23 giugno 2020

L’artista Pyotr Verzilov, attivista del gruppo Pussy Riot, è stato arrestato di nuovo

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La polizia di Mosca ha fatto irruzione all’alba in casa di Pyotr Verzilov, performer artist e attivista vicino al collettivo femminista Pussy Riot: l’accusa è di sedizione

La saga degli arresti dei membri del gruppo Pussy Riot continua e questa volta tocca a Pyotr Verzilov, finito in carcere con l’accusa di aver istigato le sommosse dell’estate scorsa, per denunciare presunti brogli nelle elezioni del sindaco di Mosca. Le forze dell’ordine hanno fatto irruzione nell’appartamento di Verzilov l’altro ieri e il collettivo femminista ha subito riportato la notizia sul suo profilo Twitter.

Tra gli editor del giornale di controinformazione MediaZona e già membro del collettivo di street art Vojna, conosciuto in Russia per i suoi happening piuttosto estremi, Verzilov era già abbondantemente noto alle autorità, in quanto, oltre a essere un performer artist, figurava anche tra i manifestanti, che entrarono in campo durante la finale dei mondiali di calcio del 2018 per chiedere il rilascio di tutti i prigionieri politici. In quella occasione, Verzilov non fece molta strada, visto che venne spinto a terra dal roccioso calciatore croato Dejan Lovren. La Croazia poi perse la partita e Verzilov, insieme alle altre tre pussy riot, Veronika Nikulshina, Olga Pakhtusova e Olga Kurachyova, finì in carcere per 15 giorni.

ph by Kyodo News via Getty Images

Ex moglie di Verzilov è la pussy riot Nadezhda Tolokonnikova, che partecipò alle famose proteste della cattedrale di Mosca del febbraio 2012 e che per questo fu arrestata. In quel frangente, Verzilov agì come portavoce del collettivo ma furono le stesse Pussy Riot a sconfessarlo, con una lettera in cui si spiegava che l’unica persona che può legittimamente rappresentare il gruppo è «una ragazza in passamontagna».

Secondo quanto riportato nel post pubblicato dall’account delle Pussy Riot, 20 poliziotti e tre ufficiali del dipartimento investigativo hanno fatto irruzione in casa di Verzilov alle 7 del mattino, presumibilmente entrati senza un mandato di perquisizione. Secondo la ricostruzione delle Pussy Riot, la polizia avrebbe sequestrato prove che confermerebbero il coinvolgimento di Verzilov nell’organizzazione delle rivolte e di altri atti rivolti contro i funzionari del governo. Senza poter contattare i parenti o il suo avvocato, Verzilov è stato quindi interrogato per 13 ore da Rustam Gabdulin, investigatore e membro di alto grado del dipartimento che sta conducendo le indagini sui disordini del 27 luglio 2019.

In quella giornata, migliaia di persone si riunirono senza autorizzazione nel pieno centro della capitale russa, per chiedere elezioni libere ed eque, dopo che le autorità hanno rifiutato di consentire all’opposizione e ai candidati indipendenti di candidarsi alle elezioni per il rinnovo del consiglio comunale di Mosca. Molti gli arresti che scattarono nelle ore immediatamente successive alla manifestazione, tra cui anche uno dei candidati non ammessi, Dmitry Gudkov. Ma le indagini erano ancora in corso.

Nella loro dichiarazione, le Pussy Riot affermano che, alla data in questione, Pyotr Verzilov si trovava in Estonia per incontrare il presidente Kersti Kaljulaid, la prima donna alla guida del Paese. Molto probabilmente Verzilov riceverà alcune settimane di arresti per teppismo, continua la nota, aggiungendo che «Non è ancora chiaro cosa potrebbe accadere con le accuse di organizzazione di rivolta». Un crimine che, in Russia è punibile anche con diversi anni di prigione.

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