23 giugno 2003

Parola di Bonami

 
Venezia, vernissage della Biennale. Bonami, tallonato dal nostro redattore Nicola Angerame, va a ruota libera. Sul ruolo dell’arte, sulle caratteristiche del nuovo spettatore, sull’utilità/inutilità dell’arte negli ultimi 20 anni, sulle caratteristiche del curatore. E sull’infantile Biennale di Praga…

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Tu scrivi che “dallo scontro fra il sogno estetico e il documento del conflitto” nasce questa 50esima Biennale, il che è anche un modo per confrontarsi con altre importanti esposizioni come Documenta e Manifesta?
Una mostra non può essere né un sogno estetico né un documento del conflitto ma deve nascere dallo scontro di queste due dimensioni, in cui la riflessione sull’identità personale si intreccia con la riflessione sul conflitto che viviamo nella società, sia dal punto di vista privato che generale.

Come hai strutturato il metodo di lavoro con i curatori da te invitati?
Ho lavorato come l’editore di un’antologia, per la quale ogni curatore ha scritto un proprio saggio. Io ho tentato di metterli insieme dentro un’unica copertina che è quella della Biennale.

In questi ultimi 20 anni, che mi sembra il periodo di tempo preso in considerazione da questa Biennale, ti sembra cambiato il ruolo dell’arte?bonami
Si, perché si è espanso e ibridizzato con tante altre situazioni. Ma credo che le sia rimasto il ruolo metaforico. Chiedere all’arte di essere pratica, di ottenere qualcosa, di fare qualcosa direttamente nella società è sbagliato.

Tu parli di un’arte che aiuti a “comprendere il mondo”…
Si, infatti, comprenderlo. Ma chiedergli dei risultati effettivi immediati, credo che sia un errore. Purtroppo è quello che si fa. Si chiede all’arte di essere altro da sé. L’abbiamo messa in competizione con l’intrattenimento, con la televisione, con le partite di calcio. Credo che sia scorretto, perché l’arte è un momento individuale, privato, che può dare delle risposte a lungo o breve termine ma che non si può misurare. E questa è la sua specificità e il suo fascino. Del resto non si fa teatro in uno stadio così come non si gioca a calcio in un cinema.

Come si distingue lo spettatore odierno dell’arte con quello della televisione, del cinema o del calcio?
In fondo è più attivo perché deve attivare la propria immaginazione e la propria esperienza. La cosa che lo rende molto diverso è il fatto che sia mobile, mentre gli altri sono spettatori statici: guardano e stanno seduti. Il fruitore d’arte invece si muove ed è stimolato costantemente: è un viaggiatore che attraversa un paesaggio creato dall’arte contemporanea. Oggi si sopravvaluta troppo la curiosità dello spettatore. Si pensa che voglia essere soddisfatto immediatamente, che voglia avere prodotti preconfezionati. Ma non è così.

Si può dire che l’era del curatore unico, factotum, è finita?
Ma, no, non si sa mai… (ride)

E cosa mi dici della imminente Biennale di Praga? Si pone forse come anti-22729(7) Biennale?
Si, ma non si tratta di anti-Biennale. La Biennale di Praga nasce ora e credo che sia molto interessante.

Pensi che stia sviluppando un metodo diverso rispetto alle altre Biennali?
Si, certo, è possibile. E’ un metodo molto diverso… credo che se gli posso imputare qualcosa è l’incurabile virus polemico con cui viene presentata, che gli toglie secondo me dei meriti che invece ha.

Andrai a vederla?
Se ce la faccio, molto volentieri… Vedi, in Italia, ma anche nel mondo, c’è sempre questa idea che le cose si debbano fare in contrapposizione a delle altre. Invece secondo me potrebbero essere reciproche emanazioni, novità vere e non … questo paragone ad esempio che vedo nelle newsletter di FlashArt è un poco infantile, che cosa vogliono dire?… La Biennale ha una struttura che costa dei soldi. Quest’altra è un’alternativa che dovrebbe fare delle cose… ecco, posso dire… l’unico errore che ci posso vedere è che la Biennale è la Biennale di Venezia perché fu inventata riflettendo su Venezia. Quindi la Biennale di Praga, per diventare tale, dovrebbe riflettere su Praga, su che cosa quella città in questo momento riflette, anziché essere fatta come una risposta a Venezia. Così non funziona, perché non si costruisce qualcosa di nuovo, si costruisce soltanto una polemica. Quindi credo che la Biennale di Praga abbia un potenziale enorme, a patto che rifletta sulla propria specificità.

