12 aprile 2023

Pene più severe per chi imbratta i beni culturali: approvato il decreto

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Multe più salate, fino a 60mila euro, e divieto di avvicinamento: il Consiglio dei Ministri approva il DDL che inasprisce le pene per il deturpamento e l’imbrattamento dei beni culturali

Attivisti per l'ambiente in azione a Palazzo Vecchio

Multe salate e sanzioni penali più aspre, per punire gli atti di vandalismo contro i beni culturali. Il Consiglio dei Ministri ha approvato l’11 aprile 2023 il disegno di legge proposto dal Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, e dal senatore Marco Lisei di Fratelli d’Italia, riguardante “Disposizioni sanzionatorie in materia di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici”. I proventi delle multe saranno destinati al MIC, per il ripristino dei beni. Il testo, proposto, punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni chi deturpa o imbratta edifici pubblici o di culto ed edifici sottoposti a tutela come beni culturali.

Nel testo presentato, vengono citati anche vari esempi di danneggiamento ai danni dei beni culturali, dall’ingegnere saudita che guidò un SUV a noleggio sulla scalinata di Trinità dei Monti –  rinviato a giudizio – al turista che percorse a bordo di uno scooter le strade del Parco archeologico di Pompei. Tra i casi presi in esame, dunque, molti gesti isolati di qualche sconsiderato ma vengono enumerate anche le azioni di protesta ambientaliste, come la vernice lanciata sulla «Facciata di Palazzo Madama e su altri immobili delle istituzioni pubbliche».

«Gli attacchi ai monumenti e ai siti artistici producono danni economici alla collettività», ha dichiarato Sangiuliano. «Per ripulire occorrono l’intervento di personale altamente specializzato e l’utilizzo di macchinari molto costosi. Chi compie questi atti deve assumersi la responsabilità anche patrimoniale», ha continuato il ministro. «Secondo i dati che mi sono stati forniti dalla Soprintendenza Speciale di Roma, il ripristino della facciata del Senato è costato 40mila euro. Ebbene, chi danneggia deve pagare in prima persona». A seconda del danno, si va da un minimo di 10mila a un massimo di 60mila euro. Tali somme vanno ad aggiungersi a quelle eventualmente comminate in sede penale o civile. Si tratta, infatti, di sanzioni amministrative immediatamente irrogabili dal prefetto del luogo dove il fatto è commesso, sulla base delle denunce dei pubblici ufficiali. La previsione delle multe si aggiunge quindi alle pene già previste dal codice per i reati di danneggiamento – che include anche la reclusione da sei mesi a tre anni – e interruzione di pubblico servizio.

Ma non è tutto. Per chi ha riportato una o più denunce o è stato condannato – anche con sentenza non definitiva – per vandalismo o danneggiamento volontario di beni culturali tutelati, è previsto il divieto, da sei mesi a un anno, di avvicinarsi a una distanza inferiore a 10 metri agli edifici sottoposti a tutela. La trasgressione del divieto comporta una multa che va dai 500 ai mille euro.

«Chi danneggia il nostro patrimonio artistico non può e non deve farla franca», ha scritto su Twitter il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Sull’inasprimento delle pene è intervenuto anche il sindaco di Firenze, Dario Nardella, che si scagliò urlando contro uno degli attivisti che avevano lanciato della vernice lavabile sulla facciata di Palazzo Vecchio. «Non so quanto possa essere efficace una cosa del genere, anche perché dopo un danneggiamento ai beni culturali già scattano le sanzioni», ha commentato Nardella: «Come ho sempre detto, prevenire è meglio di curare. E questo vale anche per le azioni dimostrative».

«E ora il governo vorrebbe dichiarare guerra perfino a cittadine e cittadini del suo stesso Paese che si preoccupano per il futuro che non avranno?», scrivono da Ultima Generazione, collettivo di disobbedienza civile nonviolenta contro il collasso climatico, protagonista di molte azioni in Italia e in tutto il mondo. «Con i soldi PUBBLICI, che si potrebbero usare per risanare la rete idrica e combattere la siccità, il governo continua a foraggiare i colossi dei combustibili fossili. Per non parlare poi del Ponte sullo Stretto! (Ma davvero, ancora?!)», continuano. «Dopo essere venuto meno agli accordi presi alla Cop26 di Glasgow (la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021, ndr) continuando a investire nel fossile, il governo propone una legge che introduce un nuovo reato ad hoc per colpire le giuste proteste».

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