14 giugno 2001

Fino al 4.XI.2001 biennale_padiglione neozelandese Venezia, Museo di Santa Apollonia

 
La Nuova Zelanda debutta alla Biennale con le opere di due artisti dalle caratteristiche diversissime. Uno sguardo alla comune radice formativa per capire le diversità che la maturazione artistica determina...

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Quando si pensa alla Nuova Zelanda sembra quasi logico e doveroso rimandare la memoria ai disegni tribali o alle danze Maori che i mitici All Blacks hanno portato in auge in tutto il mondo, ma sarebbe il caso di guardare anche ad altri simboli più contemporanei. L’attuale edizione della Biennale di Venezia sembra averlo fatto tenendo a battesimo le opere di due artisti di questa nazionalità e ospitando quindi per la prima volta una rappresentanza neozelandese nell’esposizione internazionale d’arte contemporanea. Bi-polar è un titolo che non lascia fraintendimenti circa il carattere “agli antipodi” della semantica messa in gioco sa Peter Robinson e Jaqueline Fraser, che con opere molto diverse rendono omaggio all’attualità presente nella loro patria e testimoniano entrambi la pregnanza della cultura che li ha formati.Fraser Le opere di Jaqueline Fraser sono meravigliosi “arazzi” farciti da figure e simboli creati con fili elettrici, nastri e stoffe che rimandano inevitabilmente ad una quotidianità lambita dai gesti naturali del vivere. Le figure stilizzate così incorniciate nei preziosi tessuti (l’artista compone le proprie opere cercando di utilizzare gli elementi presenti nel luogo che la ospita) assurgono al ruolo di icona dell’universo umano dentro i caratteri più labili della moda, ma non solo di essa. A favore di una apertura verso tematiche più estese è il retroscena che queste opere portano: moda è attualità, lo stile è baluardo di una generazione, di una identità… l’elaborazione di uno o dell’altra è volontà di intervento. Se fashion tv (il canale che trasmette 24 ore su 24 sfilate di moda) è il principale cibo della ricetta elaborata da Jaquelin Fraser allora significa che nell’apparire si delineano i fondamenti del nuovo essere, e l’artista vuole divenire l’artefice di una rappresentazione del vero in un modo così “semplice” da non disturbare, da non intaccare i comuni codici di comunicazione.Peter Robinson I lavori dell’artista hanno una costruzione che richiama molto all’universo femminile: tendenti al grazioso e al raffinato, non sono certamente “urto” o scontro, ma piuttosto amenità e piacevolezza cromatica. I tableau di Jaqueline Fraser sono sistemati in 11 tappe significative, leggibili solamente in progressivo. La narrativa dei dipinti viene accompagnata da “dialoghi” sistemati in undici versi all’entrata del percorso espositivo. Siamo in presenza di un narrato “scritto” che introduce il narrato dell’opera d’arte. Lontano dagli elaborati “quadri” di questa artista vengono a trovarsi i lavori di Robinson: autore di vero e proprio linguaggio sintetico verso una realtà che nel futuro vuole piantare le travi della palafitta “progresso”. Il codice binario proposto in una specie di spirale che tende ad ipnotizzare è un omaggio al digitale, alla comunicazione non analogica, ma anche una perfetta lieson tra ciò che è nuovo e quello che invece è ben radicato in solide basi culturali. FraserIl sistema binario che viene proposto dall’artista ha nella radice IO il richiamo alla cultura maori (individuano nel simbolo IO una sorta di valore riconducibile agli dei), quindi nella sua semplicità imprigiona più meccanismi di lettura. Di valenze ancora più incisive sono gli oggetti “futuribili” che si stagliano nello spazio; tracce di un pensiero logico ancora in fase embrionale. Dello spazio e della logica di pensiero Robinson ne fa i “cavalli di battaglia” delle sue ultime creazioni; della tradizione e della cultura ne fa il “campo” dove questi cavalli debbono galoppare. Cosmi sospesi, buchi neri, sagome aerodinamiche…ma anche grafiche ASCII, spirali e catene lucenti come ritratti di un “nulla” che dentro di sé possiede il “tutto”. Vi sono riferimenti filosofici e letterari nelle scritte che accompagnano/formano alcune opere (non ultima quella fatta Dante Alighieri –lasciate ogne speranza, voi ch’intrate-) forse unica impronta di una narrativa non necessaria per comprendere il pensiero. I diversi approcci dei due artisti alla contemporaneità sono influenzati dal personale excursus (come è naturale che sia) ma è piuttosto curioso che malgrado in entrambi riecheggi la storia dei maori ( sono discendenti della tribù di Ngai Tahu) le desinenze che ne traggono risultino così differenti. Il morbido e il sinuoso di Fraser contro il ruvido e il freddo di Robinson. Bi-polar è la sintesi perfetta di questo padiglione: i due artisti presentano opere che nei poli opposti di un medesimo sentire, di una unica radice, sono rappresentativi di una Nuova Zelanda non così lontana ed isolata come siamo abituati a credere.



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Bi-Polar
Padiglione della Nuova Zelanda
49.Biennale di Venezia
dal 10 giugno al 4 novembre
Museo di Sant’Apollonia, Piazza San Marco
Aperto: dal martedì alla domenica
Orario: dalle 10 alle 18
Info: Sito: www.NzatVenice.com

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