Però forse qualcosa avete in comune. Anche Giancarlo Politi sta invitando curatori esterni…
Si, con Giancarlo abbiamo sempre avuto in comune questa idea di condividere, di collaborare…

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nicola angerame

[exibart]

2 Commenti

  1. Certo l’Arte non può dare risposte o soluzioni definitive a nulla, è vero. Questo è un compito che, prevalentemente, spetta alla politica. Però è anche vero che l’Arte, e gli artisti, non possono limitarsi a guardare il mondo standosene affacciati alla finestra.E’ giusto che aiuti a comprendere il mondo…deve farlo, soprattutto nelle sue “premonizioni” e intuizioni da “sciamani”,nel suo rulo “metaforico”, e io aggiungo,nelle sue proposizioni e progetti,che possono essere anche di natura pragmatica e concreta…per far si che il “bello” venga amato e rispettato.
    Bisogna anche dire però che in questi ultimi 50 anni,l’Arte si è allontanata dal pubblico e dalla realtà e in tanti modi cerca di riavvicinarsi alla gente, nelle esigenze di molti artisti…per uscire fuori dal proprio ghetto…per non sentirsi “inutili” o “invisibili”…o addirittura “fantasmi”.L’Arte ha il diritto di aprirsi ad un più ampio pubblico. Deve smetterla di dialogare solo con se stessa.

    Per non cadere in una definizione banale dell’arte…dico che l’arte è una sorta di rivoluzione, etico-estetica,instabile, permanente.Essa deve aprire gli occhi alla gente,in particolar modo a coloro che si trovano a governare un paese, una città,una regione…il mondo. Un’arte che deve provocare dibattiti,con una sua etica, nella più assoluta libertà di ricerca espressiva…senza confini, guardando a 360°.Ma tutto questo il Sistema dell’arte lo permette? Le multinazionali dell’arte lo permettono? Ciò che è rivoluzionario oggi,è stato reazionario ieri…e viceversa.Per questo può, e deve essere trasgressiva, nei confronti del luogo comune, dei “compiaciuti” e dei “compiacenti”. Dev’essere come la spada di Zorro..come la freccia di Robin Hood…come l’urlo d Tarzan,per rimescolare il tutto, e mettere questo tutto sempre in discussione,soprattutto di se stessa e sul suo ruolo…senza mai rinnegare se stessa, nei confronti di una realtà globale e multiculturale,reale,virtuale e (perché no?) ideale…per continuare a sognare, e sognare aiuta anche a vivere e a non rassegnarsi! Qualcosa,penso che stia cambiando,nelle coscienze, al seguito dell’attentato alle due Torri di New York…(voglio essere ottimista…in genere sono “pessimista”)perché se così non è, vuol dire che assisteremo ad altri crolli…fino ad arrivare al suicidio d massa.

    Per quanto riguarda Giancarlo Politi,invece,io credo che le critiche (che per me spesso,rispecchiano una realtà italiana niente affatto felice)e le contrapposizioni, gli servano (anche) per avere stimoli nel creare competizione,nell’inventare nuovi luoghi deputati dell’arte contemporanea.
    In questo,Giancarlo si comporta proprio come un artista che si “ribella” alla generazione precedente. Un figlio che si “ribella” al padre.E’ normale, ed essendo io un artista,non posso non comprenderlo. Ma tutto questo alla fine si fa per la forte passione dell’arte. La Biennale di Praga è una Biennale alternativa? Si (se mantiene il budget che ha)! nei confronti dello sperpero pubblico che avviene (non solo in Italia…e spesso in cose mediocri).In questo,anche come cittadino che segue le vicende dell’arte, concordo pienamente con Giancarlo (e non credo di essere il solo).Per quanto riguarda la qualità…beh, aspettiamo di vederla.

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