29 novembre 2019

Capodimonte: il sogno americano censurato

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La mostra “Flesh&Blood. Italian Masterpieces from the Capodimonte Museum” porta nella modernissima Seattle Tiziano, Raffaello e Carracci. Ma il politically correct americano è in agguato, insieme al ridicolo

Flesh&Blood. Italian Masterpieces from the Capodimonte Museum Seattle Art Museum

This exhibition contains images of nude figures and violence. Queste sono le parole che accompagnano la promozione di “Flesh&Blood. Italian Masterpieces from the Capodimonte Museum”, l’imponente mostra allestita presso il Seattle Art Museum organizzata in collaborazione con MondoMostre ed il Museo e Real Bosco di Capodimonte. Fra capolavori di Raffaello, Tiziano, Parmigianino, Guido Reni, Annibale Carracci, per citarne alcuni, spicca indubbiamente Giuditta e Oloferne di Artemisia Gentileschi, l’artista che a Seattle sta godendo di una particolare popolarità legata soprattutto alla sua storia personale che l’ha vista vittima di stupro da parte del suo maestro di prospettiva. L’eco delle proteste nate dal movimento #metoo, risuona nella sala della tela della celebre artista, l’unica opera a godere di una propria descrizione nell’insieme dell’infrastruttura didattica.

Giuditta e Oloferne: too much

È il quadro che riassume meglio di qualsiasi altro la natura e lo spirito di questa mostra: “Flesh and Blood”, carne e sangue. C’è tutta la voglia di vendetta, di rivalsa contro gli abusi, i soprusi, le prepotenze rivolte al genere femminile. È l’opera simbolo della mostra che, tuttavia, non compare nella locandina. Le ragioni di questa censura vanno individuate nel noiosissimo e americanissimo politically correct che mira a non turbare le singole sensibilità. Gloria de Liberali, curatorial intern della mostra, ha dichiarato che una delle problematiche principali affrontate dalla curatela è stata proprio la modalità attraverso cui giustificare la presenza di sangue, seni, glutei e genitali ad un pubblico poco abituato ad immagini che fanno, invece, parte a pieno titolo del nostro immaginario collettivo. Ed è proprio nella redazione delle didascalie che trasuda tutta quella tensione ed ansia che, per non urtare la sensibilità di pochi, finisce per sconfinare nel patetico come nel caso della didascalia dell’opera Arrigo peloso, Pietro matto e Amon nano di Agostino Carracci dove Amon da “dwarf” diventa inspiegabilmente “a little man”. Evidentemente la ragione del politically correct ha prevalso su quella dell’historically correct: se gli uffici del SAM fossero stati pervasi da maggiore spirito critico, avrebbero facilmente scoperto che nelle corti rinascimentali era usuale collezionare animali esotici ed esseri umani che destavano l’interesse dei visitatori. Tuttavia, nonostante minime sbavature, le didascalie ed i pannelli ben scritti accompagnano una mostra che può essere definita imponente senza dubbio alcuno.

Il mito è servito, al SAM

Gli spazi non sempre perfettamente idonei del museo vengono sfruttati al meglio, regalando al visitatore poco abituato ad immagini pilastro della nostra cultura (e anche della loro, a loro insaputa) un percorso cronologico che mira ad istruirlo con semplicità ed efficacia. Ed è così che si passa da papa Paolo III Farnese a Carlo I di Borbone, dal Rinascimento al Barocco, da Roma a Napoli, in un viaggio che ruota attorno al Museo di Capodimonte, che il New York Times ha recentemente definito un “under-visited treasure trove”. Nonostante la qualità di un istituto culturale si misuri in ben altro modo, per smentire l’autorevole quotidiano americano è sufficiente leggere i dati del MiBACT relativi ai flussi dove il museo napoletano registra uno fra i migliori incrementi di visitatori. Il richiamo alle sale vuote di Capodimonte riecheggiava anche durante la serata inaugurale riservata ai mecenati del museo di Seattle, che gustavano l’appetitoso rinfresco accompagnati da una simpatica coppia di anziani che intonava i più celebri brani della tradizione napoletana concludendo con un improbabilissimo “grazi milli”. Se a Seattle si brindava al ritmo di “pizza, mandolino, pasta and pizza”, a Napoli il riconfermato direttore Sylvain Bellenger avrà certamente strappato un sorriso a conferma dell’importanza di Capodimonte e della sua promozione a livello internazionale. A Seattle lasciamo ben volentieri la sfrenata corsa verso il futuro, a Napoli ne resta la sua più importante testimonianza.

Flesh&Blood. Italian Masterpieces from the Capodimonte Museum

Seattle Art Museum

Da mercoledì a domenica

Fino al 26 gennaio 2020

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