03 aprile 2020

Colonialismo: l’Arts Council England pubblica un documento per i musei

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L'Arts Council ha pubblicato un documento sulla restituzione delle opere conservate nei musei inglesi e risalenti agli anni del colonialismo. Ma la strada è ancora lunga

Nel Regno Unito, l’Arts Council England – ACE, pubblicherà un documento per rispondere alla crescente pressione internazionale: si discuterà di misure pratiche ed etiche per le restituzioni di oggetti culturali saccheggiati durante gli anni del colonialismo. Per i musei inglesi sembra dunque prospettarsi un nuovo futuro di restituzioni, ma sarà davvero così?

Una richiesta crescente

In alcune nazioni, il dibattito a livello istituzionale riguardo agli aspetti del risarcimento del colonialismo è già iniziato da diversi anni. Nel 2018, in particolare, i leader di alcuni Paesi africani, così come il Governo della Turchia, avevano richiesto a Francia e Germania il rimpatrio dei tesori saccheggiati durante le conquiste coloniali del 1900, mentre in più occasioni abbiamo scritto delle pressioni esercitate dalla Grecia per i Marmi del Partenone.

I Marmi del Partenone al British Museum

Nel 2018 l’UNESCO organizzò inoltre un’importante conferenza internazionale per affrontare la questione della circolazione dei beni culturali. In quella occasione, si discusse della condivisione del patrimonio conservato in musei e istituzioni situati lontano dai Paesi che li hanno prodotti. Tuttavia non si è mai arrivati a una risoluzione.

Restituzioni a piccoli passi

L’Arts Council England aveva iniziato, nel gennaio 2020, una ricerca per sviluppare una guida per i musei sulla restituzione e il rimpatrio di oggetti culturali razziati durante gli anni del colonialismo, nominando l’Institute of Art and Law per svolgere questo compito. Tuttavia, il contratto è stato definito idoneo per le piccole aziende e può contare su un budget di appena 42mila sterline. In una dichiarazione formale, l’Arts Council ha inoltre specificato che si discuterà semplicemente del «trattamento dei reclami e sulle decisioni di un potenziale ritorno di oggetti». Questo lascia spazio a enormi dubbi sulla questione.

Il modo con cui il Regno Unito tenta ancora di esercitare la sua influenza sull’ex Commonwealth, la dice lunga sulla visione inglese del colonialismo e dunque su eventuali restituzioni. Inoltre i musei del Regno Unito continuano a essere coinvolti in controversie su tale questione.

L’anno scorso la scrittrice e politica egiziana Ahdaf Soueif ha annunciato le sue dimissioni dal consiglio di amministrazione del British Museum. Il suo è stato un segno di protesta per l’«inamovibilità del British Museum su questioni di interesse critico» e per la mancanza di discussione sulla questione delle restituzioni.

Ahdaf Soueif, ph. Rob Stothard for Palfest, 2017

Etica nel mondo culturale

Ciò che allora sembra utile ricordare, è che quella delle restituzioni non è una semplice querelle o una discussione marginale ma rappresenta il riconoscimento di un proprio diritto oltre che un minimo risarcimento per l’enorme violenza che gli Stati colonialisti hanno potuto esercitare indisturbati per anni.

Quelle che il mondo occidentale ha sempre considerato realtà subalterne, stanno oggi reclamando un diritto che rientra nei doveri morali ed etici del mondo culturale, come ha avuto modo di esprimere anche Ariella Azoulay, nel suo nuovo saggio, Potential History: Unlearning Imperialism, di cui scrivevamo qui.

Per citare le parole della stessa Ahdaf Soueif: «Il mondo è coinvolto in battaglie sul cambiamento climatico, disuguaglianze viziose e in aumento, l’eredità residua del colonialismo, questioni di democrazia, cittadinanza e diritti umani. Su tutti questi temi il museo deve assumere una chiara posizione etica». Vedremo dunque quale sarà la posizione etica e politica che il Regno Unito vorrà prendere, di fronte a tali questioni.

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