinologo francese François Jullien nel suo testo Vivere di paesaggio, pubblicato da Mimesis nel 2017. È stata la lettura di questo libro ad ispirare alla curatrice Mirta d’Argenzio il tema di un’interessante collettiva transgenerazionale, aperta fino al 25 aprile presso la galleria Apalazzo. Vivere di paesaggio riunisce quattro artisti che vivono e lavorano in Italia: Filippo Bisagni, James Hillmann, Giulia Mangoni e Sergio Sarra.
“Quale sarà il nuovo modo di vivere di paesaggio? Quale cambiamento radicale subirà il nostro modo di vivere, e, di conseguenza, quale punto di vista saremo in grado di ritrovare rispetto al paesaggio? Gli artisti rispondono alla vulnerabilità e alla confusione generata da tale condizione d’incertezza”, scrive la curatrice nel testo che accompagna la mostra. La lunga preparazione della mostra ha permesso agli artisti di realizzare opere ad hoc, che incrociano il rapporto col paesaggio con l’isolamento forzato dovuto alla pandemia, che ci ha costretti a ripensare la relazione tra interno ed esterno. Le figure femminili tratteggiate da Sergio Sarra con un segno geometrico su campiture di colori pastello sono state dipinte in uno studio immerso nella natura abruzzese : la curatrice le ha poste in dialogo con le opere di taglio orizzontale di James Hillmann, che strizzano l’occhio alla pittura romantica inglese nel raffigurare orizzonti ispirati alle mutazioni della luce nelle diverse stagioni a Isola del Liri, dove l’artista vive.
Le tele della sua compagna Giulia Mangoni, caratterizzate da vivaci policromie serrate dai netti contorni delle figure, rimandano alla pittura popolare brasiliana, che fa parte del patrimonio culturale dell’artista. Sono quadri che raffigurano animali della Ciociaria come la pecora quadricorna e una particolare razza di galline, che Giulia cerca di salvare dall’estinzione e li rende protagonisti di questi dipinti che raccontano un mondo rurale e autentico. Molto intrigante la ricerca di Filippo Bisagni, che presenta una serie di opere digitali che raffigurano camere da letto dominate dalla presenza di noti capolavori rinascimentali con scene pastorali, in dialogo con figure nude aggrovigliate dai contorni sfocati, tratte dalla pornografia amatoriale presa da Internet. In una stanza della galleria Bisagni ha posto in dialogo l’immagine digitale di un vegetale con la scultura di una pianta costruita con tubi al neon verdi, creando un’atmosfera distopica, vicina alle installazioni dell’americano Alex Da Corte e della cinese Nabuqi, situate ai confini tra reale e virtuale. Una selezione puntuale ed accurata permette di confrontare diverse sensibilità rispetto ad uno dei grandi temi della pittura europea, che nelle soluzioni proposte suggerisce una complessità che merita una riflessione , resa interessante dal dialogo tra le diverse generazioni presenti in mostra. “Come dice Jullien, abbiamo bisogno di una gaia via di uscita verso l’impensato” suggerisce la curatrice. Questi quattro artisti, ognuno a suo modo, ce le indicano.