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Soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri. Questa la definizione che il rapporto della Commissione Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo dà alla parola «sostenibilità». In Our Common Future (Brundtland Report), pubblicato nel 1987, per la prima volta venne introdotto il concetto di «sviluppo sostenibile». L’idea di economia circolare affonda le sue radici negli anni ’70, in risposta ai sistemi economici moderni e ai processi industriali intensivi, caratteristici di quel periodo. L’idea di un circuito circolare delle risorse venne presentata da Kenneth E. Boulding nell’articolo The Economics of the Coming Spaceship Earth, venne poi ripreso dal rapporto presentato alla Commissione Europea dal titolo The Potential for Substituting Manpower for Energy e più recentemente, a partire dal 2006, è stata identificata dalla Cina come politica nazionale nell’11° piano quinquennale. Da allora, sono stati molti i passi avanti, ma, inutile a dirsi, sono stati altrettanti anche quelli mossi verso la direzione diametralmente opposta.
È evidente come l’ultraconsumismo e l’incessante corsa al profitto abbiano perpetrato negli anni questo brutale stillicidio di risorse e molto spesso di interi ecosistemi. La sfida è globale e le Nazioni Unite hanno chiamato in primis le aziende, nessuna esclusa, a farsene carico, chiedendo loro di rispettare i 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030. Ognuno deve far la sua parte. Nonostante nella top 10 dei settori più inquinanti del mondo l’organizzazione di eventi non sia ancora presente, anche la realizzazione di un grande evento comporta in maniera diretta e indiretta una notevole quantità di emissioni. Dalla messa a punto dello spazio necessario alla logistica dei partecipanti, sono molti i punti da tenere in considerazione quando si organizza un evento di vasta portata; le recenti polemiche ambientaliste sul Jova Beach Party – che stando ai rapporti redatti da diversi comitati ha distrutto gli ecosistemi delle spiagge in cui si è svolto – o le iniziative di band come i Coldplay, che nel 2022 hanno organizzato un tour proponendosi di ridurre le emissioni di CO2 del 50% rispetto al precedente, sono le due facce di questa medaglia. Ne parliamo con Valeria De Grandis, Account Director presso Superstudio Events, autrice dello studio Concerti, festival, fiere: possono essere davvero a impatto zero? Facciamo luce sugli eventi sostenibili.
Due domande a Valeria De Grandis, Account Director di Superstudio Events
Crede che la natura di un grande evento (all’aperto o indoor) sia per definizione in contrasto con il concetto stesso di sostenibilità?
«Ad oggi non è praticabile eliminare o compensare tutte le emissioni e i rifiuti generati durante una manifestazione. Ciò che è possibile, invece, è ridurre sensibilmente il nostro impatto. Del resto, esistono diverse best practices che si possono adottare e che il comparto sta già adottando, guidato dalla richiesta del pubblico ma anche dalla sensibilizzazione che arriva da parte delle associazioni di categoria. Certamente si tratta di un processo complesso, a volte lungo, che richiede impegno da parte di chi organizza gli eventi».
Quali sono i punti fondamentali su cui si basa l’organizzazione di un evento sostenibile?
«In primis, va sottolineato il valore delle certificazioni: quelle riconosciute a livello internazionale permettono di acquisire una maggiore reputazione. L’unico modo per garantire alla filiera la serietà delle proprie iniziative è poter dimostrare di aderire a standard comuni, misurabili e ufficiali. Successivamente, rilevanti sono gli impatti dei mezzi di trasporto – idealmente, accertarsi di organizzare l’evento vicino a una qualche fermata del trasporto pubblico oppure predisporre dei collegamenti con le stazioni –, la scelta di fornitori a loro volta sostenibili e il più prossimi possibile a dove si svolge l’evento, l’utilizzo di materiali riciclabili, l’ottimizzazione dell’illuminazione e il riciclo e il compostaggio dei rifiuti prodotti durante l’evento. Si possono coinvolgere e responsabilizzare tutti gli attori coinvolti – dai partner, ai fornitori, al pubblico – per contribuire a creare una cultura comune e un impegno condiviso verso la sostenibilità. In questo senso il mondo degli eventi sta cambiando e si sta evolvendo di pari passo alla sensibilità del pubblico e sono molti, già oggi, gli operatori del settore che, come noi, sentono la responsabilità di farsi portatori di questi nuovi valori. Siamo convinti che negli anni futuri vedremo numerose novità nella strada verso la sostenibilità degli eventi».
Strade percorribili, nuovi parametri, attenzione al futuro
Con un background legato alla storia di Superstudio Group, Superstudio Events è una società nata nel 2016 e interamente dedicata all’organizzazione e gestione di eventi corporate, privati e autoriali. Superstudio Events assiste, consiglia e affianca gli organizzatori, offrendo supporto allo sviluppo del concept, alla progettazione e alla produzione, fino alla digitalizzazione degli eventi. «Insomma, non sarà possibile realizzare l’evento perfetto dal punto di vista della sostenibilità ma si possono certamente creare dei processi misurabili e concreti, che rispondono a dei parametri condivisi e certificati, per rendere sempre meno impattanti tutte le manifestazioni che organizziamo, a livello pratico e molto più a fondo di qualsiasi slogan di marketing», conclude la dottoressa De Grandis, spiegando che quindi non possiamo pretendere di realizzare eventi sostenibili al 100%, ma possiamo certamente adottare approcci condivisi per ridurre l’impatto delle manifestazioni che organizziamo. Questo richiede un impegno pratico e sincero, che vada oltre le mere strategie commerciali. Raggiungere la perfezione in termini di sostenibilità per gli eventi può sembrare un obiettivo ambizioso, ma implementando filosofie eco friendly possiamo rendere le manifestazioni organizzate meno inquinanti.