28 novembre 2020

L’industria dell’arte può sopravvivere alla crisi Covid? Ce ne parla Steven Wolff

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Resilienza, prontezza, re-immaginazione: a margine di RO.ME, Steven Wolff ci parla delle possibilità concrete dell’industria dell’arte e della cultura, per guardare al futuro con ottimismo

Il 27 novembre si è conclusa la terza edizione della RO.ME Museum Exhibition 2020, tenutasi in un’inedita – quanto necessaria – dimensione digital only, che ha coordinato tre giornate ricche di incontri e approfondimenti riguardanti l’art patronage, la sostenibilità e la transizione digitale. All’interno di un calendario ricco di eventi, giovedì, 26 novembre, si è svolta una giornata di lavoro e confronto sulla situazione che il comparto artistico e culturale sta vivendo in risposta alla crisi del Coronavirus, discutendo possibili formule di rilancio e inediti modelli di sostegno e sostenibilità per attuali spazi di mercato.

Tra i diversi interlocutori della giornata a confronto, con il keynote “Reimagining Return – New Models post-COVID?“, è intervenuto Steven A. Wolff, figura di spicco nell’industria artistica e culturale, consulente di aziende di settore per la progettazione e lo sviluppo degli investimenti, delle iniziative strategiche e della ricerca. Presidente e fondatore della AMS Planning & Research Corp, per il settore arti e intrattenimento, e della AMS Analytics LLC, Steven Wolff è sicuramente una figura di primo pino nell’industria artistica e culturale. Vincitore nel 2017 e 2018 del ACQ5 Global Award come innovatore statunitense dell’anno, si occupa da oltre 20 anni di consulenze per la creazione di modelli di business innovativi con progetti volti al rinnovamento.

Con Steven Wolff abbiamo parlato di nuove modalità di fruizione dell’arte e della cultura, del ruolo imprescindibile svolto dai lavoratori nell’industria culturale, di ottimismo e di fiducia nel potere dell’immaginazione.

L’industria dell’arte alla sfida Covid: l’intervista a Steven Wolff

Il focus di questa terza edizione di RO.ME è stato la ‘transizione digitale’, un tema in risposta alla forte impennata che il mondo museale ha avuto (e sta continuando ad avere) verso l’utilizzo di un linguaggio digitale differente. Quali pensa possano essere, per il presente ma soprattutto per il futuro, nuove modalità vincenti di coinvolgimento e di fruizione del pubblico nel settore culturale?

«La sfida storica del settore culturale e creativo potrebbe essere descritta come “accesso limitato ai contenuti”. La pandemia ha momentaneamente negato l’accesso a teatri, musei e siti del patrimonio culturale in tutto il mondo, rendendo lampante che senza partecipazione non c’è nemmeno valore. Artisti di tutto il mondo hanno cercato metodi inediti di condivisione di opere d’arte, rendendole fruibili a un nuovo pubblico. I nuovi sistemi possono essere più intimi, coinvolgere nuove piattaforme (sia analogiche che digitali) e, spesso, fornire contenuti di rilievo sotto forma di informazioni interpretative e contestuali ampliate, approfondimenti artistici e opportunità di interconnessione di idee e concetti. Sappiamo che oggi i consumatori di prodotti e servizi culturali sono interessati ad apprendere oltre che a divertisti attraverso l’arte e la cultura. A partire dall’indirizzamento del consumatore che precede il suo engagement, fino all’estensione che lo segue, i dispositivi digitali aiuteranno a migliorare l’accesso, la comprensione e il rendimento».

Una delle priorità per l’industria culturale italiana e internazionale è sicuramente quella di ideare un piano d’azione per salvaguardarne il rilancio. Quali possono essere i punti strategici fondamentali all’interno di una nuova programmazione che riesca a garantirne la sostenibilità a lungo termine?

«È improbabile che l’industria culturale torni rapidamente ai livelli registrati prima del Covid e, per farlo, ci sono molteplici fattori che sembrerebbero indicare che ci sia molta strada da fare. Riteniamo che si verificheranno cinque fasi.

1) Resilienza: questa è la fase in cui si trova il settore da quando i luoghi di incontro e i musei sono chiusi al pubblico. L’obiettivo è quello di individuare i mezzi necessari per rimanere in contatto con i visitatori e mantenere attivo il coinvolgimento del pubblico. È un momento di rilevante scoperta: individuare nuovi strumenti, investigare diverse ipotesi su quale possa rappresentare il proprio “obiettivo” e gestire le scarse risorse dal capitale finanziario, alla leadership e alla capacità interna.

2) Prontezza: una volta che le organizzazioni sono in grado di stabilizzarsi e prevedere un futuro possibile, è importante mantenere la lealtà, conservare il valore, conoscere il proprio mercato e iniziare a esplorare nuovi scenari a breve e lungo termine.

