25 maggio 2024

Chi si prende cura del benessere mentale dei dipendenti del museo?

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Il 16 maggio, al Museo Orientale di Torino sono stati presentati i primi risultati del progetto ASBA per il personale museale, il progetto che non solo “cura” lo stress del pubblico al museo, ma che attenziona il benessere di chi al museo ci lavora

Lo storico dell’Arte Tomaso Montanari nel suo libro “Se amore guarda. Un’educazione sentimentale al patrimonio culturale” sostiene che, se vogliamo che l’Arte sia ancora in grado di liberarci, di aprire i nostri occhi e il nostro cuore ad una dimensione “altra”, che non sia solo percepita come il “lusso” di quei pochi che possono avere la passione o – ancora peggio – l’”hobby” alla bellezza, bisogna che qualcuno ci educhi ad essa, non solo razionalmente, ma soprattutto sentimentalmente, per “permetterci di trarre fuori dalle nostre viscere quell’umanità di cui abbiamo bisogno e che tanto stentiamo a vedere nel mondo e in noi”.

Gli addetti ai lavori, inclusi – tra i tanti – gli storici dell’arte, mediatori ed educatori culturali si danno da fare da anni per cercare di metter in moto e oliare l’ingranaggio che ruota tra cultura e pubblico.

Complice di questo meccanismo che va a rilento sono da una parte le Istituzioni stesse, nella loro impossibilità – per mancanza di fondi, risorse e personale specializzato – di comunicare, di intessere una relazione significativa con il pubblico e di fidelizzarlo. Soprattutto, di cogliere e riconoscere i bisogni delle persone quali mutati radicalmente, con il benessere psico-fisico che è, a buona ragione, diventato priorità assoluta nella vita di ciascuno di noi.

Educare sentimentalmente al patrimonio culturale, riprendendo le parole di Montanari, oggi significa anche prendere in considerazione il benessere mentale e fisico nell’interazione tra il pubblico e il museo. Numerosi progetti sono stati sviluppati in questo senso, sia per il pubblico generale sia per le persone più vulnerabili (ne avevo parlato qui).

Ma mentre il benessere degli spettatori sta già ricevendo attenzione, chi si occupa del benessere di coloro che lavorano nei musei e che sono essenziali nel mediare il rapporto tra pubblico e cultura?
È infatti cruciale trasformare i luoghi di cultura in spazi di benessere, da tutti i punti di vista: non solo lo spettatore deve essere al centro dell’attenzione, ma anche coloro che facilitano l’accesso e interpretano la bellezza e la cultura. Oltretutto, l’importanza del benessere del personale è cruciale in ogni azienda per creare un ambiente armonioso e produttivo, e i musei non fanno eccezione. Un approccio orientato al benessere può ridurre i costi e aumentare l’efficacia organizzativa, oltre a fornire al personale strumenti operativi per un coinvolgimento attivo nella vita complessiva del museo.

Questo è uno degli scopi principali del progetto ASBA (Anxiety, Stress, Brain-Friendly Museum Approach), che, dopo essersi dedicato al benessere dello spettatore ora si rivolge a quello del personale museale.

In sintesi, il progetto ASBA si propone di integrare le risorse aziendali con il know-how di professionisti del benessere e ricercatori, per migliorare il benessere individuale e rafforzare la motivazione del personale.

Risiede in questo, infatti, la sfida complessa di un intervento di questo tipo: fare in modo che il personale del Museo che è abituato alla bellezza del luogo, poiché la frequenta quotidianamente, riesca a riscoprirla e guardarla con occhi nuovi. Perché, in fondo, una corretta ed efficace educazione sentimentale al patrimonio culturale passa proprio di lì, da quei processi che sembrano dei paradossi: riscoprire il paesaggio esteriore che ci circonda, facendo rifiorire il nostro paesaggio interiore e “curare” chi ci educa alla bellezza.

I primi risultati

Al MAO (Museo d’Arte Orientale) di Torino, dunque, giovedì 16 maggio sono stati presentati i risultati preliminari di uno studio sperimentale condotto da Annalisa Banzi del CESPEB e un team di ricerca inter e multidisciplinare delle Università degli Studi di Milano e Milano-Bicocca, in collaborazione con il personale del MAO.

Durante lo studio, il personale del MAO ha sperimentato metodologie come Mindfulness, Arte terapia, Chair Yoga e Nature+Art, per riscoprire le collezioni con una nuova prospettiva e stimolare emozioni positive, utilizzando le proprietà terapeutiche degli spazi culturali e per creare un ambiente accogliente e stimolante.

Lo studio, condotto su un periodo di quattro mesi, ha seguito un disegno di ricerca longitudinale, con misurazioni ripetute prima e dopo ogni sessione. Sono stati raccolti sia dati quantitativi che qualitativi, adoperando sia questionari che discussioni di gruppo (focus group).

Le prime analisi hanno rivelato che tutte le tecniche utilizzate hanno avuto un effetto positivo sull’ansia di stato dei partecipanti. Tuttavia, i benefici variano a seconda della tecnica. La pratica della Mindfulness, ad esempio, ha avuto un impatto inferiore rispetto alle aspettative. Al contrario, lo Yoga si è dimostrato estremamente efficace e molto apprezzato dai partecipanti. Anche l’Arte Terapia ha ottenuto ottimi risultati, probabilmente perché i partecipanti hanno familiarità questa tecnica, che risulta simile a quella operata di routine all’interno delle loro attività museali.

Dal punto di vista qualitativo, sono stati osservati notevoli miglioramenti nella capacità dei partecipanti di riflettere e meta-riflettere sulle esperienze vissute. Inoltre, sono emersi significativi progressi nella condivisione costruttiva di queste esperienze all’interno del gruppo di lavoro.

 

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