06 gennaio 2023

Addio ItsArt: la Netflix della cultura italiana va in liquidazione

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Lanciata nel 2021 come la Netflix della cultura italiana, la piattaforma streaming ItsArt è stata messa in liquidazione: ricavi troppo esigui e pochi abbonati fanno crollare il castello

ItsArt, la piattaforma streaming dedicata all’arte e alla cultura italiane, promossa dall’ex Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, non ha avuto una vita molto lunga. Lanciata tra maggio e giugno 2021, anche come risposta digitale alle chiusure dei musei, dei cinema e dei teatri imposte dalle restrizioni per la pandemia, la Netflix della cultura italiana, come la definì lo stesso Franceschini, è stata ufficialmente messa in liquidazione, con un atto del 29 dicembre 2022.

Composta al 51% da CDP – Cassa Depositi e Prestiti e al 49% da Chili, azienda italiana già operante nella distribuzione in streaming, ItsArt non ha mai avuto vita semplice. A partire dalla chiamata alle armi di CHILI, individuata dalla stessa CDP a seguito di una selezione e che già non navigava in ottime acque, per fornire un servizio che in molti hanno riconosciuto come troppo simile a quello dei canali culturali della RAI e delle sue teche. E così, dopo un cambio in corsa di Amministrazione, con Andrea Castellari subentrato al dimissionario «Per divergenze di strategie» Guido Casali, il nuovo Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ha deciso di staccare la spina.

Troppi i 7,5 milioni di perdita dell’ultimo anno, a fronte di un investimento di 15 milioni di euro, di cui 10 milioni presi dal Decreto Rilancio. Le entrate sono state di circa 245mila euro, di cui 140mila portati dagli utenti abbonati – circa 200mila – e gli altri ricavati da sottoscrizioni di altro tipo. Ma oltre ai numeri – che poi si sa, per ogni impresa possono non essere esaltanti all’inizio – probabilmente a non convincere era anche la strategia, la prospettiva. E così è bastato un colpo di vento – e un cambio di poltrona – a far crollare il castello.

L’idea di base, cioè fornire un servizio streaming di settore, specifico per l’arte e la cultura, non era nemmeno poi tanto male. Sarebbe stato anche utile, magari, commissionare poche produzioni e ben curate, accuratamente pubblicizzate. Invece si è puntato su un’offerta vaga, anzi, ondivaga, e sui grandi numeri, chiamando non a caso come esempio un colosso. Solo che per sostenere Netflix sono necessarie centinaia di milioni di abbonamenti e, di conseguenza, l’offerta della società californiana ha sempre puntato sull’opposto della specificità, cioè su una targettizzazione tanto precisa quanto trasversale, in grado di arrivare a tutti e in profondità. Per il momento, la liquidata ItsArt si appresta a chiudere le porte ma, come si dice, a volte ritornano.

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