3) Re-immaginazione. Questa fase è la più emozionante. Ci sono molti cliché sul “non lasciare che una buona crisi vada sprecata”. Sebbene questo sia un momento incredibilmente difficile, è anche un’opportunità per ripensare alle modalità lavorative degli operatori artistici, alle norme in cui il patrimonio culturale viene veicolato e all’importanza delle idee creative. Coloro che sono in grado di mantenere la propria immaginazione hanno più probabilità di definire il loro futuro e di fare in modo che sia di successo.

4) Ricapitalizzazione. In America, dove il sostegno del governo per l’arte e la cultura è minimo, molte organizzazioni avranno utilizzato le poche riserve accumulate nel tempo, semplicemente per continuare a mandare avanti le loro organizzazioni per un anno o 18 mesi.  Molto prima che le entrate riprendano a fluire, si dovranno contare costi elevati per riavviare l’attività, per riassegnare il personale, commissionare o per produrre nuovo lavoro. Trovare i mezzi che generano quantità sostanziali di capitale per più di centomila organizzazioni che annualmente generano $ 163,8 miliardi di attività economica sarà una vera sfida.

5) Ritorno. Anche riportare visitatori e pubblico sarà scoraggiante. Sarà la combinazione di quattro fattori a determinare quando si sarà pronti al ritorno: permessi sanitari della comunità, fattori istituzionali che creano luoghi sicuri pronti per il lavoro e la partecipazione, autorizzazioni del settore che saranno richieste affinché artisti, artigiani e il personale possano tornare a lavorare in sicurezza e, infine, la disponibilità del pubblico. La ricerca del nostro Audience Outlook Monitor suggerisce l’esistenza di una significativa domanda latente e una sostanziale lealtà istituzionale, ma il pubblico pone la propria sicurezza sanitaria molto al di sopra della partecipazione. Il pubblico locale tornerà alla fruizione, e molto probabilmente sarà più incline alla partecipazione di eventi all’aperto, poi ci sarà il pubblico regionale e infine il turismo. È probabile che questa evoluzione richieda alle imprese artistiche e culturali di ripensare alle modalità e ai contenuti offerti, oltre che al costo e al prezzo».

Riconoscere che l’arte e la cultura rappresentano un business è il primo passo per integrare nuovi posti di lavoro all’interno della comunità artistica. Una volta lei ha detto che «Gli artisti sono quelle persone che raccontano le nostre storie, che celebrano i nostri successi e che ci aiutano nell’imparare a vivere insieme.» Come è possibile a suo parere tutelare i lavoratori nell’industria culturale e le nuove professionalità di settore, soprattutto in questo momento storico?

«Gli artisti e i professionisti che li aiutano a realizzare contenuti creativi sono fonte di immaginazione: dovranno ricorrere a tutti i loro strumenti, dalla reinvenzione all’intraprendenza, per superare questo momento difficile. Al contempo, credo che questo sia un momento critico perché siamo tutti portati ad essere attratti da storie, reali o allegoriche, che ci aiutano a comprendere, imparare e celebrare dove siamo stati, dove siamo e dove potremmo essere diretti. Governi e filantropi saranno chiamati a proteggere i lavoratori dell’arte. I visitatori e il pubblico dovranno essere pazienti e supportare le organizzazioni e gli artisti in modo differente: acquistando presso negozi online, abbonandosi a contenuti digitali e simili. In cambio, i lavoratori dell’arte dovranno dimostrare il loro scopo, che sono contributori essenziali alla vitalità della comunità».

Mettendo in ginocchio il settore delle arti e dell’intrattenimento, la pandemia globale ha dato ulteriore prova della fragilità ma anche della fondamentale importanza che l’industria artistica ricopre all’interno dello sviluppo culturale ed economico internazionale. Quali sono, per il futuro, gli auspici che si augura per il mondo e il mercato artistico?

«Come ho accennato prima, sono ottimista riguardo il valore delle arti. Sono fiducioso nell’immaginazione degli artisti e degli operatori artistici. So che i capolavori storici e le nuove espressioni del nostro tempo possiedono un valore incommensurabile. La sfida per il settore è convincere i suoi partner e le parti interessate che le arti e la cultura contribuiscono materialmente alla comunità e alla vitalità sociale. A una filantropa e amica, Adrienne Arsht, una volta è stato chiesto perché sostenesse le arti quando ci sono così tante altre sfide urgenti, dal cambiamento climatico alla giustizia sociale, dall’accesso tecnologico alle sfide sanitarie globali. La sua risposta: “Ci sono molti che stanno lavorando per salvare vite umane, il mio ruolo è rendere la vita degna di essere vissuta”».

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