24 ottobre 2020

L’impatto dell’arte sull’ambiente: nasce la Gallery Climate Coalition

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A Londra è stata presentata la Gallery Climate Coalition, un collettivo che riunisce alcune tra le gallerie e le organizzazioni più importanti al mondo, per ridurre l’impatto ambientale dell’arte

Non si può dire che l’arte sia un settore che abbia fatto della sostenibilità ambientale il suo metodo di lavoro, nonostante il tema, molto spesso, sia usato come manifesto. Spostamenti da un capo all’altro del mondo di persone, imponenti movimentazioni di opere, concentramenti effimeri in aree specifiche e altamente urbanizzate. Insomma, l’impatto dell’arte non sarà comparabile a quello degli allevamenti intensivi, nonostante certi aspetti sembrino piuttosto simili ma – ironie a parte – una certa percentuale di responsabilità ce l’abbiamo anche noi. E così alcune gallerie hanno deciso di affrontare il problema e hanno ufficialmente lanciato un collettivo dal nome programmatico e anche agguerrito a suo modo, GCC – Gallery Climate Coalition, presentato in questi giorni ma preparato da lunghe discussioni avvenute negli ultimi sei difficili mesi di pandemia.

I padri fondatori, alla ricerca di proseliti

L’organizzazione no profit, che ha anche un suo sito web molto minimal, a basso impatto visivo appunto, riunisce un ampio gruppo di professionisti dell’arte, nel tentativo di sviluppare «una risposta significativa e specifica del settore alla crescente crisi climatica». A comporre il team fondatore di Gallery Climate Coalition, alcune tra le gallerie, le istituzioni e le organizzazioni più prestigiose del panorama dell’arte internazionale, come Thomas Dane Gallery, Kate MacGarry, Lisson Gallery, Sadie Coles HQ, Frieze, Artlogic, Scott & Co. Ma GCC sta tentando di coinvolgere varie altre figure, per lavorare insieme all’obiettivo di ridurre le emissioni di carbonio del 50% nei prossimi dieci anni, nonché promuovere pratiche che possano portare all’azzeramento o quasi dei rifiuti.

Non è prevista una quota associativa fissa per aderire al GCC, invece, ai nuovi membri viene chiesto di fare una donazione volontaria di qualsiasi importo, per pagare il personale della GCC, perché fino a oggi tutto il lavoro è stato svolto su basi volontarie. E l’ambientalismo senza giustizia sociale è solo giardinaggio, con qualche licenza di traduzione, qualcuno.

Gli strumenti di Gallery Climate Coalition

Per realizzare uno scopo tanto nobile, oltre alla buona volontà servono anche strumenti adatti, che si potranno trovare sul sito di Gallery Climate Coalition, a disposizione degli iscritti. Tra questi – ed è una novità assoluta nel settore, che obbiettivamente potrà essere molto utile – un calcolatore di emissioni di carbonio facile da usare e affidabile, disponibile gratuitamente per tutti i membri del GCC, sviluppato pro bono, insieme al sito web, dalla società Artlogic. Questo strumento è stato progettato specificamente per le gallerie e per il settore commerciale dell’arte, per determinare e monitorare regolarmente l’impronta di carbonio lasciata dalle mostre, dalle fiere e dai grandi eventi, anche se, ultimamente, pare che non ci sia più occasione di organizzarne.

Sarà troppo tardi? Non possiamo saperlo ma la speranza non inquina. Il calcolatore fornirà delle stime precise sulle emissioni delle aziende di tutte le dimensioni, dai singoli operatori e singoli artisti, fino alle grandi gallerie blu-chip con centinaia di dipendenti e con più sedi distaccate in tutto il mondo.

Oltre al calcolatore, il sito web del GCC proporrà e commissionerà ricerche aggiornate su alcuni aspetti specifici, classificati per argomenti quali viaggi, spedizioni, edifici (cioè magazzini e uffici), packaging, riciclaggio.

Infine, sul sito sarà pubblicata una serie di video, appositamente commissionati da Gallery Climate Coalition, con alcune delle voci più influenti nel mondo dell’arte, per offrire una prospettiva più ampia. Tra gli invitati, la direttrice della Tate, Maria Balshaw, e della Tate Modern, Frances Morris, in una conversazione con la giornalista Louisa Buck sull’emergenza climatica e sul futuro dell’istituzione. Sarà poi la volta dell’artista John Akomfrah e del direttore della Lisson Gallery, Greg Hilty, che discuteranno del potere dell’arte nell’affrontare questioni di giustizia ambientale. Alison Tickell, fondatrice di Julie’s Bicycle, in una conversazione con il co-fondatore di Frieze, Matthew Slotover, parlerà delle capacità di tradurre il pensiero in azione, mentre l’intervento dell’ambientalista e scrittore Mark Lynas con la giornalista Daisy Garnett sarà incentrato sui motivi dell’attuale crisi climatica.

Insomma, qualcosa si muove e qualche strumento utile è a disposizione. Ora bisogna vedere chi sentirà la chiamata.

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