10 marzo 2023

Al museo Mauritshuis, l’Intelligenza Artificiale rifà il look a un’opera di Vermeer

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Il museo Mauritshuis dell'Aia ha invitato il pubblico a reinterpretare la Ragazza col turbante di Jan Vermeer per un concorso e qualcuno ha usato un programma di intelligenza artificiale. E ha anche vinto

L’intelligenza artificiale o IA rappresenta la nuova frontiera del digitale e non solo. Le sue potenzialità e applicazioni sono pressoché illimitate, al punto che, in ogni campo, che sia scientifico o artistico, si discute delle possibili applicazioni. La tecnologia, come spesso ci insegna la storia, non né “giusta” né “sbagliata”, piuttosto sono i suoi utilizzi che la connotano ed è per questo che è essenziale porsi le giuste domande, con la consapevolezza che il progresso è spesso inevitabile. Il parere del pubblico dell’arte si fa sempre più frammentato, in assenza di una visione comune e anche di una disciplina, che sarebbe utile, per esempio, per dirimere possibili controversie sorte per premi e concorsi.

È il caso del nuovo ritratto presentato dal museo Mauritshuis dell’Aia. Dopo aver prestato al Rijksmuseum di Amsterdam, per la grande e attesissima mostra dedicata al grande maestro olandese Jan Vermeer, la celebre opera Ragazza col turbante, conosciuta anche come la Ragazza con l’orecchino di perla, nella sala sono state esposte cinque reinterpretazioni del famoso ritratto, di cui una realizzata attraverso l’IA Midjourney.

Jan Vermeer, Ragazza col turbante, 1665-1666 circa, olio su tel, 44,5×39 cm, Mauritshuis, L’Aia

“My Girl With a Pearl” è il nome del concorso indetto dal Mauritshuis, che ha invitato il pubblico a inviare la propria rielaborazione della Ragazza col turbante. Più di 3500 interpretazioni sono giunte al museo, di cui 170 sono state selezionate ed esposte in una slideshow su schermo, mentre altre cinque sono state stampate ed esposte al posto dell’originale.

Il ritratto generato dall’ IA, dell’artista tedesco Julian van Dieken, A Girl With Glowing Earrings, presenta un’estetica agli antipodi dell’originale da cui si ispira. La luce soffusa, il candore e la tenue tavolozza di colori lasciano il posto a tinte estremamente più decise e contrastate, riproponendo un aspetto simile ai blockbusters cinematografici hollywoodiani considerati oggi lo standard visivo per eccellenza (della “lensizzazione” dei canoni ne scrivevamo qui).

Julian van Dieken, A Girl With Glowing Earrings. Courtesy of the artist

La risposta dell’istituzione – «We purely looked at what we liked, Is this creative? That’s a tough question» – cerca di smorzare le critiche ricevute per la coraggiosa operazione. Diversi utenti, osservando i profili social sia dell’artista che del museo hanno sollevato dubbi e perplessità, c’è chi si interroga sul ruolo di effettiva tutela delle opere davanti a tali rielaborazioni, pratica in realtà già diffusa prima dell’avvento dell’IA, oppure chi accusa di non aver minimamente osservato le questioni etiche e giuridiche e c’è perfino chi accusa Julian van Dieken di essere un impostore. Dal canto suo, l’artista si dice onorato di aver potuto esporre una sua opera in un contesto così alto e ricorda che in meno di quattro mesi la sua popolarità è cresciuta esponenzialmente.

La storia di Van Dieken sembrerebbe lasciare poco spazio alle sfumature di grigio nel dibattito sul ruolo della tecnologia nelle istituzioni tradizionali ma, in realtà, chiede una responsabilizzazione maggiore rispetto alle delicate sfide che il progresso e l’arte inevitabilmente sottopongono a tutti noi.

Nel campo artistico, rispetto ad altri settori, le questioni etiche si complicano, andando a coinvolgere il senso stesso della creatività (qui ne scrivevamo in merito all’architettura). Il dibattito attuale, infatti, verte sulla concezione stessa dell’intelligenza artificiale: siamo davanti a un potente strumento oppure si rischia di svilire il senso della ricerca artistica stessa? Non solo, le recenti applicazioni dell’IA e la timida apertura da parte delle istituzioni alla sperimentazione testimoniano la difficoltà sempre maggiore della tutela del diritto d’autore. Se in passato le criticità riguardo la protezione del lavoro svolto dagli artisti consistevano principalmente nella difesa di una riproduzione digitale sregolata, oggi l’intelligenza artificiale complica notevolmente la questione.

Volendo non considerare esclusivamente il fattore umano dell’arte e le questioni annesse, quindi ponendo l’IA esclusivamente come uno strumento al servizio della necessità interiore di ogni artista, rimane difficile far sì che questa non copi gli stili o le particolarità di altri autori.

Infatti queste intelligenze “imparano” attraverso l’elaborazione di milioni di dati e restituiscono dei “risultati”, in questo caso creativi, in base agli input analizzati. Duque far sì che l’IA immagazzini correttamente le informazioni e non restituisca immagini o video infrangendo il diritto d’autore rimane una tra le principali sfide, se non altro per una corretta applicazione. È esemplare, in tal senso, il premio vinto da Jason Allen al concorso artistico della Colorado State Fair, con l’opera Théâtre D’opéra Spatial generata attraverso l’intelligenza artificiale Midjourney.

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