11 febbraio 2020

I veterani dalla parte di Michael Rakowitz, contro il MoMA di New York

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Dopo le proteste di Michael Rakowitz contro la filantropia tossica del MoMA di New York, i veterani della guerra in Iraq scendono in campo, a favore dell’arte

Un nuovo colpo di scena, nella spinosa querelle che ha messo allo scoperto la filantropia tossica del MoMA di New York. Dopo la lettera degli artisti a supporto della protesta di Michael Rakowitz, che ha messo in pausa una sua opera video esposta al MOMA PS1, un endorsement significativo viene da quarantacinque veterani dell’esercito statunitense che hanno prestato servizio in Iraq, Kuwait e in altre operazioni di guerra in tutto il mondo. E sappiamo quanta influenza possa esercitare, nell’opinione pubblica statunitense, la parola dei veterani.

Gli ex militari hanno inviato la loro lettera al Museum of Modern Art, chiedendo di rifiutare ogni finanziamento proveniente da fonti eticamente discutibili. «Noi, veterani dell’esercito americano, scriviamo questa lettera a sostegno dei 37 artisti presenti in “Theatre of Operations: The Gulf Wars 1991 – 2011”, chiedendo al presidente del consiglio di amministrazione del MoMA, Leon Black, di cedere le sue azioni della Constellis Holdings, precedentemente conosciuta come Blackwater», scrivono i veterani nella lettera.

I casi di filantropia tossica del MoMA, contestati dai veterani e da Michael Rakowitz

Leon Black, oltre a essere un importante collezionista, è il fondatore della società Apollo Global Management che, a sua volta, ha investito nella Constellis, società che offre «Servizi di gestione del rischio», vale a dire contractors, cioè compagnie di militari prezzolati che spesso operano al di fuori del diritto bellico internazionale. La Constellis ebbe un ruolo di primo piano nella guerra degli Stati Uniti in Iraq e tre dei suoi miliziani furono condannati per una sparatoria che causò la morte di 14 civili in Iraq.

Quando Rakowitz è venuto a sapere di questo legame, ha deciso di mettere in pausa un suo video, Return, in esposizione per la mostra “Theatre of Operations”. Facendo notare che a lasciare un museo non dovrebbe essere un artista ma persone la cui condotta di vita entra in contrasto con gli atteggiamenti di apertura, dialogo, sincerità, armonia, propri di un’istituzione di tal genere. Un gesto legittimo, oltre che intelligente e creativo, solo che il MoMA PS1 ha pensato di premere di nuovo play, non solo censurando la volontà di Rakowitz ma anche intervenendo in maniera lampante nel processo di sviluppo dell’opera.

I veterani firmatari della lettera fanno parte del Veteran Art Movement, un collettivo che si descrive come una «piattaforma di veterani e membri dell’esercito impegnati a usare l’arte e altre pratiche creative per trasformare se stessi e la società, alle prese con guerre senza fine, militarismo e disumanizzazione». Nel 2019, il network ha organizzato anche la prima National Veterans Art Museum Triennial e un Veteran Art Summit a Chicago.

Nella lettera, si afferma che società come Constellis «hanno tratto grande profitto dallo sfruttamento coercitivo degli iracheni, mentre operavano sotto l’egida dell’esercito americano». I firmatari affermano di aver assistito in prima persona agli episodi in questione. Nel testo si fa riferimento anche a Larry Fink, membro del consiglio del MoMA, la cui compagnia di investimento, la Black Rock, investe in società che possiedono prigioni private, come già evidenziato da Rakowitz. Affari come questi, «rappresentano una guerra domestica contro le persone di colore e i poveri».

«Tale filantropia tossica, come l’ha definita Michael Rakowitz, deve finire», si legge nelle lettura, che conclude chiamando in causa la vittoria campagna contro Warren Kanders, ormai ex vicepresidente del Whitney Museum, costretto a dimettersi a causa dei suoi legami Safariland, una società che produce gas lacrimogeni e armi.

Qui si può leggere il testo completo della lettera.

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