30 aprile 2020

«La musica non è un lavoro»: il batterista dei Ponzio Pilates multato

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Il caso del batterista multato per spostamento in assenza di esigenze lavorative fa riflettere sul mancato riconoscimento dei mestieri culturali e sulle opacità amministrative

Quello del musicista – e quindi dell’artista – non è un vero lavoro, magari si può fare giusto come hobby. È quanto si è sentito dire Dimitri Reali da un carabiniere che motivava in questo modo la multa appena appioppata al batterista dei Ponzio Pilates e degli Urali, perché «si spostava in assenza di comprovate esigenze lavorative». Il 28 aprile, Reali stava tornando a casa sua, nel Comune di San Leo, in provincia di Rimini, dopo aver recuperato, a Cesenatico, la strumentazione necessaria per continuare a lavorare e avviare un nuovo progetto in streaming. «Mi sono recato a Cesenatico in magazzino per ritirare gli strumenti musicali che devo utilizzare essendo un musicista», ha scritto Reali nella sua autocertificazione ma, evidentemente, non è servito a nulla. E nemmeno «Le foto dei live e l’articolo della partecipazione ad Italia’s Got Talent Official, i video sul telefono sono bastati per convincere il carabiniere che vorrei fare questo per vivere, suonare con le mie band», ha scritto Reali in un post su Instagram che ha fatto rapidamente il giro della rete, alimentando la discussione sulle condizioni dei lavoratori dell’arte e della cultura in Italia, in questi giorni di emergenza Covid-19 e non solo. E la multa è anche maggiorata, visto che il “reato” è avvenuto mediante automobile.

 

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In effetti, difficile pretendere che anche i carabinieri abbiano il cuore tenero o un animo sensibile e, proprio per questo, in una situazione così complicata, sarebbe necessaria una normativa precisa e minimamente equivocabile da parte del Governo, che dia quindi poco margine di interpretazione ai pubblici ufficiali impegnati sul territorio con gran dispendio di forze e di denaro pubblico. E invece, nella gestione dell’emergenza, la politica italiana ha dato il meglio di sé in quanto a opacità, a partire dalla proditoria fuga di notizie che diede il via all’esodo nord-sud, a marzo, fino alla poca chiarezza in merito alle modalità di riapertura dei musei, mostrando inoltre quanto la “linea di comando” sia in realtà una rete sfilacciata e tenacemente aggrappata alle proprie autonomie, ai propri poteri regionali e locali, ai propri clienti.

Che poi questo scollamento abbia ripercussioni su una fascia specifica e già abbastanza in difficoltà anche al di là dell’emergenza Covid-19, non fa che aumentare la sfiducia nei confronti dello Stato e della cosa pubblica. «Credo che questa visione venga resa forte da una carenza nella nostra legislazione di tutelare non solo i musicisti, ma una lunga serie di figure che lavorano attorno alla musica che va dai performer, ai tecnici e tocca anche i gestori di locali che ospitano eventi legati alla musica. Credo che, più in grande, sia un problema legato a tutti coloro che lavorano nell’arte e per l’arte», ha spiegato Reali in una intervista. E così emerge ancora una volta la schizofrenia del nostro Belpaese che ama mostrare al resto del mondo il tricolore svolazzante sulle bellezze dell’arte e della cultura, ma che stenta a riconoscere il lavoro delle persone che, al prezzo di sacrifici e incertezze, contribuiscono quotidianamente a dar forma a quell’immagine.

Proprio questa mattina, il ministro per i beni culturali e il turismo, Dario Franceschini, ha incontrato in video conferenza alcuni rappresentanti del mondo dello spettacolo dal vivo, per informarli sulle misure già approvate dal governo, per anticipare i contenuti del prossimo decreto e per discutere le azioni da intraprendere in vista delle riaperture.

«È stata un’importante occasione di confronto  mai come in questo momento è fondamentale e utile ascoltare la voce di chi, nei singoli settori, conosce le reali problematiche e suggerisce soluzioni corrette e percorribili per tornare gradualmente alla normalità nel rispetto della sicurezza dei lavoratori e del pubblico», ha detto il Ministro. Superfluo – se non crudele – mettere in evidenza l’incongruenza tra questa affermazione e la realtà dei fatti appena descritti.

I decreti già firmati prevedono 20 milioni di euro per i settori non finanziati dal Fus, cioè teatri minori, circo, musica, danza. Ci sono poi 13 milioni di euro che derivano dalla copia privata a favore di autori, artisti, interpreti, esecutori con redditi inferiori a 20mila euro lordi all’anno e 5 milioni di euro per lo spettacolo viaggiante.

Nel “decreto Aprile”, Franceschini inserirà le misure straordinarie per il Fus, che anticiperanno l’erogazione dei finanziamenti e consentiranno la possibilità di utilizzare i fondi anche per integrare gli strumenti di sostegno al reddito dei dipendenti e il pacchetto di misure per rafforzare le indennità e le tutele dei lavoratori e scongiurare che alcune figure professionali possano restare escluse.

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