05 febbraio 2024

Sanremo: la copia di un’opera di Artemisia Gentileschi viene esposta all’Ariston. Non si placano le polemiche

di

Una copia della Giuditta e Oloferne di Artemisia Gentileschi sarà esposta nel foyer del Teatro Ariston per il Festival di Sanremo. Prosegue la polemica delle femministe iniziata con la mostra di Palazzo Ducale a Genova

Artemisia Gentileschi, Giuditta con la sua ancella, al 1618-1619, Galleria Palatina di Firenze
Artemisia Gentileschi, Giuditta con la sua ancella, al 1618-1619, Galleria Palatina di Firenze

Continua a far discutere la mostra dedicata ad Artemisia Gentileschi e questa volta la polemica si sposta dal Palazzo Ducale di Genova, dove sarà visitabile ancora fino all’1 aprile 2024, al foyer del Teatro Ariston. Qui infatti, in occasione della 74ma edizione del Festival di Sanremo, sarà esposta una copia dell’iconica opera Giuditta e la sua ancella con la testa di Oloferne. L’iniziativa rientra nell’ambito del progetto Ospite d’Onore a Sanremo, promosso dalla Regione Liguria per diffondere il patrimonio artistico e culturale del territorio durante la vetrina del Festival. Ed è proprio intorno alle ambiguità di questa spettacolarizzazione che sono fiorite le critiche. Se da una parte è da considerare un’iniziativa di plauso quella che vuole portare l’arte all’attenzione del grande pubblico che popolerà le sale dell’Ariston durante il festival più amato dell’anno, dall’altra non è sfuggita l’ambiguità di fondo: perché scegliere un quadro di Artemisia come simbolo della lotta contro la violenza di genere dopo le critiche che ne hanno evidenziato l’effetto opposto?

Il progetto, che voleva farsi sicuramente portatore di un messaggio positivo, ha sortito insomma l’effetto opposto, quello di alimentare le polemiche da parte delle varie associazioni che proseguono ormai da circa due mesi, quando la pubblicazione dell’analisi critica della mostra su Artemisia Gentileschi a Palazzo Ducale di Genova sulle pagine di exibart ha innescato un dibattito allargatosi su scala nazionale.

«Continua la spettacolarizzazione della vicenda biografica di Artemisia Gentileschi. Nonostante le contestazioni, le istituzioni continuano a sfruttare questa narrazione morbosa per promuovere la mostra»: è Repubblica a riportare le parole del movimento femminista e transfemminista Non una di Meno e Mi riconosci.

Il tema biblico di Giuditta e Oloferne è un topos nella pittura europea del ‘500 e del ‘600 e la stessa Artemisia lo rappresentò in diverse opere: nello specifico, quello esposta al Festival di Sanremo è un antico olio su tela di 127 x 95 cm, mai esposto prima al pubblico e custodito nei depositi dei Musei di Strada Nuova, a Palazzo Rosso di Genova, realizzato copiando l’originale di Artemisia Gentileschi, risalente al 1618-1619, conservato nella Galleria Palatina di Firenze (di questa opera esistono anche altre copie antiche). Lo scorso anno, fu esposto un Autoritratto di Rubens.

La diatriba però ha inizio con la mostra Artemisia Gentileschi, Coraggio e Passione, promossa e organizzata dalla società Arthemisia con Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, Comune di Genova e Regione Liguria, a cura di Costantino D’Orazio e con la collaborazione di Anna Orlando (ne scrivevamo più diffusamente qui). «La mostra ha destato indignazione e contestazioni da parte di attiviste, studiose, associazioni e di chi vive e attraversa la città per la narrazione incentrata sugli episodi di violenza sessuale che subì la pittrice, narrazione che culmina in quella che è divenuta tristemente nota come “sala dello stupro”», si legge nella lettera aperta, firmata da vari collettivi e movimenti, tra cui Associazione Mi Riconosci?

«Questi episodi violenti vengono morbosamente richiamati anche nelle altre sale dell’esposizione, fino al bookshop in cui vari gadget recano la citazione di Tassi “Io del mio mal ministro fui”, che trasforma la crudeltà di cui fu capace in una specie di atto goliardico di cui fregiarsi, di fatto assolvendolo con simpatia. È in linea con questa narrazione anche il libro in vendita nel bookshop La notte tu mi fai impazzire. Gesta erotiche di Agostino Tassi, pittore di Pietrangelo Buttafuoco (designato presidente della Fondazione La Biennale di Venezia dal Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, ndr), opera che, come già si intuisce dal titolo, manipola e romanticizza la condotta violenta di Tassi», continua la lettera.

A seguito del clamore suscitato dalla vicenda, si registrava la risposta del curatore Costantino D’Orazio, che dichiarava la necessità di «Tenere conto del piano civico, quello scientifico non è più sufficiente». Ma la sovraesposizione della violenza, attraverso la spettacolarizzazione della dicotomia vittima – carnefice, si è puntualmente riproposta al Teatro Ariston.

«A poche ore dal suo allestimento, il quadro di Artemisia è già diventato il superospite del Festival di Sanremo», ha commentato il presidente di Regione Liguria, Giovanni Toti. «La cultura diffusa, in grado di raggiungere il maggior numero possibile di persone, è uno degli obiettivi di questa amministrazione. Se poi a questo si aggiunge anche la trasmissione di un messaggio importante, come quello contro la violenza sulle donne, il risultato è straordinario», ha proseguito Toti.

«Nessuna delle istituzioni coinvolte nella mostra, Comune di Genova e Regione Liguria, ha ritenuto opportuno un cambio di passo», ha evidenziato Ludovica Piazzi, di Mi Riconosci. «La Rai e l’Ariston dopo due mesi di contestazioni hanno ben pensato di accorrere in soccorso della mostra e della società privata che la organizza, mettendo a disposizione uno spettacolare volano di promozione». «Nonostante le contestazioni vadano avanti da mesi e la recente pubblicazione di una lettera aperta che sta avendo ampissimo seguito, le istituzioni coinvolte non si assumono la responsabilità di cambiare approccio. Anzi: la Regione Liguria di fatto la consacra, esponendo nel foyer dell’Ariston una copia antica», ha continuato Eva Ferrara, di Non una di meno Genova.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui