20 febbraio 2021

Macro e Mattatoio: Roma al raddoppio

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Mentre il Macro si interroga sul presente in direzione del futuro, il Mattatoio affonda le radici in un immaginario tra tradizione e contemporaneità: due facce di un ex "museo unico" che oggi è al raddoppio. E la scena culturale romana ringrazia

Luigi Presicce, Le Storie della Vera Croce, Installation view, Courtesy l’Artista e Mattatoio, Roma, Foto: VideoMonkeyLab © Azienda Speciale Palaexpo

Grazie al nuovo assetto istituzionale legato all’ampliamento delle competenze dell’Azienda Speciale Palaexpo, presieduta da Cesare Pietroiusti, Roma ha acquisito due spazi preposti alla promozione del contemporaneo, affidati a due direzioni diverse: Luca Lo Pinto dirige il Macro, mentre Angel Moya Garcia il Mattatoio. Due spazi che per anni erano uniti sotto un unico direttore, che in genere prediligeva la sede di Reggio Emilia, con un minore interesse per i due padiglioni del Mattatoio (allora chiamato Macro Testaccio) che nel tempo hanno comunque ospitato mostre di rilievo. L’idea di averli separati è stata vincente, ed ha permesso alla nostra città di ampliare l’offerta di arte contemporanea sia per qualità che per quantità. Cominciamo dal Macro, che Lo Pinto, curatore dalle visioni sofisticate e sensibili, ha ribattezzato Museo per l’Immaginazione Preventiva, concepito come un palinsesto editoriale: “Sono progetti espositivi autonomi che, nel loro insieme, disvelano le rubriche di una rivista vivente, i cui contenuti andranno a modificarsi nel tempo” spiega Lo Pinto. Ogni spazio fisico corrisponde ad una mostra differente: in questo momento ce ne sono otto, tutte di notevole interesse e legate tra loro da uno sguardo raffinato e mai banale.

Rä di Martino, AAAAA!, 2020. HD video loop, hantarex monitor, legno. Courtesy l’artista, Valentina Bonomo, Roma, Monica De Cardenas, Milano. Still. Museo per l’Immaginazione Preventiva, MACRO 2021

Così il Macro propone allo spettatore una sorta di “educazione visiva” che potrebbe sembrare, ad un primo sguardo, veloce e superficiale mentre è un modo di vivere l’arte in maniera più esperienziale, immersiva e soprattutto multidisciplinare e trasversale. Dieci e lode all’artista francese Nathalie Du Pasquier (Bordeaux 1957): la sua antologica “Campo di Marte” ha trasformato la sala Enel (forse lo spazio più difficile del museo) in una vivace, colorata e seducente Gesamtkunstwerk, un’opera d’arte totale che ci proietta nel suo mondo, in bilico tra arte e design, interpretando l’ambiente in maniera impeccabile attraverso cento opere allestite in modo magistrale. L’ex sala Bianca ospita RETROFUTURO, il progetto in progress di una collezione , dove le opere di 11 giovani artisti italiani emergono dal ritratto fotografico dei depositi del Macro realizzato sulle pareti dell’ambiente da Giovanna Silva, mentre le sale del corpo di fabbrica dell’ex Birreria Peroni compongono un avventuroso itinerario tra stupore e meraviglia, che va dalle riscoperte di artisti germinali ma dimenticati come il performer tedesco Wolfgang Stoerchle nella sezione ARITMICI alla figura di Simone Carella, artista protagonista dell’estate romana , riletta da tre artisti (Franceschini, Di Martino e Maggi) e dai filmaker Vega, protagonista di POLIFONIA. A raccontare il mondo del designer internazionale Boy Vereecken per IN-DESIGN ci sono otto artisti che interpretano l’evoluzione della grafica attraverso le loro opere, mentre con “Caresse” l’artista giapponese Soshiro Matsubara racconta un ideale confronto con il quadro Memories dell’artista simbolista belga Ferdinand Khnopff all’interno di PALESTRA. Ma non basta: la rubrica STUDIO BIBLIOGRAFICO ospita una piccola ma preziosa mostra dedicata alla rivista Playmen (1967-2001) che abbinava il soft porno ad interventi di alta cultura.

ARITMICI, Wolfgang Stoerchle (1944–1976).Exhibition view. Museo per l’Immaginazione Preventiva, MACRO 2021. Photo credit: Agnese Bedini e Melania Dalle Grave DSL Studio

Insomma un museo che assomiglia per certi versi alla Biblioteca di Babele descritta da Jorge Luis Borges, che costituisce un’interessante ipotesi per inserire l’arte contemporanea in un contesto culturale più ampio e versatile. La sinfonia del Macro si confronta con l’assolo del Mattatoio, dove il padiglione 9b ospita il progetto espositivo di Luigi Presicce “Le storie della Vera Croce”, curato da Angel Moya Garcia nell’ambito del programma espositivo triennale “Dispositivi sensibili”. Qui l’atmosfera è rarefatta e oscura, quasi neomedievale. Tutte le pareti dorate incorniciano dieci schermi dove vengono proiettate 18 performance diverse presentate in forma di video, che compongono una sorta di percorso iniziatico legato ad uno dei testi religiosi più popolari nel tredicesimo secolo: La Legenda Aurea scritta da Jacopo da Varagine alla fine del Duecento, che ha ispirato gli affreschi di Piero della Francesca nella chiesa di San Francesco ad Arezzo.

Con grande attenzione all’iconografia antica, riletta in chiave contemporanea, Presicce ci conduce in un mondo di riti ancestrali, simboli alchemici, luoghi esoterici dove paganesimo e cristianesimo si fondono per dare vita ad un universo mistico e suggestivo, che necessita di complesse chiavi di lettura. Un’immersione in uno spazio di contemplazione che viene animato attraverso una serie di proiezioni di film come Caravaggio di Derek Jarman, incontri con storici dell’arte e filosofi e sessioni performative dedicate alla pittura che coinvolgono gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Roma. Un magico antro delle meraviglie, dove storia e attualità si mescolano per costruire un percorso diacronico e atemporale: se il Macro si interroga sul presente gettando uno sguardo in direzione del futuro, il Mattatoio al contrario affonda le radici in un immaginario in bilico tra tradizione e contemporaneità. Molteplicità e unicità costituiscono le caratteristiche fondamentali dei due spazi, che insieme contribuiscono a rendere più attiva la scena dell’arte contemporanea della città.

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